Le masserie nel Salento
In tutta l’ Europa mediterranea, come anche in molte zone del Nord e del Sud America ed anche altrove nel mondo, vi sono dei grandi fabbricati rurali, conosciuti con vari nomi: hacienda, ranch, fattoria, baglio, la masia catalana o appunto la masseria, tipica del Sud Italia, di cui ci occuperemo in questo articolo.
Questi edifici avevano delle caratteristiche comuni: grandi spazi, la presenza di cortili interni, molto spesso adibiti a frutteto ed anche utilizzati come aia per il pollame, stalle e grossi spazi adibiti alla conservazione o alla produzione di cibo. Ovviamente non potevano mancare pozzi e cisterne e spesso vi erano strumenti e tecnologie via via più avanzate, come ad esempio i frantoi che erano in dotazione di molti di questi edifici nel Sud Italia. Pozzi e frantoi poi erano spesso messi a disposizione anche degli abitanti estranei alla masseria, che perciò diventava il più importante centro d’ incontro e socialità di tutte le zone limitrofe.
Dal XIV secolo in poi, dopo le prime importazioni in Europa di tabacco e con la sempre maggiore diffusione dei vari usi di questa pianta, su tutto il continente accanto alle masserie si diffusero ovviamente anche i tabacchifici, generalmente più piccoli nelle dimensioni e più elementari nella struttura, ma anch’ essi sopravvissuti all’ industrializzazione della produzione di tabacco e rinati come pregiate unità abitative. A Castrignano del Capo ad esempio si può ammirare l’ Antico Tabacchificio locale, risalente al XIX secolo, dalla posizione invidiabile, a metà strada tra il centro abitato e la splendida località balneare de “le Felloniche”, e dall’ architettura elegante ed in piena armonia con la campagna circostante, chiaro esempio di antico centro di produzione agricola destinato a diventare unità abitativa di valore assoluto.
Il fatto che più o meno in tutto il mondo si possono trovare edifici di questo tipo è dovuto alla loro origine comune, cioè le grandi proprietà terriere, conosciute da noi come “latifondi”, che per molti secoli sono state l’ unico modello di produzione agricola in tutto il mondo. Il grande proprietario, che spesso viveva nei pochi centri abitati esistenti all’ epoca, lontano dalle coltivazioni, concedeva ai contadini (nel nostro caso detti “massari”) la possibilità di vivere in questi edifici, che fungevano da centro finale di produzione e conservazione dei prodotti agricoli. A volte invece il proprietario abitava la masseria insieme ai contadini ed in questo caso l’ architettura dell’ edificio rifletteva la differenza di status dei suoi abitanti, con la famiglia proprietaria che abitava nei piani elevati o negli edifici centrali ed i contadini relegati ai piani inferiori o nelle strutture periferiche.
Dove le vicende storiche ed i conflitti che si sono susseguiti lo richiedevano, le masserie venivano fortificate e diventavano anche baluardi contro l’ invasione straniera; in Salento ad esempio, dopo l’ invasione turca del 1480, Re Carlo V decise di rafforzare la difesa del territorio, predisponendo la costruzione o la ristrutturazione di edifici già esistenti, dotandoli di torrioni per l’ avvistamento dei nemici e recinzioni fortificate. Nella penisola salentina dunque ve ne sono diverse, la Masseria Torre Casciani, la Masseria Melcarne e la Masseria Torcito, circondata da una ricchissima vegetazione e molto amata dalla cittadinanza locale per la possibilità di farvi escursioni e scampagnate, solo per citarne alcune.
Una nota a parte meritano le masserie in qualche modo collegate alla Chiesa Romana o ad antiche famiglie nobiliari ad essa legate, che erano affidate e venivano gestite dagli ordini monastici o cavallereschi, in queste ovviamente era sempre presente una piccola Cappella per attendere le quotidiane funzioni religiose che scandivano la giornata. Presso il Comune di Surbo sopravvive al degrado la splendida Masseria Schiavelle, di cui si può ancora ammirare la severa architettura a metà tra il residenziale ed il complesso militare.
Il modello di produzione basato sul latifondo è stato l’ unico conosciuto in tutto il mondo fino quasi al XX secolo, quando una progressiva democratizzazione della produzione agricola e quindi anche della società che vi ruotava attorno, insieme all’ evoluzione della produzione, della conservazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli, ha spezzato e diviso i latifondi rendendo le masserie e le altre architetture simili ad esse obsolete ed inutili per la produzione agricola su larga scala; da questo momento il destino di queste strutture è cambiato, in alcuni casi esse sono state condannate ad una lenta rovina, all’ abbandono o alla riconversione in anonimi capannoni, ma per fortuna molto più spesso esse sono diventate abitazioni, via via considerate sempre più lussuose, e via via sempre più apprezzate e richieste. La trasformazione è stata spesso agevole, in quanto le masserie già dalla loro origine furono realizzate tenendo conto di un certo gusto estetico ed architettonico, grazie alla maestria di artigiani e muratori che lavoravano la pietra, il carparo o il tufo. Si trattava molto spesso di edifici realizzati in un’ottica di funzionalità, per rendere meno dura la vita tra i campi e quindi per alleggerire la fatica dei coloni, offrire soluzioni pratiche e garantire la massima fruibilità degli ambienti, rispettando un certo equilibrio tra uomo e natura, tra il manufatto e il territorio, ma a queste esigenze di equilibrio e funzionalità il gusto estetico dei maestri dell’ epoca aggiungeva sempre qualcosa, come ad esempio della facciate la cui solennità può ricordare una Chiesa più che una comune abitazione. Molti esempi di tale preziosa architettura si possono osservare in giro per le campagne del Salento, vi segnaliamo ad esempio la Masseria Santa Barbara, che vi consigliamo di ammirare in occasione della vostra prossima visita presso la cittadina di Otranto.