L'Archeologia Industriale in Salento: Un Patrimonio da Riscoprire

Il Salento c'è un aspetto ancora poco conosciuto che merita attenzione: l'archeologia industriale. Questo settore, spesso trascurato, rappresenta una preziosa testimonianza della trasformazione economica e sociale del territorio tra il XIX e il XX secolo. In questo articolo esploreremo le principali testimonianze di archeologia industriale nel Salento, con esempi concreti e riflessioni sul loro valore storico e sulle possibilità di recupero.

Cosa si Intende per Archeologia Industriale?

L’archeologia industriale è la disciplina che studia i resti materiali dell’era industriale: fabbriche dismesse, impianti di produzione, infrastrutture e tecnologie del passato. Questi siti non sono solo ruderi, ma veri e propri documenti storici che raccontano le trasformazioni economiche e culturali di un territorio.

Nel caso del Salento, l’industrializzazione ha lasciato tracce significative, specialmente nei settori della produzione vinicola, tessile, tabacchiera e nell’estrazione della pietra leccese.

Le Testimonianze di Archeologia Industriale nel Salento

  1. Le Distillerie e le Cantine Vinicole

Il Salento ha una lunga tradizione vinicola e, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, numerose distillerie e cantine industriali hanno segnato lo sviluppo economico della regione.

  • Le Distillerie: un grande esempio di archeologia industriale. Un tempo erano un punto di riferimento per la distillazione di vinacce e la produzione di alcol.
  • Cantine Sociali Abbandonate: numerose strutture vinicole sono state dismesse dopo il declino di alcune produzioni locali. Alcune di queste cantine conservano ancora grandi botti e macchinari di inizio Novecento.
  1. Le Fabbriche del Tabacco

L’industria del tabacco ha avuto un impatto enorme sull’economia salentina. Molte fabbriche, oggi dismesse, erano centri di lavoro per centinaia di persone, in particolare donne.

  • Manifattura Tabacchi di Lecce: un grande stabilimento che per decenni ha rappresentato un fulcro dell’economia locale. Oggi è un’area in parte inutilizzata, ma potrebbe essere riqualificata per usi culturali.
  • Fabbriche del tabacco nel sud Salento: molte strutture, in stato di abbandono, si trovano nei comuni di Tricase, Maglie e Nardò. Il recupero di questi edifici potrebbe valorizzare la memoria storica del settore.
  1. Le Cave di Pietra Lecce

L’estrazione della pietra leccese è una delle attività più antiche del Salento, ma le tecniche industriali hanno lasciato segni indelebili nel paesaggio.

  • Le Cave di Cursi e Melpignano: alcune ancora attive, altre abbandonate, mostrano come l’industria della pietra abbia modificato il territorio.
  • Antichi Macchinari per l’estrazione: in alcune zone si possono ancora trovare strumenti arrugginiti, come gru e carrucole, testimoni dell’epoca d’oro della lavorazione della pietra.
  1. Le Industrie Tessili

Nel XX secolo, il Salento ha ospitato numerose industrie tessili, molte delle quali oggi sono in stato di degrado.

  • Filatoi e Lanifici di Maglie: un tempo centro produttivo importante, oggi restano solo edifici in disuso che potrebbero essere recuperati per spazi espositivi o culturali.

Il Valore del Recupero e della Riqualificazione

Il recupero delle strutture industriali abbandonate rappresenta un'opportunità unica per il Salento. Alcuni esempi virtuosi mostrano come il patrimonio industriale possa essere valorizzato:

  • La Distilleria De Giorgi a San Cesario di Lecce: Fondata nei primi anni del Novecento, la Distilleria De Giorgi è stata un pilastro dell'industria locale, specializzata nella distillazione di vinacce e produzione di alcol. Dopo la cessazione delle attività, l'edificio ha subito un significativo degrado fino a quando non è stato avviato un ambizioso progetto di recupero. Oggi, la distilleria è stata trasformata in un centro culturale polivalente, ospitando una Residenza Artistica Internazionale di Comunità dedicata al teatro, alla formazione e all'inclusione sociale. Il recupero ha incluso interventi sul giardino storico e sulle pertinenze esterne, restituendo alla comunità uno spazio verde fruibile. Sono stati restaurati edifici come lo "Spogliatoio", il "Bottai", l'"Officina" e i "Depositi", con la rimozione di elementi in amianto e il ripristino dell'ingresso da via Ferrovia. ​

 

  • Le cave di Melpignano: rappresentano un altro esempio significativo di archeologia industriale nel Salento. Queste cave, da cui veniva estratta la pregiata pietra leccese, hanno modellato il paesaggio locale e influenzato l'economia della zona. Negli ultimi anni, sono stati avviati progetti per il recupero ambientale di queste aree dismesse, trasformandole in spazi pubblici fruibili.​ Un esempio è l'iniziativa del Comune di Melpignano per creare un parco periurbano nell'area delle cave dismesse, con l'obiettivo di realizzare un'oasi di pace e benessere a pochi passi dal centro urbano. Il progetto prevede la riforestazione dell'area, la creazione di percorsi naturalistici, aree gioco per bambini, zone picnic e un orto didattico, utilizzando specie vegetali autoctone e sistemi di irrigazione sostenibili.​
  • Il Museo Ferroviario di Lecce è stato definito un vero gioiello dell'archeologia industriale. L'articolo evidenzia come il museo rappresenti un punto di riferimento per la memoria storica del trasporto ferroviario nella città, raccogliendo resti, macchinari e documenti d’epoca che testimoniano l’evoluzione tecnologica e sociale delle ferrovie. Attraverso esposizioni tematiche e percorsi immersivi, il museo offre un'esperienza che unisce innovazione e tradizione, valorizzando il patrimonio industriale locale e sottolineando l’importanza di preservare questa memoria per l’identità culturale del territorio.
  • ​Il Museo Archeoindustriale di Terra d’Otranto (MAI), situato a Maglie, è stato istituito per valorizzare e raccontare la memoria storica industriale del territorio del Capo di Leuca. Questo territorio, noto come "Emporio del Salento meridionale", deve la sua fama all'ingegno di artigiani, imprenditori e proprietari terrieri che hanno contribuito allo sviluppo delle industrie agroalimentari e manifatturiere locali. Il museo è ospitato nell'ex fabbrica dei Fratelli Piccinno, noti ebanisti, successivamente utilizzata come magazzino per la lavorazione del tabacco. Questo edificio rappresenta un simbolo della memoria collettiva di Maglie ed è stato riconosciuto di interesse culturale nel 2003. Il MAI si articola in due sezioni principali:​

          - Industria di Terra d’Otranto: dedicata alla storia industriale dell'area corrispondente alle attuali province di Lecce, Brindisi              e Taranto.​

          - Maglie industriale: focalizzata sulle attività produttive che hanno reso la città un punto di riferimento nel Salento meridionale. ​

Oltre alle esposizioni, il museo offre una sala virtuale che illustra le attività produttive locali e la loro evoluzione tecnologica. Inoltre, il MAI propone visite guidate che esplorano            il patrimonio industriale e artigianale del territorio, permettendo ai visitatori di scoprire storie e innovazioni che hanno caratterizzato la tradizione produttiva di Maglie.

 

Il recupero di siti industriali dismessi come la Distilleria De Giorgi, le cave di Melpignano, e la creazione di Musei dedicati, non solo preservano la memoria storica del territorio, ma offrono anche nuove opportunità culturali, sociali ed economiche. Questi progetti dimostrano come sia possibile trasformare luoghi abbandonati in spazi vitali per la comunità, promuovendo la sostenibilità ambientale e valorizzando l'identità locale.​

Tuttavia, molte strutture restano inutilizzate e rischiano il totale abbandono. Un approccio orientato al recupero e al riuso potrebbe trasformare questi luoghi in spazi per il turismo culturale, musei della memoria industriale o centri artistici.

 

Conclusione

L’archeologia industriale del Salento è una risorsa ancora poco valorizzata, ma che potrebbe offrire nuove opportunità culturali e turistiche. Il recupero di distillerie, cave, filatoi e manifatture non solo preserverebbe la memoria storica del territorio, ma darebbe nuova vita a spazi altrimenti destinati al degrado. La sfida per il futuro sarà quella di trasformare questi luoghi in veri e propri punti di riferimento per la cultura e l’identità salentina.


Tra argilla e sogni: la ceramica salentina, radici antiche e visioni architettoniche

La ceramica salentina, una delle espressioni più autentiche e antiche dell'artigianato pugliese, rappresenta un patrimonio culturale di inestimabile valore. Questa tradizione artigianale, nata secoli fa, ha attraversato le epoche evolvendosi in forme, stili e utilizzi, mantenendo sempre un legame profondo con il territorio e l'architettura locale.

La stessa parola “ceramica” ha origine greca, da “kéramos” che significa appunto “terra da vasaio”. Per la sua grande versatilità, questo materiale è stato utilizzato nei secoli al fine di produrre oggetti diversi, realizzati dalle abili mani di artigiani esperti e pronti per essere decorati con le tecniche più diverse.

 

Le origini della ceramica salentina risalgono all'epoca preistorica, quando le popolazioni locali iniziarono a modellare l'argilla per creare utensili di uso quotidiano e oggetti rituali.

Tra le tradizionali produzioni di vasellame più celebrate per la loro bellezza, un posto d’onore spetta senz’altro a quella messapica, tipica del Salento tra l’ottavo e il terzo secolo avanti Cristo. I Messapi, antica popolazione di origine illirica, diedero origine a vasi (in particolare olle e trozzelle) dalle decorazioni sempre più complesse, a partire dai motivi geometrici del primo periodo fino agli influssi di matrice greca. Ben presto i vasi messapici cominciarono a essere decorati nella loro interezza, anche con motivi floreali e figurativi, per poi tornare, nel terzo periodo, a decorazioni geometriche e monocromatiche, stavolta però con chiara influenza ellenica. Si affermarono anche nuove forme vascolari come la pisside o il cratere, ma la tipica trozzella, con corpo ovoidale e le anse nastriformi dotate delle quattro caratteristiche rotelline, rimase l’espressione più vera e pura dell’arte messapica, insieme a tipologie come la pignata, usata per la cottura dei tipici piatti salentini, e le capase, per la conservazione dell’acqua.

Durante il periodo greco-romano, la produzione ceramica nella regione del Salento si arricchì di tecniche e decorazioni più sofisticate, influenzate dai contatti con le civiltà mediterranee. Questi scambi culturali contribuirono a sviluppare una tradizione ceramica caratterizzata da una grande varietà di forme e motivi decorativi.

Con l'avvento del Medioevo e poi del Rinascimento, la ceramica salentina continuò a prosperare, affermandosi come un'arte raffinata. Le botteghe artigiane si moltiplicarono nelle principali città del Salento, come Lecce, Grottaglie e Cutrofiano, dove gli artigiani sperimentavano nuovi smalti e tecniche decorative. Durante il Barocco, la ceramica salentina raggiunse l'apice della sua espressione artistica, grazie alla ricchezza dei motivi floreali e delle figure mitologiche.

 

Nel corso dei secoli, la ceramica salentina ha subito una continua evoluzione, adattandosi alle nuove esigenze estetiche e funzionali. La produzione si è estesa dalla creazione di oggetti di uso quotidiano, come piatti, vasi e tegami, alla realizzazione di elementi decorativi per l'architettura, come maioliche e rosoni. La contaminazione con altre tradizioni ceramiche italiane ed europee ha arricchito il repertorio stilistico salentino, portando alla creazione di pezzi unici che combinano tradizione e innovazione.

Oggi, la ceramica salentina mantiene vive le tecniche artigianali tradizionali, ma allo stesso tempo abbraccia le nuove tecnologie e tendenze del design contemporaneo. Le botteghe artigiane, molte delle quali a conduzione familiare, continuano a produrre ceramiche secondo antichi metodi, ma con un occhio attento alle esigenze del mercato moderno.

 

Nell'uso attuale, la ceramica salentina trova applicazione in diversi contesti, sia come elemento funzionale che decorativo. Gli oggetti in ceramica sono apprezzati per la loro bellezza e per la capacità di raccontare la storia e la cultura del Salento. Oltre ai tradizionali oggetti da cucina, la ceramica salentina viene utilizzata per la realizzazione di complementi d'arredo, come lampade, tavoli e piastrelle, che aggiungono un tocco di eleganza e autenticità agli ambienti.

L'artigianato ceramico è anche un importante settore economico per la regione, attrattivo per il turismo culturale. Le fiere e i mercati dedicati alla ceramica salentina attirano visitatori da tutto il mondo, desiderosi di scoprire e acquistare pezzi unici e fatti a mano.

 

Tra gli elementi più caratteristici troviamo:

Il Pumo

Il nome e le motivazioni della produzione del pumo, divenuto uno dei più distintivi della tradizione artigianale, sono da ricercarsi nella storia della Roma antica quando si celebrava il culto di Pomona, la dea dei frutti. Pumo deriva dal latino pomum che significa "frutto".

La sua forma richiama il bocciolo racchiuso tra quattro foglie di acanto, quindi la vita che nasce, rinnovandosi. E’ simbolo di prosperità e di fecondità ma anche di castità, immortalità e resurrezione. A ciò si aggiunge anche la sua funzione apotropaica, una sorta di amuleto capace di allontanare il male, la cattiva sorte. Per questi motivi, questo manufatto si diffuse in un primo momento tra le famiglie della nobiltà pugliese, che lo adoperarono come elemento d'arredo delle facciate dei palazzotti signorili e sulle ringhiere in ferro battuto, e successivamente al resto della popolazione anche contadina.

Ben si distinguevano, però, i pumi degli uni rispetto agli altri. Infatti i signori del paese erano soliti personalizzarli con simboli araldici e con un numero variabile di foglie intorno al bocciolo a testimonianza della notorietà, dell'autorevolezza e del patrimonio della famiglia di appartenenza.

La funzione del pumo non è quella di scacciare la sfortuna, la cattiva sorte, il male; esso viene prima della cattiva sorte e la tiene lontana, è la barriera impenetrabile al male. Il pumo è dunque un oggetto benaugurante, che, come vuole, la tradizione, non si acquista, ma va regalato o ricevuto in dono.

 

Capase o capasoni

I contadini pugliesi e i contadini del Salento usavano questi bellissimi recipienti in terracotta pugliese per diversi usi. In linea generale, si trattava di conservare liquidi. Poteva trattarsi di olio extravergine di oliva, di acqua, di vino. Il pregio di questi recipienti era quello di riuscire a mantenere inalterate le caratteristiche del liquido contenuto, soprattutto per ciò che concerne la temperatura. Il nome capasa proviene dal latino capax capacis, che significa capace. Fa riferimento, com’è intuitivo, alla capacità spesso importante di questi recipienti, ed alla loro utilità nel contenere liquidi. La capasa è nota anche come capasone, con valore accrescitivo. Nei secoli scorsi le capase più grandi si usavano al posto delle botti durante la vendemmia. Ne bastavano alcune decine di quelle molto grandi (capacità almeno 200 litri) le usavano per conservare il vino. Solitamente la bocca dei capasoni era sigillata con un tappo fatto di calce e cenere. lla base del capasone, ad una ventina di centimetri dal fondo, c’era una bocchetta di scarico alla quale si fissava una sorta di rubinetto: il suo nome era cannedda, ma talvolta poteva anche essere un tappino di sughero, chiamato invece pipulu. In tal modo, era facile procurarsi la giusta dose di vino o olio avvicinando un recipiente alla cannedda.

I capasoni non erano solamente usati per i lavori agricoli, ma anche per trasportare liquidi avanti e indietro attraverso il Mediterraneo. Furono per lungo tempo i protagonisti dei commerci sino al medio e lontano Oriente.

Le capase ed i capasoni oggi sono tornati molto di moda e c’è un ampio mercato che ruota attorno alla ricerca dei vecchi esemplari ed alla loro rivalorizzazione. Capita di vederli agli ingressi di prestigiosi resort turistici, nelle corti di tante ville signorili, presso giardini e aree esterne.

 

Il Gallo

Protagonista indiscusso della decorazione delle ceramiche pugliesi, lo si può ritrovare su moltissimi oggetti di uso quotidiano, la maggior parte dei quali da usare a tavola durante i pasti. La storia ha origini antichissime e straordinarie e vede nel gallo il simbolo della figura di Mercurio, divinità che rappresenta il commercio, il guadagno, l’eloquenza. Il gallo viene quindi identificato come animale sacro, il quale oltre a rappresentare Mercurio può essere ricondotto ad altre importanti simbologie. Esso infatti viene considerato quasi come animale domestico, in grado di poter allontanare dalla propria abitazione tutte le energie negative e le malignità. Ultima, ma non meno importante, caratteristica del famoso galletto pugliese è quella di essere considerato un simbolo di fertilità.

 

Il legame tra la ceramica salentina e l'architettura è particolarmente forte. Sin dall'epoca barocca, le maioliche e i pannelli decorativi in ceramica sono stati utilizzati per abbellire chiese, palazzi e abitazioni nobiliari. La ceramica è diventata un elemento distintivo del Barocco leccese, con i suoi colori vivaci e i motivi ornamentali che arricchiscono le facciate degli edifici.

Anche nell'architettura contemporanea, la ceramica salentina continua a svolgere un ruolo importante. Architetti e designer scelgono spesso materiali ceramici per le loro qualità estetiche e funzionali, come la resistenza e la facilità di manutenzione. Le piastrelle in ceramica vengono impiegate sia negli interni che negli esterni, creando continuità tra la tradizione e le nuove tendenze dell'architettura sostenibile.

 

La ceramica salentina, con le sue radici antiche e la sua continua evoluzione, rappresenta un simbolo della cultura e dell'identità del Salento. Il suo rapporto con l'architettura e l'uso attuale testimoniano la capacità di questa tradizione di rinnovarsi e adattarsi ai tempi, pur conservando la sua autenticità. Il futuro della ceramica salentina sembra luminoso, con nuove generazioni di artigiani pronte a portare avanti questa eredità con passione e creatività.