Alla scoperta dei Castelli del Salento: tesori di storia e architettura

Tra i tanti gioielli disseminati sul territorio salentino, spiccano senza dubbio i castelli, testimonianze di un passato segnato da invasioni, battaglie e dominazioni straniere. In questo articolo esploreremo alcuni dei castelli più affascinanti del Salento, raccontandone la storia e l'importanza.

Un po’ di storia
Il Salento ha una storia ricca e complessa segnata da diverse dominazioni, tra cui quella bizantina (VI – XI secolo), normanna (XI-XII secolo) e aragonese (XV-XVI secolo). Ognuna di queste ha lasciato un'impronta significativa sulla cultura, l'architettura e le tradizioni della regione. In particolar modo la dominazione più “vicina” ai nostri tempi, ovvero quella aragonese, rafforzò le difese costiere contro le incursioni ottomane, costruendo torri di avvistamento e potenziando le fortificazioni esistenti. Le invasioni turche nel Salento sono un capitolo importante e drammatico della storia di questa regione. Questi attacchi, che si intensificarono tra il XV e il XVI secolo, ebbero un impatto devastante sulla popolazione locale e lasciarono cicatrici profonde nella memoria collettiva.
Tradizioni orientali, d’oltralpe e spagnole hanno imparato a convivere nei secoli, portando un'influenza nella cultura e nelle tradizioni locali, visibile anche nell'architettura e nell'arte.

 

Il Castello Aragonese di Otranto
Il Castello Aragonese di Otranto è uno dei monumenti più significativi della città, con una storia ricca che riflette le varie dominazioni e influenze che hanno caratterizzato il Salento nel corso dei secoli.
Le prime fortificazioni di Otranto risalgono al periodo bizantino, ma la struttura che conosciamo oggi ha subito numerosi ampliamenti e modifiche nel corso dei secoli. Durante la dominazione normanna, Otranto divenne un importante centro militare e commerciale, e le fortificazioni furono potenziate per proteggere la città dagli attacchi esterni.
Sotto il dominio svevo di Federico II, il castello fu ulteriormente rafforzato. Tuttavia, fu durante la dominazione angioina che si vide un significativo ampliamento delle strutture difensive, a causa delle crescenti minacce provenienti dall'Oriente.
Il castello subì la sua trasformazione più significativa durante la dominazione aragonese nel XV secolo. Ferdinando I d'Aragona, dopo il devastante assedio turco del 1480, ordinò la ricostruzione e l'ampliamento del castello per renderlo una fortezza inespugnabile.

Struttura e Difese
Il Castello Aragonese di Otranto presenta una pianta pentagonale irregolare, con bastioni angolari che ne rafforzano la difesa. La struttura è circondata da un profondo fossato, un elemento comune nelle fortificazioni aragonesi per impedire l'accesso diretto alle mura.
• Torrioni Circolari: I bastioni agli angoli sono sormontati da torrioni circolari che permettevano una migliore difesa contro gli attacchi di artiglieria. Questi torrioni sono dotati di feritoie e cannoniere.
• Porta di Accesso: L'ingresso principale è protetto da una massiccia porta con ponte levatoio, un elemento tipico delle fortificazioni medievali che garantiva un ulteriore livello di sicurezza.
• Cortile Interno: All'interno del castello, si trova un ampio cortile circondato da edifici che ospitavano le truppe, i magazzini e le altre strutture necessarie alla vita della guarnigione.

Elementi Architettonici
L'architettura del castello è caratterizzata da una combinazione di elementi difensivi e decorativi che riflettono le varie influenze culturali del periodo.
• Murature Possenti: Le mura sono costruite in pietra calcarea locale, con una struttura solida e resistente progettata per resistere agli attacchi di artiglieria.
• Decorazioni Scultoree: Nonostante la funzione prevalentemente difensiva, il castello presenta anche elementi decorativi, come stemmi araldici e motivi scultorei che celebrano la potenza della dinastia aragonese.
• Cammini di Ronda: Sulle mura perimetrali, i cammini di ronda permettevano ai soldati di pattugliare e difendere il castello dall'alto, offrendo una vista panoramica sulla città e sul mare.

 

Il Castello di Gallipoli
Il Castello di Gallipoli rappresenta uno dei simboli più significativi della città, posizionato strategicamente all'ingresso del centro storico. La sua storia ricca rispecchia le varie dominazioni che hanno caratterizzato il Salento nel corso dei secoli, evidenziando un'architettura che ha subito numerosi cambiamenti e espansioni nel corso della sua esistenza.
Le origini del castello risalgono al periodo bizantino (VI-VIII secolo), quando Gallipoli faceva parte dei territori dell'Impero Bizantino. Durante la dominazione normanna (XI-XII secolo), la struttura fu ampliata e rafforzata, trasformandosi in un importante punto difensivo contro gli attacchi saraceni.
Nel XIII secolo, sotto la dominazione sveva di Federico II, il castello fu ulteriormente fortificato. Successivamente, con l'avvento degli Angioini (XIII-XIV secolo), furono realizzati importanti lavori di ampliamento e ristrutturazione per adattare la struttura alle nuove tecniche belliche e alle esigenze difensive.
Il castello subì le sue trasformazioni più significative durante la dominazione aragonese (XV-XVI secolo). Ferdinando I d'Aragona ordinò la ricostruzione del castello dopo che Gallipoli fu coinvolta nelle guerre tra Angioini e Aragonesi. I lavori di ristrutturazione e ampliamento proseguirono sotto il regno di Carlo V, che adottò nuove tecniche militari per migliorare la difesa della città contro le incursioni turche.

Struttura e Difese
Il Castello di Gallipoli presenta una struttura quadrangolare con quattro torrioni angolari e una torre poligonale. La sua posizione strategica sull'acqua lo rendeva particolarmente difficile da attaccare.
• Torrioni Angolari: I quattro torrioni cilindrici agli angoli del castello erano dotati di feritoie e cannoniere per la difesa contro gli attacchi di artiglieria.
• Torre Poligonale: La torre poligonale, nota come Torre del Rivellino, fu aggiunta durante il periodo aragonese e rappresenta una delle principali caratteristiche architettoniche del castello.
• Fossato e Ponte Levatoio: Il castello era circondato da un fossato, che lo separava dalla terraferma, e l'ingresso principale era protetto da un ponte levatoio.

Elementi Architettonici
L'architettura del castello combina elementi difensivi con decorazioni che riflettono le varie epoche storiche.
• Murature Possenti: Le spesse mura in pietra calcarea locale erano progettate per resistere agli attacchi di artiglieria.
• Decorazioni Araldiche: Sulle mura e all'interno del castello si trovano stemmi e simboli araldici che celebrano la potenza delle famiglie nobiliari e dei sovrani che hanno governato Gallipoli.
• Cortile Interno: Il cortile centrale del castello era circondato da vari edifici che ospitavano le truppe, le cucine, i magazzini e le stalle.

 

Il Castello di Copertino
Il Castello di Copertino è uno dei più importanti e meglio conservati castelli del Salento, situato nella città di Copertino, in provincia di Lecce. La sua storia riflette le vicende politiche e militari della regione, mentre la sua architettura rappresenta un esempio significativo di fortificazione rinascimentale.
Le origini del castello risalgono al periodo normanno, tra il XI e il XII secolo. Inizialmente, esisteva una torre normanna, probabilmente costruita su preesistenze bizantine. Questa torre fu il nucleo attorno al quale si sviluppò successivamente il castello.
Durante la dominazione angioina (XIII-XIV secolo), il castello fu ampliato e fortificato ulteriormente. Con l'avvento degli Aragonesi nel XV secolo, il castello subì significative trasformazioni. Alfonso di Aragona, in particolare, ordinò importanti lavori di ampliamento per adattare la struttura alle nuove esigenze difensive imposte dall'introduzione delle armi da fuoco.
La configurazione attuale del castello si deve in gran parte al periodo rinascimentale. Nel XVI secolo, il castello fu ampliato e trasformato dalla famiglia Castriota-Scanderbeg, discendenti dell'eroe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg. L'architetto Evangelista Menga fu incaricato di ristrutturare il castello, conferendogli l'aspetto imponente e fortificato che ancora oggi possiamo ammirare.

Struttura e Difese
Il Castello di Copertino ha una pianta quadrangolare, con bastioni agli angoli e un ampio fossato che lo circonda.
• Bastioni Angolari: I quattro bastioni angolari a forma di lancia (detti "a puntone") sono caratteristici delle fortificazioni rinascimentali e servivano a migliorare la difesa contro le armi da fuoco.
• Fossato e Ponte Levatoio: Il fossato circonda completamente il castello e, in origine, era riempito d'acqua. L'ingresso principale è accessibile tramite un ponte levatoio, che poteva essere sollevato in caso di attacco.
• Cortile Interno: All'interno del castello si trova un ampio cortile centrale, attorno al quale sono disposti vari edifici residenziali e militari.

Elementi Architettonici
L'architettura del castello combina elementi difensivi con caratteristiche estetiche tipiche del Rinascimento.
• Portale d'Ingresso: Il portale principale è decorato con motivi rinascimentali e presenta un arco a tutto sesto.
• Balconi e Logge: Alcuni balconi e logge interne sono ornati con eleganti decorazioni in pietra, riflettendo il gusto rinascimentale per l'estetica e la simmetria.
• Stanze e Saloni: All'interno, il castello ospita numerose stanze e saloni, alcuni dei quali affrescati e decorati con stemmi araldici e motivi floreali.

Torre Normanna
La torre normanna, risalente al periodo originario del castello, è ancora visibile e rappresenta il cuore antico della struttura. Questa torre fu integrata nelle successive modifiche architettoniche, diventando un simbolo della continuità storica del castello.

 

Il Castello di Acaya
Il Castello di Acaya è un notevole esempio di architettura militare rinascimentale situato nell'omonimo borgo di Acaya, nel Salento, in provincia di Lecce. La fortezza ha una lunga storia che riflette le trasformazioni politiche e militari della regione e rappresenta uno dei meglio conservati castelli del Salento.
Le origini del castello risalgono al XIII secolo, quando fu edificata una torre di avvistamento durante la dominazione normanno-sveva. Tuttavia, l'attuale configurazione del castello si deve principalmente ai lavori di ampliamento e fortificazione effettuati tra il XV e il XVI secolo.
Durante la dominazione aragonese, il castello subì importanti lavori di fortificazione. In particolare, l'architetto Gian Giacomo dell'Acaya, figlio di Alfonso dell'Acaya, fu incaricato di trasformare la torre in una fortezza rinascimentale moderna.
Nel XVI secolo, sotto Carlo V, il castello fu ulteriormente potenziato per difendere il territorio dagli attacchi ottomani. Gian Giacomo dell'Acaya progettò un sistema di bastioni e mura che rendessero la fortezza inespugnabile secondo i canoni dell'architettura militare rinascimentale.

Struttura e Difese
Il Castello di Acaya presenta una pianta quadrangolare con bastioni angolari e un ampio fossato che lo circonda, riflettendo le più avanzate tecniche di fortificazione del Rinascimento.
• Bastioni Angolari: I quattro bastioni angolari, con forma a punta di lancia, sono progettati per resistere agli attacchi delle armi da fuoco e per offrire un ampio campo di tiro ai difensori. Questi bastioni sono dotati di cannoniere e feritoie.
• Fossato e Ponte Levatoio: Il castello è circondato da un fossato, originariamente riempito d'acqua, che costituiva una prima linea di difesa contro gli assalti. L'accesso principale al castello avveniva tramite un ponte levatoio, che poteva essere sollevato per impedire l'ingresso ai nemici.
• Cortile Interno: Al centro del castello si trova un ampio cortile, attorno al quale sono disposti vari edifici residenziali e di servizio, tra cui le caserme, le cucine e i magazzini.

Elementi Architettonici
L'architettura del castello combina elementi difensivi con caratteristiche estetiche tipiche del Rinascimento.
• Portale d'Ingresso: Il portale principale è decorato con motivi rinascimentali e presenta un arco a tutto sesto con stemmi araldici e decorazioni scultoree.
• Balconi e Logge: Alcuni balconi e logge interne sono ornati con eleganti decorazioni in pietra, riflettendo il gusto rinascimentale per l'estetica e la simmetria.
• Stanze e Saloni: All'interno del castello, si trovano numerose stanze e saloni, alcuni dei quali affrescati e decorati con stemmi araldici e motivi floreali.

 

Il Castello di Carlo V
Il Castello di Carlo V a Lecce è una delle principali fortezze della città, simbolo del potere militare e politico nel Salento durante il periodo rinascimentale. Questo castello rappresenta un'importante testimonianza della storia e dell'architettura militare del XVI secolo.
Le origini del castello risalgono al Medioevo, con una prima struttura fortificata costruita dai Normanni nel XII secolo. Tuttavia, l'attuale configurazione del castello è frutto di una completa ristrutturazione e ampliamento voluti dall'imperatore Carlo V nel XVI secolo per migliorare le difese contro le incursioni turche.
Durante la dominazione aragonese, il castello subì vari interventi di fortificazione. La trasformazione più significativa avvenne sotto il regno di Carlo V e il suo viceré, Don Pedro da Toledo, nel 1539. L'architetto militare Gian Giacomo dell'Acaya fu incaricato di progettare il nuovo castello, che doveva essere una struttura imponente e moderna secondo i canoni dell'architettura militare rinascimentale.

Struttura e Difese
Il Castello di Carlo V ha una pianta trapezoidale con quattro bastioni angolari che conferiscono alla struttura un aspetto massiccio e imponente.
• Bastioni Angolari: I quattro bastioni angolari, chiamati San Giacomo, Santa Croce, Sant'Antonio e Sant'Antonio Abate, sono progettati per resistere agli attacchi delle armi da fuoco. I bastioni sono dotati di cannoniere e feritoie per il posizionamento dell'artiglieria.
• Fossato e Ponte Levatoio: Il castello era originariamente circondato da un fossato, che aumentava le difese contro gli assalti. Il ponte levatoio permetteva l'accesso al castello e poteva essere sollevato in caso di attacco.
• Cortile Interno: Il cortile interno è ampio e circondato da edifici che ospitavano le truppe, le cucine, i magazzini e altre strutture necessarie alla vita della guarnigione.

Elementi Architettonici
L'architettura del castello combina elementi difensivi con caratteristiche estetiche tipiche del Rinascimento.
• Portale d'Ingresso: Il portale principale, decorato con motivi rinascimentali e stemmi araldici, rappresenta l'ingresso monumentale al castello.
• Balconi e Logge: Alcuni balconi e logge interne sono ornati con eleganti decorazioni in pietra, riflettendo il gusto rinascimentale per l'estetica e la simmetria.
• Stanze e Saloni: All'interno del castello, si trovano numerose stanze e saloni, alcuni dei quali affrescati e decorati con stemmi araldici e motivi floreali.

Torre Quadrata
All'interno del castello si trova una torre quadrata che rappresenta una delle strutture originarie del castello medievale. Questa torre è stata integrata nelle successive modifiche architettoniche, diventando un simbolo della continuità storica del castello.

Uso contemporaneo dei castelli
I castelli ospitano frequentemente mostre d'arte temporanee, che spaziano dall'arte contemporanea a esposizioni storiche.
Vengono utilizzati anche come location per vari festival ed eventi culturali, come quelli dedicati alla promozione della lettura e della letteratura, con presentazioni di libri, incontri con autori e laboratori per bambini e adulti.
Durante l'estate ospitano concerti di musica classica, jazz e pop, oltre a rappresentazioni teatrali e spettacoli di danza.
I castelli sono sedi di conferenze e seminari su vari temi culturali, storici e scientifici, coadiuvati da varie attività didattiche, che li rendono importanti centri educativi, con iniziative rivolte a scuole e famiglie:
Non manca inoltre l’utilizzo di tecnologie multimediali per arricchire l'esperienza dei visitatori, mediante mostre interattive e visite virtuali.
Vengono organizzate collaborazioni culturali, ovvero scambi di mostre e progetti con musei e gallerie d'arte a livello nazionale e internazionale, e progetti comunitari, come Iniziative che coinvolgono la comunità locale, promuovendo la partecipazione attiva e la valorizzazione del patrimonio culturale.

Conclusioni
I castelli del Salento rappresentano un patrimonio di inestimabile valore, testimonianze vive di un passato ricco di storia e cultura. Ogni castello ha una storia unica da raccontare, fatta di conquiste, trasformazioni e adattamenti alle esigenze dei vari periodi storici. Visitare questi castelli significa non solo ammirare la loro bellezza architettonica, ma anche immergersi in un viaggio nel tempo che permette di riscoprire le radici profonde del Salento.
Se siete appassionati di storia e architettura, o semplicemente desiderate esplorare luoghi affascinanti e carichi di suggestione, i castelli del Salento sono una meta imperdibile. Preparatevi a vivere un'esperienza indimenticabile tra le mura di queste antiche fortezze.


Le Case a Corte del Salento: tradizione, architettura e socialità

Nel Salento, la casa a corte si distingue come una tipica abitazione contadina, contraddistinta da uno spazio scoperto, sia comune che privato, con accesso diretto dalla strada e circondato da una o più unità abitative. Questo modello abitativo ricorrente nel territorio salentino si origina da un modulo base, solitamente un singolo vano rettangolare, posizionato centralmente all'interno di un lotto e adiacente su un lato, creando un corridoio che collega la corte antistante alla parte posteriore destinata all'orto.

Gli spazi esterni hanno un'importanza predominante rispetto a quelli interni. Sebbene l'orto fosse essenziale per la coltivazione dei prodotti necessari alla famiglia, è il cortile a costituire il fulcro della casa, concepito come un ambiente polifunzionale utilizzato per lavoro, deposito, ricovero degli animali da lavoro e soprattutto come luogo di socializzazione, intrattenimento e svago.

 

L’origine

Questo modello abitativo rappresenta un'evoluzione della capanna con cortile antistante, inizialmente costruzioni povere a singola cellula che in seguito si svilupparono diventando "pluricellulari".

Le origini di questa particolare tipologia edilizia, comunemente conosciuta come casa a corte, sono determinate da diversi fattori. È un sistema abitativo che deriva sia da fattori climatici e fisici legati allo sfruttamento del suolo, sia dalle vicende storiche che hanno lasciato segni profondi in questa regione. Tuttavia, è difficile stabilire quale dei due fattori abbia giocato un ruolo predominante nella sua nascita. È probabile che entrambi abbiano contribuito, insieme all'organizzazione familiare, a determinare lo sviluppo di questa particolare forma abitativa.

 

Evoluzione

Nei grossi centri, dove le condizioni economiche erano meno precarie, alla tipologia elementare della casa a corte con recinto antistante si è affiancata una tipologia più articolata con distribuzioni di spazi più evolute.

Nell'evoluzione di questo modello abitativo, i vani abitativi sono sempre rialzati rispetto al terreno e coperti da volte a botte, mentre i piani bassi sono adibiti a cantine, stalle, ripostigli e legnaie.

L'ingresso allo spazio scoperto del cortile è preceduto da un vano carraio coperto chiamato ‘sappuertu’ o ‘simportu’, sufficientemente grande da contenere il carro agricolo, la mangiatoia per il cavallo, la pila per il bucato, il pozzo e la cisterna per attingere l'acqua. Questo vano consentiva agli abitanti della corte, soprattutto alle donne, di riunirsi per conversare, cucire, socializzare, fare il bucato o trasformare i prodotti della campagna.

Rispetto al modello originario, le corti si sono arricchite di un elemento nuovo: la scala. Realizzata in pietra e incorporata nelle costruzioni, la scala era presente solo nella parte superiore, quindi si rendeva necessario aggiungere una scala a pioli da appoggiare alle pareti. Questo impediva agli estranei l'accesso alle terrazze, spesso utilizzate per essiccare il cibo.

La scala diventava un elemento qualificante, con massicci archi a tutto sesto e diverse rampe che creavano effetti sorprendenti, rappresentando un elemento architettonico di connessione tra la riservatezza della corte e la pubblica strada. Inoltre, oltre ad accedere alle terrazze o alle abitazioni, la scala conduceva anche a un elemento architettonico tipico del Salento: il mignano.

Questo elemento, un palco sospeso sopra il vano carraio della casa a corte, era affacciato sia sulla pubblica strada che sulla corte stessa. Il mignano, posto a breve distanza dall'arco del portone d'ingresso, consisteva di balconate sostenute da mensole robuste decorate, occupando spesso l'intero prospetto sulla strada.

Il mignano, eredità di antichi palchi sospesi o logge, trovava la sua applicazione naturale soprattutto nell'area salentina, dove il processo di bizantinizzazione ha influito sulla cultura e sull'arte. Consentiva alle donne di partecipare discretamente alla vita della città, offrendo un punto di osservazione senza essere viste.

 

Tecniche costruttive e materiali

I materiali di scarsa qualità e le tecniche costruttive rudimentali hanno accelerato il deterioramento fisico della casa a corte, rendendo complicato il suo restauro e la sua manutenzione.

La facciata dell'abitazione è estremamente semplice, con un timpano che segue l'inclinazione del tetto a due spioventi, dove si trovano i canali per il drenaggio delle acque piovane, solitamente realizzati con blocchi di pietra calcarea disposti in parallelo per adattarsi ai diversi livelli dei tetti. L'acqua piovana veniva poi raccolta in enormi cisterne.

Le facciate di tutte le unità abitative, di solito dipinte di bianco, si affacciano sull'ampio spazio aperto della corte in modo uniforme, senza evidenziare i confini delle diverse famiglie. I muri bianchi, trattati con calce, accentuano i contrasti e riflettono la luce.

Le varie strutture murarie e le coperture dei vani rivelano anche le diverse epoche in cui le varie cellule sono state costruite. Le stanze realizzate più recentemente presentano volte poggianti su robusti pilastri, mentre le cellule originarie mostrano le classiche coperture con embrici.

Il tetto era composto da un sottofondo di canne sorrette da travi di legno e coperto da tegole a due falde. Le canne costituivano un'antica tecnica per la realizzazione di soffitti e tetti dotati di proprietà fonoassorbenti, strutturalmente robusti e flessibili allo stesso tempo.

Per quanto riguarda i pavimenti interni, erano realizzati con lastre di pietra calcarea molto compatta, conosciute come "chianche" (pietra di Cursi).

 

Struttura e arredi

Nella semplice casa a corte, costituita da una singola stanza, risiedeva il nucleo familiare. Un elemento cruciale, situato nella cucina, era il focolare con il suo fumaiolo, che non solo rappresentava il fuoco abitativo, ma anche un simbolo dell'unità familiare. Solitamente posizionato accanto alla porta d'ingresso, il focolare era di dimensioni considerevoli, con un basamento ampio e un architrave decorato con motivi floreali a bassorilievo, diventando l'elemento decorativo principale della casa.

La cucina fungeva anche da soggiorno e stanza di lavoro, oltre che per accogliere le visite. I letti, talvolta sovrapposti durante il giorno per risparmiare spazio, potevano essere collocati dietro un rincasso della parete. Il tavolato del letto veniva mantenuto sollevato dal pavimento per consentire lo stoccaggio di provviste agricole sotto di esso.

La porta che dava sulla corte era dotata di un infisso in legno e di un foro circolare in basso per il passaggio del gatto, mentre una finestra permetteva l'illuminazione naturale e la ventilazione. Nel giardinetto esterno, si svolgevano varie attività domestiche, come la macinazione del grano, il lavaggio dei panni, l'approvvigionamento d'acqua dal pozzo e l'essiccazione di prodotti agricoli.

Nello spazio aperto della corte, trovavano posto accessori comuni a tutte le famiglie, come la cisterna per l'acqua, il lavatoio chiamato "pila" e i sedili in pietra per le serate estive. Coperchi circolari di pietra indicavano la presenza di pozzi asciutti chiamati "fogge", utilizzati per conservare grano e cereali. Un altro elemento, seppur in disuso, era lo stompo, un mortaio di pietra cilindrico per pestare il grano duro. Infine, il forno per la panificazione era raramente presente nella corte, poiché il pane veniva generalmente cotto nei forni rustici di uso pubblico.

 

Tipologie di case a corte nel Salento

Le diverse tipologie di corti nel Salento riflettono la varietà e la complessità delle abitazioni rurali presenti nella regione. La più diffusa è la "corte chiusa", contraddistinta da un unico ingresso principale, un portone ad arco a tutto sesto, spesso munito di infisso in legno a due battenti, che separa completamente lo spazio cortile dalla strada. Altre configurazioni includono:

- Le "case a corte aperte", che formano veri e propri complessi urbanistici.

- Le "corti private", abitate da una sola famiglia, spesso più agiata.

Esaminando più da vicino le corti chiuse, si distinguono due varianti principali. Il primo tipo, più arcaico, si trova principalmente a sud di Lecce, in zone dove l'agricoltura cerealicola dominava l'economia e la vita quotidiana. Il secondo tipo è più articolato ed è tipico dei centri più grandi, dove le condizioni di vita erano migliori. Qui, i vani erano più elevati e coperti da volte, mentre i piani inferiori erano utilizzati come scantinati, cantine o stalle. In queste corti compaiono spesso scale a varie rampe e i caratteristici "mignani".

Nella Grecìa Salentina, soprattutto a Martano, si trovano esempi di case a corte simili a quelle greche, con il cortile al centro e le abitazioni, le stalle e i magazzini che vi si affacciano. In alcune vie di Martano, così come nei centri di Castignano dei Greci e Martignano, si osserva la presenza di due cellule abitative di dimensioni diverse, affiancate nello stesso cortile, seguendo lo schema comune delle case "plurifamiliari". Un esempio notevole è la "Corte Grande" a Martano, con due cellule primarie disposte una accanto all'altra, che chiudono due passaggi scoperti originari

A Vernole, un intero quartiere è formato da cellule abitative affiancate, con recinto antistante e giardino retrostante. Questo insieme rappresenta uno dei più significativi esempi di edilizia salentina, con 51 nuclei familiari che vanno dalle famiglie più numerose a quelle più piccole.

 

Il ruolo della casa a corte

La casa a corte svolge principalmente la funzione di essere un punto di incontro e di socializzazione per la famiglia. È un esempio chiaro di come un elemento di aggregazione venga utilizzato in modo collettivo per garantire risorse di sopravvivenza, ed è pertanto rispettato e protetto.

Oltre a soddisfare le esigenze materiali, fornendo accesso a risorse come il pozzo, la pila e il granaio, la corte risponde anche a bisogni affettivi. Dopo una giornata di duro lavoro nei campi, i membri della famiglia si riuniscono nel cortile per raccontare storie, ascoltare e socializzare, cercando così di sfuggire all'isolamento che caratterizza la vita rurale. Diventava così un punto di riferimento per famiglie dello stesso ceto sociale, spesso unite da legami di parentela, riunendosi intorno al pozzo e condividendo attività quotidiane, discussioni e momenti di ritrovo. Inoltre, la necessità di riunione tra famiglie nasce dalla volontà di proteggersi dai pericoli delle campagne e della malaria, e di stabilire relazioni sociali importanti per l'ingaggio di manodopera nei mercati locali.

La casa a corte contemporanea

La casa a corte è stata recentemente reinterpretata, evidenziando un rinnovato interesse per lo spazio domestico racchiuso. La corte, simbolo di isolamento individuale, rappresenta una porzione del territorio delimitata, con il suo prospetto principale rivolto all'interno e le murature esterne che assumono un ruolo secondario. La corte non è uno spazio completamente aperto, ma piuttosto una zona di rappresentanza con un'ampia apertura nella copertura per aerazione e illuminazione.

L'architettura di queste abitazioni sembra rispondere alla necessità di sopravvivere all'anonimato e alla frenesia delle moderne metropoli. Negli ultimi anni, la struttura della casa a corte è stata adottata anche nei grandi agglomerati urbani. La disposizione tipica prevede un cortile centrale con balconi che si affacciano sulle pareti interne, facilitando l'accesso alle unità abitative. Tuttavia, la caratteristica umana fondamentale è la socializzazione, e in un'epoca in cui la tecnologia può portare alla distanza emotiva, le case a corte offrono un'opportunità di incontro e dialogo. Gli spazi comuni consentono agli abitanti di interagire, iniziando con un semplice saluto che può evolversi in una conversazione e una conoscenza reciproca.


La Via Francigena nel Salento: scopriamo gli itinerari tra storia, natura e architettura

Storicamente per Via Francigena, o meglio Vie Francigene, si intende un fascio di Vie che collegavano i territori dominati dai Franchi (le attuali Francia e Germania) a Roma in epoca medievale. Oggi si parla di Vie Francigene anche per indicare quegli itinerari culturali verso Roma, destinati al pellegrinaggio moderno e al turismo sostenibile.

Il detto “tutte le strade portano a Roma” può ironicamente dare un’idea di quante siano le Vie Francigene a livello teorico. La storia di questo cammino trae le sue origini dal Medioevo, quando i pellegrini dovevano raggiungere una delle peregrinationes majores, per arrivare a Gerusalemme, Santiago o Compostela. Il viaggio dei pellegrini, infatti, partiva dal Sud Italia per guadagnare il nord Europa o al contrario, iniziava a Roma per giungere in Puglia, dove si imbarcavano per la Terra Santa. In effetti i pellegrini nel medioevo partivano dalla propria casa e percorrevano non solo la rete ‘stradale’ dell’epoca, ma anche tutti quei sentieri e selciati che meno li esponessero al rischio di assalto o incidenti ma che nel contempo passassero per luoghi dove era possibile ricevere ospitalità e cibo.

La Via Francigena in Salento si estende lungo il tacco dello stivale per circa 120 km: un viaggio nella cultura di questo lembo di terra che vanta innumerevoli tappe imperdibili, tra le città principali come Lecce e Otranto, la città millenaria che guarda ad Oriente, ammirando affascinanti opere architettoniche, passando per borghi e campagne, dove non mancano antichissime testimonianze delle tappe di pellegrinaggio.

 

Alto Salento, le origini del percorso

Il percorso inizia dalla città, o meglio dal porto di Brindisi, e uno degli elementi simbolo sono le Due Colonne dell’Appia, arrivo per chi doveva partire per la Terra Santa, o partenza per chi doveva andare a Roma. Per lungo tempo le colonne sono state ritenute terminali della Via Appia, ma la collocazione delle colonne nel rialzo prospiciente il porto di Brindisi, e la relazione con la visuale con l'imboccatura dello stesso, dimostrano che furono innalzate con un intento celebrativo, forse a supporto di due statue bronzee.

Altra tappa obbligatoria per chi passava da Brindisi, è la Chiesa di San Giovanni al Sepolcro, antichissima, di età normanna (XI secolo), costruita su più strati di storia della città. Si tratta di una piccola rievocazione del Santo Sepolcro a Gerusalemme, con pianta circolare a indicare la circolarità della vita e della spiritualità che si eleva verso l’alto, accompagnata da cicli di affreschi e capitelli intagliati.

Continuando il cammino, a ridosso di Torchiarolo, troviamo Valesio, un’antica città prima Messapica, poi Romana, poi Bizantina, rimasta in vita sino all’anno 1000 d.C. circa come villaggio medievale, poi disabitato, letteralmente attraversato dalla via Traiana-Calabra. Si tratta di una città importantissima nell’antichità, dove devono ancora essere effettuati molti scavi, ma nella quale sono state trovate sinora moltissime monete provenienti da svariate parti del Mediterraeo, e questo ci fa capire che questo luogo era fulcro di scambi, commerci e passaggio di genti provenienti da molte località diverse, che ha ancora moltissimo da raccontare.

Nel tratto di strada che da Valesio ci conduce verso Surbo, ci imbattiamo in un bene storico-architettonico di grande pregio, che dal 2012 viene gestito in modo diretto dal FAI (Fondo Ambiente Italiano), ovvero l’Abbazia di Santa Maria a Cerrate. Risalente all'XI secolo, anche se in base agli scavi archeologici vi furono degli insediamenti precedenti, durante il XII secolo era anche centro di produzione (soprattutto di cereali), ed era abitata dai monaci bizantini che scappavano dalle persecuzioni turche a Bisanzio. La località fu un importante polo religioso e culturale. l’Abbazia viene ampliata fino a divenire uno dei più importanti centri monastici dell’Italia meridionale: nel 1531, quando passa sotto il controllo dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli, il complesso comprende, oltre alla chiesa, stalle, alloggi per i contadini, un pozzo, un mulino, due frantoi ipogei. Il saccheggio dei pirati turchi nel 1711 fa precipitare l’intero centro in uno stato di completo abbandono che prosegue nel corso del XIX secolo. Oggi, dopo un complesso intervento di restauro, l'Abbazia è nuovamente visitabile e rappresenta uno splendido esempio di architettura romanica pugliese impreziosita da importanti affreschi che ne fanno un unicum nel mondo bizantino.

Nelle campagne di Lecce, al confine con il comune di Surbo, è presente un’altra importantissima tappa della via Francigena Salentina, ovvero la Chiesa di Santa Maria d’Aurìo. Risalente al XII secolo, è la testimonianza architettonica più antica del casale medievale di Aurìo, scomparso tra il XV e il XVI secolo. La chiesa era un altro luogo che si attraversava prima di arrivare a Lecce, e oltre ad essere piena di croci, segno distintivo e caratterizzante del passaggio dei pellegrini, ha anche una serie di imbarcazioni incise sulla sua facciata, e questo è segno che i pellegrini si preparavano al viaggio per andare in terra santa e dovevano attraversare l’Adriatico. La stragrande maggioranza di questi viandanti, soprattutto quelli che venivano dal nord Europa, non aveva mai visto il mare, e l’esperienza della navigazione per loro era terrorizzante, perché capitava che a causa del mare mosso e delle tempeste le navi naufragassero e i pellegrini morissero annegati. Il disegno della nave veniva inciso quasi come un ex-voto, per assicurarsi che la chiesa proteggesse il loro viaggio. Nel caso in cui fossero riusciti ad arrivare dall’oriente in Salento, dopo aver attraversato il mare in tempesta, l’incisione diventava un ex-voto per grazia ricevuta.

 

Da Lecce verso il basso Salento

All’ingresso di Lecce ci accoglie l’ex Monastero degli Olivetani, e l’antico monastero, più che un luogo appartato, era un sito strategico, scelto nel secolo XII da Tancredi d'Altavilla, ultimo conte normanno di Lecce, per edificare un sontuoso complesso religioso, destinandolo all’Ordine dei Benedettini. L’abbazia suscitò sin dall’inizio stupore per la sua magnificenza e la chiesa, dedicata ai SS.Niccolò e Cataldo, raggiunse ”il più alto livello” tra le architetture medioevali in Terra d’Otranto. Nel 1494 sopraggiunsero gli Olivetani (Benedettini di Monte Oliveto), che sostituirono la preesistente comunità, ormai in estinzione. Mentre la chiesa fu conservata ed arricchita, il convento fu ricostruito in forme maestose.

La via Francigena attraversa Lecce, dove in pieno centro storico si trova la Chiesa di San Nicolò dei Greci. Si tratta di una chiesa salentina realizzata al di sopra di un’antica chiesetta risalente al IX secolo, della quale è ancora esistente l’antica cripta e la parte absidale. Nella cripta sono ancora presenti i dipinti antichi. La chiesetta era chiamata “Chiesa di San Giovanni del malato” e a un certo punto era stata abbandonata. Nella parte posteriore della chiesa c’è una cisterna, che raccoglieva le acque di una falda del fiume Idume, il fiume di Lecce.

Procedendo per la città fortificata di Acaya, e attraversando la campagna di Melendugno, si arriva nella zona della Grecìa Salentina, e una delle località più frequentate dai viaggiatori era quella di Carpignano Salentino, dove spicca la barocca Chiesa Parrocchiale del '500, la quale custodisce la Cripta di Santa Cristina scavata nel tufo tra l'VIII e il IX secolo. La Cripta è l’unico luogo di quest’epoca di cui si conoscono il committente e l’affrescatore, in quanto i loro nomi sono citati nelle numerose scritte in lingua greca che ricoprono le mura della cripta. Gli affreschi alle pareti, che hanno più di mille anni, si sono conservati molto bene e la cripta è l’unico caso in tutto il mediterraneo in cui abbiamo una così grande ricchezza di dati. Questo tipo di affreschi continua a ricordarci come al tempo, per chi attraversava la via francigena, il punto di riferimento principale fosse Costantinopoli, dove si parlava greco.

 

Si prosegue tra antiche masserie e una lussureggiante pineta fino ad attraversare il borgo di Cànnole, dove troviamo il Villaggio di Torcìto, che è stato inzialmente un villaggio, poi nel XII secolo è diventato una Masseria, alla quale nel corso degli anni sono state aggiunte ulteriori strutture, come la torre colombaia e la Chiesa dedicata a San Vito. La Masseria di Torcìto è circondata da una vegetazione lussureggiante, che la accompagna nei secoli, e che oggi ha dato vita al Parco Naturale di Torcìto, molto apprezzato dai cultori del trekking.

Arriviamo poi al settecentesco Santuario di Monte Vergine a Palmariggi, il quale custodisce una preziosa cripta del periodo bizantino, nel cui lato orientale si ergeva un altare contenente un affresco della Madonna a mezzo busto con in braccio il Bambino Gesù.

Segue Giurdignano con il suo "Giardino Megalitico", una zona ricchissima di dolmen e di menhir, e ricordiamo in particolare il Menhir San Paolo, altra tappa del percorso francigeno, dove all’interno dello sperone roccioso è stata scavata una cripta, probabilmente di epoca bizantina, all’interno della quale è visibile un affresco che rappresenta la taranta, un ragno velenoso che mordeva le donne, le cosiddette tarantate, di cui San Paolo è protettore.

Nel comune più piccolo di tutto il Salento, Giuggianello, sempre tra dolmen e menhir, si trova l’antichissima Masseria Quattro Macine, insediamento bizantino risalente al VII secolo, negli anni attaccato dai turchi, riedificato, utilizzato come stazione di posta, tabacchificio, masseria.

 

Ci inoltriamo successivamente nel canalone della Valle dell’Idro, e passiamo per la Grotta di Sant’Angelo, chiesa-cripta in parte distrutta, dove sono ancora evidenti, alcune tracce degli affreschi che decoravano le pareti della grotta, rappresentanti figure sacre, persone in tuniche, i visi di due donne, e santi. Nonostante gli affreschi oggi siano poco identificabili, la grotta di Sant’Angelo è indubbiamente una delle più suggestive ed interessanti di tutta la valle dell’Idro.

Ci dirigiamo poi al centro di Otranto con la splendida Cattedrale di S.Maria Annunziata, edificata sui resti di un villaggio messapico, di una domus romana e di un tempio paleocristiano, fu fondata nel 1068. È una sintesi di diversi stili architettonici comprendendo elementi bizantini, paleocristiani e romanici. Gli affreschi del XIII secolo vennero quasi tutti distrutti dall’invasione turca del 1480. Rimane intatto invece il preziosissimo pavimento a mosaico, eseguito tra il 1163 e il 1165, di grande impatto scenico per l'ampia decorazione che rappresenta scene dall'Antico Testamento, cicli cavallereschi, bestiari medievali. Le immagini, disposte lungo lo sviluppo dell'Albero della vita, ripercorrono l'esperienza umana dal peccato originale alla salvezza. Molto particolare dal punto di vista architettonico la cripta, che risale all'XI secolo ed è una miniatura della celebre Cisterna di Teodosio o della Moschea di Cordova. Possiede tre absidi semicircolari e si caratterizza per le quarantotto campate intervallate da oltre settanta tra colonne, semicolonne e pilastri. La singolarità è nella diversità degli elementi di sostegno, provenienti da edifici antichi e altomedievali, dal vario repertorio figurativo. Di grande pregio gli affreschi superstiti che abbracciano un arco cronologico dal Medioevo al Cinquecento.

Non meno importante è la Chiesa di San Pietro, sempre a Otranto, è uno degli edifici medievali del Mezzogiorno più rappresentativi della tradizione costruttiva bizantina e rimane la più alta e viva espressione dell'arte bizantina in Puglia. L'edificio sacro rappresentò, probabilmente, la prima basilica della città, eletta metropoli nel 968 e alle dirette dipendenze della sede patriarcale di Costantinopoli. La sua datazione è stata per lungo tempo oggetto di dibattito tra gli studiosi, ma dall'analisi della struttura, degli affreschi e delle iscrizioni in lingua greca, sembra riconducibile al IX-X secolo. Nelle tre absidi sul fondo si dispongono gli splendidi affreschi in stile bizantino databili al X-XI secolo

 

Oltrepassata Cocumola, dove svetta il Menhir della Croce in Via Savoia 26, si cammina tra pinete e uliveti fino a Vignacastrisi.

E’ la volta poi di Andrano, nelle cui campagne troviamo la Cripta dell’Attàrico; si ritine che dal secolo VIII al X la grotta abbia ospitato monaci basiliani, e sono ancora presenti due affreschi. Inizialmente come rifugio, e successivamente come eremo spirituale, i monaci nel frattempo si spostarono nella vicina abbazia di Santa Maria del Mito, centro di cultura e Masseria totalmente autosufficiente, situata tra il feudo di Tricase e quello di Andrano.

 

La meta finale

Il percorso della via Francigena Salentina si è quasi concluso, e a circa 1 Km da Santa Maria di Leuca, nei pressi dell’odierna Masseria Coppola, sulla SS 275, l’ultima sosta era rappresentata dall’antica Cappella dei Lazzari, ove venivano curate malattie. Costruita nel XIV sec. dai Granduchi di Toscana per i naviganti fiorentini, che frequentavano numerosi lo scalo di Leuca, purtroppo non esiste più.

L’ultima tappa, e senza dubbio la più significativa, è a Santa Maria di Leuca, presso la Basilica – Santuario S. Maria de Finibus Terrae, che affonda le sue radici ai primordi del cristianesimo. Esso sorge là dove c’era stato il tempio dedicato alla dea Minerva del quale, entrando in Chiesa, sulla destra, si conserva un cimelio: l’ara o una parte di essa, su cui venivano offerti i sacrifici alla dea. La tradizione narra che l’apostolo Pietro nel 43 d.C. sbarcò in Puglia per fare ritorno a Roma dopo il suo viaggio in Oriente. In questa occasione, il tempio fu dedicato al Salvatore e convertito in un santuario cristiano. Fu proprio qui, infatti, che San Pietro cominciò la sua opera di conversione, partendo proprio dalla popolazione salentina per poi proseguire per tutto l’Occidente. La testimonianza del passaggio dell’apostolo è la Croce Pietrina collocata di fronte al Santuario. Solo in un secondo momento fu consacrato a Santa Maria di Leuca. Proprio a causa della sua ambitissima posizione, il santuario fu purtroppo preso di mira numerose volte nel corso del tempo, in particolare dai Turchi e dai Saraceni, come attacco indiretto alla religione cristiana. Fu distrutto ben cinque volte, l’ultima delle quali nel 1720. Le numerose ricostruzioni conferirono ovviamente al Santuario un aspetto differente da quello originale, ma i fedeli vollero mantenere la struttura delle mura perimetrali.

 

Conclusioni

Il percorso che abbiamo seguito ci porta indietro nel tempo di migliaia di anni, e ci permette di comprendere e scoprire le origini più antiche delle bellezze architettoniche che costellano il percorso della via Francigena Salentina, a partire da piccoli scrigni, come le cripte, sino ad arrivare a immensi tesori, come le abbazie e le masserie.

Sono luoghi che ancora oggi fanno parte del nostro presente, e che arricchiranno il nostro futuro.