Le spiagge mozzafiato, le acque cristalline e le antiche tradizioni arrivate invariate nei secoli sino ai giorni nostri, sono gli elementi che in primis ci spingono a visitare la penisola salentina.

Tuttavia, oltre a questi affascinanti aspetti, il Salento custodisce nell’entroterra un patrimonio archeologico e naturale straordinario, che si manifesta nelle sue misteriose grotte rupestri, imponenti dolmen, enigmatici menhir, suggestive specchie, caratteristiche pajare e lamie.

 

Grotte Rupestri: Un Viaggio nel Passato

Ancora oggi possiamo ammirare, nelle campagne salentine, le grotte rupestri. Di origine carsica, e spesso di carattere ipogeo, questi insediamenti incastonati nella roccia, rappresentano in gran numero le testimonianze della presenza umana fin dal periodo preistorico, e si manifestano in un affascinante labirinto di cunicoli e camere.

Inizialmente utilizzate come riparo, e per la celebrazione di culti misterici, con l’avvento del Cristianesimo sono state trasformate in luoghi eremitici, oppure in luoghi di culto, prendendo il nome di cripte, e arricchendosi di affreschi dagli sgargianti colori, in stile bizantino, che in parte sono arrivati sino ai nostri giorni. In altri casi sono state adibite a frantoi, sfruttando le cavità naturali del terreno.

Al di fuori di queste grotte, in molti casi nacquero dei veri e propri villaggi rupestri autosufficienti, abitati attivamente fino ai secoli XIV-XV d.C. del Medioevo.

Nella località di Macurano, nel comune di Alessano, troviamo uno dei complessi più rappresentativi di questa tipologia.

 

Dolmen e Menhir: Misteriose Costruzioni Megalitiche

Tra gli ulivi secolari e i muretti a secco del Salento, si ergono maestosi dolmen e menhir, testimonianze dell’antica civilizzazione che popolava questa terra. L’elemento caratteristico è la loro natura megalitica, ovvero l’essere stati realizzati con grandi blocchi unici di pietra, dei monoliti, che nel caso del dolmen venivano disposti sia verticalmente, e sia orizzontalmente, per dare vita a un sepolcro, mentre nel caso del menhir si trattava di un monolite collocato in posizione verticale rispetto al terreno, che poteva assolvere a una funzione funeraria, di buon auspicio e fertilità, oppure astrale.

Più discussa, invece, è l’origine e la funzione delle specchie, in quanto secondo alcuni studiosi risalgono al Neolitico, mentre per altri sono da ricercarsi nell’era dei messapi, e anche la loro funzione non è stata ancora chiarita del tutto: essendo delle costruzioni realizzate a secco, con pietre calcaree, che andavano a formare una sorta di torretta,  secondo alcuni paleontologi le specchie altro non erano che ruderi di antiche e grandissime abitazioni, che richiamano vagamente la struttura dei trulli, mentre per altri queste strutture erano nate come tombe oppure con lo scopo di difesa, essendo delle vedette in pietra.

Giudignano è il comune con il maggior numero di dolmen, che disseminati nelle sue campagne, sono facilmente visibili, e ne troviamo altri soprattutto a Minervino di Lecce, Melendugno e Salve.

Il più alto menhir d’Italia si trova a Martano, dove il “Menhir de Santu Totaru” misura oltre cinque metri di altezza, mentre nei pressi di Giurdignano se ne possono contare oltre quindici.

Molto conosciute sono le specchie di Martano, Ugento e Cavallino, e tra le più famose ci sono anche le tre Specchie di Salve, conosciute col nome di Specchia Cantoro, Spriculizzie e Fersini.  Altra Specchia molto importante è quella dei Mori, situata nella zona di Martano, famosa soprattutto per i suoi 6 metri di altezza: rappresenta infatti una delle strutture più maestose presenti nel territorio salentino.

Tra dolmen, menhir e specchie, si contano in tutta la Puglia oltre cento di questi monumenti, di cui molto è ancora da scoprire sulla loro ritualità e su chi e perché cominciò a costruirli.

 

Pajare e làmie: patrimonio Unesco simbolo della vita contadina

La storia di questo tipo di abitazione è abbastanza incerta ed in alcuni casi controversa; la loro origine è sicuramente molto antica e sarebbe databile secondo gli esperti al 1.000 d.C. circa, in epoca bizantina, con il materiale di risulta dei lavori di dissodamento dei terreni agricoli, materiale con il quale sono costruiti anche i numerosissimi muretti a secco. Ma non si esclude neppure un’origine in epoca molto più antica, tra il 2000 a.C. e la fine dell’Età del bronzo, come evoluzione di costruzioni megalitiche quali le specchie.

Una cosa è comunque certa, che le pajare sono delle abitazioni che sono a pieno titolo parte del paesaggio, e costituiscono un’ulteriore nota architettonica del territorio. Di forma conica, sono state realizzate utilizzando pietre di dimensioni diverse, sia sovrapposte che incastrate tra loro, con un tetto che viene sorretto dalle pietre che vanno a formare le pareti.

I contadini salentini le usavano come un luogo in cui trascorrere dei periodi di riposo dopo aver lavorato nei campi, oppure come un rifugio in caso di temporali od acquazzoni improvvisi. In altri casi, specialmente in estate, le pajare potevano anche fungere da abitazione proprio per poter restare vicino ai campi.

Molto diffusa e apprezzata, per la presenza all’interno della volta a botte, la làmia (o lìama), un’evoluzione della pajara, con pianta rettangolare e un ampio terrazzo, che si prestava alle medesime funzioni.

La pajara ha la sua apoteosi nel colossale pagliarone Ferrante (dal nome del suo proprietario), situato in agro di Ruffano, che misura 26 metri di larghezza, dal lato dell’ingresso, e 13 dall’altro lato, formando un rettangolo composto da due cupole e vani più piccoli addossati tutti insieme in un unico corpo. Tra le altre di grandi dimensioni ricordiamo l’elegante pajara a Salve, in zona Scafazzi, che si sviluppa su cinque piani, e il Pajarone di Acquarica del Capo, di pregevole fattura, con forma tronco-conica che si eleva su tre gradoni ai quali si accede mediante sei rampe di scale contrapposte.

 

Percorsi naturalistici: visitare la campagna salentina

In questo articolo abbiamo visto come la rossa terra del Salento sia ancora tutt’oggi disseminata di testimonianze archeologiche integratesi con il paesaggio odierno, portatrici di una storia che lascia sì, molte domande ancora aperte, ma allo stesso tempo ci permette di comprendere la realtà di oggi.

E proprio per questo scopo, recentemente, sono nati numerosi gruppi che si occupano di accompagnare, chiunque volesse parteciparvi, a visitare la parte più nascosta e meno conosciuta del territorio messapico, dove tra terra rossa, muretti a secco e più di 1.500 specie vegetali diverse, le forme architettoniche del passato sono facilmente accessibili.

In conclusione, il Salento si rivela non solo come una destinazione balneare di prim’ordine, ma anche come un vero e proprio tesoro archeologico e naturalistico, ricco di storia, fascino e bellezza. Un’esperienza unica che permette di immergersi nella storia millenaria di questa affascinante regione, scoprendo i segreti e i tesori nascosti che ancora oggi ne caratterizzano l’identità.