L’ eredità dell’ eclettismo architettonico in Salento: i palazzi moreschi
In architettura viene definita “eclettismo” una corrente che mira alla mescolanza dei migliori stilemi presenti nei diversi movimenti architettonici. Il movimento nacque in Inghilterra nel 1700, poi nel secolo successivo si diffuse ampiamente nel resto d’ Europa, giungendo infine anche nel Sud Italia. Nella sua fase iniziale l’ eclettismo architettonico europeo attingeva le proprie idee da epoche storiche diverse, con la nascita quindi dell’ architettura neogreca, seguita da quella neorinascimentale e poi da quella neobarocca, ma con il passare degli anni gli interpreti dell’ eclettismo cercarono la loro ispirazione non altrove nel tempo ma nello spazio, nelle architetture di luoghi lontani ed esotici, ecco quindi l’ architettura neomoresca e quella neoegizia, ma non mancarono anche influenze cinesi ed indiane.
Quello che guarderemo più da vicino è lo stile neomoresco, che ha lasciato delle splendide tracce nella penisola salentina, ma che arrivò in Occidente in primis in Francia, a seguito della spedizione di Napoleone in Egitto del 1798, e si sviluppò in seguito in Inghilterra e in altri paesi europei, anche per via del colonialismo in Oriente. Tra gli elementi più distintivi dell'architettura moresca notiamo la presenza di cupole circolari, generalmente sormontate da una guglia appuntita, l'uso di colori vivaci e una quantità elevata di motivi decorativi intricati.
Uno dei più fulgidi esempi di questo stile in Salento è senza dubbio Villa Sticchi a Santa Cesarea Terme, una splendida costruzione incastonata in uno degli angoli più belli dell’ intera costa sud dell’ Adriatico, maestosa ed immediatamente riconoscibile anche da molto lontano, per ragioni funzionali oltre che estetiche: l’ imponente pagoda centrale infatti, che ne rende così inconfondibile il profilo, al tempo fu progettata anche per riflettere la luce del sole e diventare un faro per le navi in navigazione a largo delle coste. Questa residenza privata può essere considerata una vera e propria icona del territorio locale, fu terminata nell’ anno 1894 sull’ ambizioso progetto dell’ Ingegnere Giuseppe Ruggeri, che firmò molte altre residenze moresche sulle due coste salentine, tra cui quella che occupò come propria residenza a Leuca, ovvero villa La Meridiana, a pianta ottagonale ed anch’ essa dall’ esterno inconfondibile per via delle sue vivaci fasce parallele rosse e gialle.
Un altro caso molto interessante è quello delle “Ville eclettiche delle Cenate”, che prendono il loro nome dalla località in cui sono state costruite, le Cenate appunto. Queste ville signorili furono progettate e costruite tra la fine del secolo XIX e l’inizio del successivo, in pieno “periodo eclettista” e le possiamo ammirare sulle strade che da Nardò conducono alle marine di Santa Maria al Bagno e Santa Caterina. Camminando o pedalando in bicicletta per queste strade di campagna all’improvviso, in mezzo ai caratteristici olivi, appaiono queste preziose ville barocche, in stile liberty oppure anche qui in stile neomoresco, come nel caso delle bellissime Villa Saetta (ora De Michele) e Villa Cristina dei Personè (ora De Benedittis).
Questa voglia di sperimentare ed arricchire il paesaggio locale con motivi e forme esotiche non si limitò alla costa ma prese piede anche presso la città di Lecce, solo che mentre per le residenze estive ci si poteva sbizzarrire molto nelle decorazioni, soprattutto con i colori, in città l’eclettismo assumeva toni meno pronunciati. A Lecce comunque si trovano alcuni esemplari di ville ottocentesche frutto dell’ eclettismo architettonico del periodo, quasi tutte lungo i viali creati a fine Ottocento al posto delle mura cinquecentesche appena demolite. Interessante per la varietà dei caratteri architettonici è Villa Bray, in stile neomoresco, con una scritta in caratteri arabi sotto il cornicione, decorata con fasce gialle e rosse orizzontali: al primo piano le finestre hanno archi a ferro di cavallo, al secondo gli archi sono bizantini, sulla cancellata a sesto acuto. Anche Villa Indraccolo presenta decorazioni di gusto orientale. Un altro esempio di eclettismo declinato secondo il gusto locale è Villa Himera, i cui fregi sono intagliati nella pietra leccese.
Le sentinelle del Salento: la storia delle torri costiere
La costa del Salento offre sempre uno spettacolo panoramico notevole, che la si percorra salendo, verso il Nord della regione dalla parte orientale o verso la città di Taranto dalla parte ionica occidentale, oppure che la si discenda verso il Capo di Leuca, la bellezza degli scorci è sempre meritevole ed è difficile resistere alla voglia di sostare per godersi la vista del mare, le albe dorate o i tramonti infuocati.
Chi ha famigliarità con questi splendidi paesaggi avrà notato che vi sono spesso delle torrette in pietra, oppure i resti di queste, a puntellare questi scorci, come se fossero state messe lì per ragioni estetiche, quasi per fare da contrappunto verticale sulla terraferma all’ orizzonte fisso del mare. Rappresentano quasi delle pietre miliari nell’ economia del paesaggio, costituiscono anche un patrimonio affettivo per la popolazione locale che vi associa le Marine circostanti, tanto che alcune di queste torrette nel tempo sono diventate parte della toponomastica salentina, anche se ufficialmente come “località”, spesso queste torrette indicano dei luoghi a sé, per un abitante della zona recarsi a Porto Miggiano è diverso che recarsi a Santa Cesarea Terme, nonostante Porto Miggiano sia appunto una “località” del Comune di Santa Cesarea Terme.
Ma cosa sappiamo di queste torri? Quando furono costruite e per quale motivo? È interessante rispondere a queste domande perché le risposte ci raccontano molto della storia del Salento e più in generale di tutto il Sud Italia. La costruzione di torri costiere ha una ragione essenzialmente militare, sono sempre state in primis degli avamposti di avvistamento e difesa dalle incursioni di eserciti nemici o “pirati”, quelle di cui restano tracce sul territorio o nei documenti storici risalgono tutte all’ epoca medievale, anche se è probabile che ne fossero state costruite alcune anche in epoche precedenti, di queste però non è rimasta alcuna traccia, quelle che restano visibili ai nostri giorni risalgono o agli anni del XI secolo oppure, nella maggior parte dei casi, agli anni tra il XVI ed il XVII secolo, gli anni in cui su tutto il Sud Italia regnava Don Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga in qualità di Vicerè del Regno di Napoli, per conto di Carlo V d’ Asburgo.
Le prime torri costiere nel Sud Italia furono costruite dunque nel XI secolo per difendere i territori dalle scorribande piratesche, ma a causa dei continui cambiamenti politici che non consentivano mai un’ amministrazione stabile del territorio, un vero e proprio sistema di difesa integrato e funzionante su tutta la costa non fu mai terminato e le poche torri costruite finirono per diventare proprietà delle famiglie locali, che le usavano per difendere e sorvegliare esclusivamente i loro possedimenti. Le cose cambiarono a metà del XV secolo, quando le scorribande sul territorio italiano dei pirati e soprattutto degli invasori ottomani divennero sempre più frequenti, risale infatti all’ anno 1480 la presa di Otranto da parte degli invasori ottomani, che nel raggiungere la cittadina salentina non trovarono praticamente nessuna resistenza, soprattutto poterono sbarcare sul territorio salentino senza venire avvistati e dunque senza che nessuno avvertisse i cittadini di Otranto.
Proprio in seguito al tragico evento, Don Pedro de Toledo, diventato Vicerè del Regno di Napoli nel 1532, decise di implementare e far funzionare il sistema delle torrette di controllo, che dovevano essere abbastanza da poter sorvegliare tutta la costa del Sud Italia e poiché il principale pericolo era il sempre più potente Impero Ottomano e dunque proveniva da Est, fu proprio il Salento, per la sua posizione geografica esposta, ad essere al centro di questo sistema di sorveglianza. Questo tipo d’ impresa, ovvero la costruzione di oltre 300 torri costiere, per i canoni del tempo non fu affatto banale, anche per una questione di costi, perciò spesso le torri vennero costruite con un sistema di “appalto” piuttosto innovativo per il tempo, ovvero la costruzione era affidata ad un privato che in cambio dell’ opera poteva fregiarsi del titolo militare di “Capitano di torre”. Non mancarono gli imprevisti, ad esempio in alcuni casi questi privati, nonostante l’ indicazione precisa del Vicerè di utilizzare acqua dolce per la lavorazione e la posa dei materiali, utilizzavano l’ acqua salata del mare per risparmiare sui costi, ma le torri costruite con l’ acqua salata soffrivano l’ erosione e crollavano in pochissimo tempo. Nonostante tali imprevisti il lavoro fu lentamente portato a termine ed il Regno di Napoli soffrì l’ avanzata ottomana con sempre meno danni, finché la decisiva battaglia di Lepanto del 1571 non scongiurò per sempre il pericolo ottomano per le nostre coste.
Archeologia del Salento: l’entroterra
Basta individuare il Salento su una qualsiasi mappa per osservarne la centralità geografica all’ interno del Mare Mediterraneo, universalmente riconosciuto come la culla di tutta la civiltà Occidentale; osservando la posizione della penisola salentina si coglie immediatamente come questa sia stata, nel corso dei secoli, un passaggio quasi obbligato per il movimento da est ad ovest che ha caratterizzato la storia dei popoli antichi già nelle fasi precedenti alle epoche greca e romana. Partendo da questa considerazione è facile capire come il territorio salentino sia stato nel corso dei tempi prima un approdo e poi una casa per numerosi popoli nel corso della loro avventura storica, ma cosa hanno lasciato i nostri avventurosi predecessori a testimonianza della loro vita e della lotta per la conquista della propria identità? C’ è ancora tanto da vedere e per comodità e facilità di lettura ve lo racconteremo in due post diversi su questo blog: questo, dedicato all’ archeologia salentina dell’ entroterra ed il prossimo che sarà dedicato all’ archeologia della costa salentina.
Il primo appuntamento è su quella che viene definita geograficamente la “soglia messapica”, ovvero la splendida cittadina di Ostuni, considerata il limite a Nord della penisola salentina. Il locale Museo di Civiltà Preclassiche ospita i resti di Delia, anche detta “la Donna di Ostuni”, una ominide i cui resti furono scoperti nell'ottobre del 1991 dal paletnologo Donato Coppola, in una grotta presso il locale parco archeologico. I resti risalgono a circa 24.000 anni fa, ma l 'importanza di Delia è data dal fatto che insieme ad essa, o meglio nel suo grembo, sono stati rinvenuti anche i resti di un feto in fase terminale, e quindi Delia risulta ancora oggi la più antica madre di cui la storia ha conoscenza diretta.
Il viaggio continua ancora “al femminile” con le Veneri di Parabita, due statuette di epoca preistorica, rinvenute nel 1965 dal team del prof. Giuseppe Piscopo presso la locale Grotta delle Veneri, che rappresentano due donne in gravidanza che si abbracciano il ventre: questo tipo di opere d'arte vengono chiamate veneri paleolitiche. Le statuette sono scolpite in osso di cavallo e hanno un'età di 12.000-14.000 anni. Sono conservate presso il MARTA (Museo Archeologico Nazionale di Taranto).
Risalendo il filo della storia salentina è necessario affrontare il periodo messapico. I Messapi furono una popolazione che nell’ epoca classica occupò buona parte della penisola salentina dal loro arrivo, datato intorno al 700 a.C. fino alla conquista romana di tutto il territorio salentino che avvenne intorno al 260 a.C. La loro origine è incerta, ma le ipotesi più plausibili li considerano un’ unione tra il popolo degli illiri e quello cretese, incontratisi sul territorio salentino nel corso delle loro esplorazioni verso l’ Ovest. A proposito dei Messapi, se si vuole conoscere di più della loro storia, è indispensabile una passeggiata presso il “Parco dei Guerrieri”, sito riportato alla luce nel 1981 dopo i lavori a cura dell’Università del Salento, in collaborazione con l’Ecole Francaise di Roma. Il parco oggi si presenta come un area archeologica all'aperto di circa 20 ettari, distribuita su un'area ancora più estesa che va dall'abitato di Vaste fino alle Serre di Poggiardo, delle alture naturali su cui nacquero i primi insediamenti dei Messapi in Salento. I recenti scavi hanno riportato alla luce i resti di quella che doveva essere una delle città più importanti della Messapia; si è recuperato il percorso delle antiche mura, le fondamenta della città e quindi delle capanne che ivi sorgevano e di cui si può osservare una fedele riproduzione proprio presso il Parco. Sono anche state riportate alla luce innumerevoli tombe ancora intatte, con tutto il corredo funerario ed i resti di un tempio pagano.
I Romani arrivano nel 260 a.C. come abbiamo visto, ed a fiorire questa volta è la città di Lecce, con il nome latino di Lupiae, passando da semplice stazione militare a vero e proprio “municipium” conoscendo un periodo di assoluto splendore che coincide con quello dell 'Imperatore Marco Aurelio, periodo in cui venne arricchita con la costruzione di un teatro e di un anfiteatro e collegata al Porto Adriano (oggi San Cataldo).
Nel Medioevo il centro nevralgico del territorio salentino si sposta ad Otranto, che rimane tale fino alla breve conquista ottomana avvenuta nel 1480 e subito finita l’ anno seguente. Nonostante la brevità dell’ occupazione turca, l’ evento rimane centrale nell’ identità della cittadina idruntina, a dimostrarlo restano le impressionanti reliquie dei Martiri Otrantini, che si possono ancora oggi vedere presso la locale Basilica dell’ Annunziata.
Il mercato immobiliare durante e dopo la pandemia
La pandemia causata dal COVID 19 ha già cambiato le nostre vite in modo inimmaginabile fino ad un anno fa e nonostante gli sforzi collettivi per implementare al più presto la vaccinazione di massa, la malattia è ancora con noi e non sappiamo quanto a lungo e come i suoi strascichi continueranno ad influenzare la nostra società. Analizzare l’ impatto di questo evento di portata storica all’ interno dell’ universo dei mercati ed in particolare di quello immobiliare non è ovviamente un esercizio semplice, ma essendo passato già quasi un anno dalle prime tragiche morti in Europa e dalle prime misure contenitive prese dai governi, iniziamo ad avere dei dati abbastanza consistenti per sviluppare delle analisi credibili, concentrandoci soprattutto sul mercato immobiliare residenziale.
Per la stesura di queste previsioni abbiamo usato i dati di Istat, Nomisma, Scenari Immobiliari, MerctaoImmobiliare.info e Corriere della Sera.
La tendenza generale del mercato
La frenata ovviamente c’ è stata, ma meno drammatica di quanto previsto, si nota infatti una diminuzione generale del prezzo delle case, ma una diminuzione limitata, con il mercato del nuovo in controtendenza come evidenzia l’ indice Ipab (Indice prezzo abitazioni) dell’ Istat, che segnala aumenti dei listini per i primi tre trimestri dell’ anno. Analizzando invece il numero delle transazioni, emerge nel 2020 un calo del 14% rispetto all’ anno precedente, un numero sensibile ma non drammatico, se si considerano i due mesi di lockdown in cui non si potevano né visitare le abitazioni né ovviamente concludere le transazioni, basti pensare che nel 2012, considerato un anno tragico per il mercato del mattone, ma senza la tragedia della pandemia, la riduzione fu del 24%. Secondo i centri studi Nomisma e Scenari Immobiliari, dopo una lenta ripresa durante l’ estate del 2020, per via dell’ arrivo della seconda ondata di contagi anche nel 2021 questa lieve flessione continuerà e potremo parlare di una vera e propria ripresa solo nel 2022 e 2023, ma questo scenario positivo è legato a doppio filo alla speranza di un rimbalzo del quadro economico generale ed alla buona riuscita del piano vaccinazioni nazionale.
Effetto smart working
Come fa notare il Corriere della Sera in un’ analisi del suo inserto economico del Gennaio 2021, il vero game changer del mercato immobiliare residenziale potrebbe essere il cosiddetto smart working: il lavoro da casa è una novità per l’ Italia e presenta notevoli vantaggi sicuramente per i lavoratori, ma anche per le imprese che potrebbero abbattere i loro costi di gestione, è facile prevedere dunque che accanto a molti lavoratori che torneranno “in presenza” una volta che la pandemia sarà alle spalle, ce ne saranno altri per cui non si tornerà più indietro e che continueranno a lavorare dalla propria abitazione, avvantaggiati anche dall’ imminente arrivo in Italia delle connessioni 5G. Cosa significa tutto questo per il mercato immobiliare? In primis un progressivo spostamento dalla città alla periferia, dai grandi centri urbani alle località situate nell’ entroterra o nelle località turistiche, molte seconde case diventeranno abitazioni principali. Da qui derivano anche le previsioni che vedono il mercato immobiliare delle grandi città italiane ancora in difficoltà, fatta eccezione per Milano, città dal mercato generalmente più dinamico e che nel 2024 ospiterà le Olimpiadi Invernali. Sempre per effetto dello smart working crescerà la domanda di abitazioni ampie e confortevoli, con spazi da adibire esclusivamente al lavoro da casa e con una forte richiesta di abitazioni dotate di spazi esterni. Un buon esempio di questa tendenza sono i dati che MercatoImmobiliare.info fornisce sul suo sito a proposito della situazione immobiliare nella provincia di Lecce, in quanto in Salento il numero di transazioni ed il valore degli immobili segue in linea di massima i valori del resto del territorio nazionale, ma ponendo la lente d’ ingrandimento sulla dinamica dei prezzi e sulle quotazioni immobiliari divise per tipologia di abitazione, emerge chiaramente che la tipologia che ha registrato il maggior apprezzamento percentuale è costituita da casali e masserie, le cui quotazioni mostrano un incremento di circa il 5% negli ultimi 3 mesi, seguite a ruota da villette ed abitazioni indipendenti, in crescita ma con incrementi minori. Un aumento di tale portata raggiunto durante un periodo di pandemia sta a significare che le celebri masserie pugliesi, ormai da tempo protagoniste anche nei rotocalchi mondani e nelle guide al lusso ed al benessere, non sono viste più solo come fiabesche location cerimoniali o lussuose mete turistiche, ma come veri e propri asset patrimoniali su cui costruire il futuro della propria famiglia.
Occhio all’ Ecobonus
Mentre le nuove abitazioni verranno pensate per venire incontro a questa nuova esigenza degli acquirenti di avere delle abitazioni che siano anche confortevoli ambienti di lavoro, è prevedibile scommettere anche un forte aumento d’ interesse per tutti gli immobili usati, vecchi o al momento in disuso, per cui sono programmati lavori e ristrutturazioni agevolati dal bonus al 110% (argomento che tratteremo presto in maniera più approfondita, con un articolo dedicato su questo blog).