Guida Illuminante: Esplorando il Fascino dei Fari

I fari si ergono imponenti a guardia dei mari, resistendo anche alle peggiori mareggiate, e hanno da sempre catturato l’immaginario collettivo. È incredibilmente suggestivo osservare dal basso un faro arroccato che si affaccia sul mare. Solletica l’idea di visitarlo, arrampicandosi su centinaia di gradini per ammirare, una volta in cima, un panorama mozzafiato che si perde all’orizzonte, dove mare e cielo si fondono.

 

Icone di Design e Architettura

Oggi molti fari sono in disuso e sono diventati patrimonio artistico e culturale da preservare, opere di architettura e di ingegno, alcuni costituiscono dei veri e propri capolavori, in quanto i fari non sono solo utili strumenti di navigazione, ma sono anche spettacolari esempi di design e architettura. Dalle maestose torri di granito dei fari europei alle eleganti strutture di ferro battuto dei fari americani, ciascun faro porta con sé una storia unica e un fascino senza tempo. Ogni dettaglio, dalle scale a chiocciola che si arrampicano verso la cima agli intricati sistemi di ingranaggi che regolano le lampade, è una testimonianza dell'ingegno umano e dell'abilità artigianale.

 

Tesori Storici

Tuttavia, anticamente, la salvezza dei naufraghi e dei villaggi era affidata a loro e ai loro guardiani. In caso di attacchi dal mare, fungevano anche da torri costiere e i guardiani, come sentinelle negli avamposti, erano i primi a poter dare l’allarme. In origine, i fari erano semplici falò o torce tenute accese per segnalare le zone di sbarco.

Ci sono testimonianze che risalgono molto indietro nel tempo a raccontare il mito dei fari. Virginia Woolf, nel suo romanzo del 1927 "Gita al Faro", li descrive così: «Il Faro era allora una torre argentea, nebulosa, con un occhio giallo che si apriva all’improvviso e dolcemente la sera». Omero, nel XIX libro dell’Iliade (VIII secolo a.C.), paragona lo sfavillio dello scudo del grande Achille a «uno di quei fuochi che dalle alture rendono sicura la via ai naviganti».

I fari diventano un vero mito con gli antichi autori. Ovidio, nelle "Eroidi", una raccolta di 21 lettere d’amore o di dolore immaginate come scritte da famose eroine ai loro mariti o amanti.

Quando, nel 1200, i Fenici arrivarono nel Mediterraneo con la necessità di incrementare il commercio marittimo, nacque il bisogno di protrarre i tempi della navigazione anche durante la notte. Così, si improvvisò la costruzione di impalcature a torre lungo le coste, dove venivano posizionate delle ceste con falò, sorvegliate da uomini incaricati di mantenere il fuoco acceso.

I primi due mirabili fari dell'antichità risalgono al 300 a.C. Uno di essi è il Colosso di Rodi, una gigantesca statua di bronzo alta trentadue metri situata all'ingresso del porto di Mandraki. Rappresentava il dio Helios, protettore di Rodi, che recava nella mano destra un faro. Rimase a guardia dell'isola per sessantasette anni, prima di essere distrutto da un terremoto.

Lighthouse at the waterfront, Alexandria, Egypt

Il secondo faro è il Faro di Alessandria, che rimase funzionante fino al IX secolo, prima di essere anch'esso distrutto da terremoti. Fu costruito per aumentare la sicurezza del traffico marittimo, reso pericoloso dai banchi di sabbia all'ingresso del porto di Alessandria. Il faro sorgeva sull'isola di Pharos (Faro), da cui prende il nome. Era costituito da un alto basamento quadrangolare che ospitava le stanze degli addetti e le rampe per il trasporto del combustibile. Sopra il basamento si ergeva una torre ottagonale, seguita da una costruzione cilindrica sovrastata da una statua di Zeus, poi sostituita da quella di Helios. La costruzione del faro permetteva di segnalare la posizione del porto alle navi di giorno, con l'uso di speciali specchi di bronzo lucidato che riflettevano la luce del sole, e di notte, con l'accensione di fuochi. Si stima che la torre fosse alta 134 metri e visibile a 48 km di distanza. Vista la sua utilità, si cominciarono a costruire fari in molti altri luoghi del Mediterraneo.

Successivamente, anche i Romani diffusero in tutte le loro conquiste imperiali la costruzione di torri di pietra con il fuoco in cima. Queste torri furono adottate anche dalle quattro Signorie delle Repubbliche marinare in Italia, situate vicino ai porti. Dopo il crollo dell'Impero Romano, i campanili dei monasteri costruiti in cima alle rocche assunsero questa funzione, soprattutto nel nord Europa. Durante il Rinascimento e l'epoca barocca, nacquero in Francia e in Inghilterra, all'ingresso della Manica, fari meravigliosi simili a castelli, situati in mezzo al mare ma poco funzionali.

Tra la fine del 1700 e il 1800, i fari assunsero la connotazione che conosciamo oggi. Il Faro di New York, donato dalla Francia agli Stati Uniti e conosciuto come la famosa Statua della Libertà, fu il primo faro degli Stati Uniti, gestito dal servizio fari americano, e rimase in funzione fino al 1902. Fu anche il primo faro ad essere elettrificato, alla fine del 1800.

Prima dell'avvento del petrolio e poi dell'elettricità, le sostanze usate per alimentare i fuochi dei fari erano svariate: legna, carbone, candele di spermaceti (la materia grassa che si trova all’interno del cranio dei capodogli e che brucia senza fare fumo), olio di balena e di oliva, a seconda delle latitudini.

Si può dire che, in tutto il mondo, non esistono due fari uguali. Ognuno possiede le sue peculiari caratteristiche. Il loro aspetto esteriore serve a identificarli da lontano durante il giorno, mentre di notte la loro luce invia segnali distintivi: luce – eclissi, eclissi – luce, con una frequenza specifica che permette di riconoscere la struttura nel buio. Nei portolani, i manuali che si portano a bordo e che indicano tutte le informazioni sulle coste e i loro pericoli, ogni faro è descritto con la sua particolare luce.

 

Le sentinelle del Salento

Nella penisola italiana, con una costa di circa 7458 km, ci sono fari bellissimi con storie affascinanti, molti dei quali sono diventati mete turistiche molto ricercate.

La regione che in assoluto vanta le location più ricche di fascino, nonché quelle più ricercate dai turisti è la Puglia, con il Faro di Punta Palascìa a Otranto e quello di San Cataldo a Lecce, considerati i due tra i più belli d’Italia; e quelli di Santa Maria di Leuca e dell’isola di Sant’Andrea a Gallipoli, rinomati per la loro altezza, che fanno tutti parte del Salento.

 

Il faro di Punta Palascìa

Il faro di Punta Palascìa è sicuramente il più rinomato, non solo a livello nazionale ma anche internazionale: è uno dei 5 fari del Mediterraneo tutelati dalla Commissione Europea.

Costruito nel 1867 sui resti di una precedente torre di avvistamento, è alto 32 metri e si erge su un promontorio roccioso, a strapiombo sul mare, nel punto più ad Est d’Italia, meglio noto come Capo d’Otranto.

Talvolta, se si è fortunati, si riescono anche a scorgere in lontananza le montagne dell’Albania, che rendono il panorama, di per sé mozzafiato, ancora più magico.

Il faro, gestito dalla Marina Militare Italiana e adibito a stazione metereologica, restò in funzione fino agli anni ’70 del 1900, dopodiché venne abbandonato. A partire dagli anni 2000 fu sottoposto ad un intervento di recupero; dal 2005 è tornato a rischiarare, con la sua luce, l’oscurità delle notti idruntine.

Al suo interno, una scala a chiocciola composta da 150 scalini conduce fino in cima, dove è custodito il gioiello del faro: la sua lanterna. Quest’ultima proviene direttamente da Parigi e reca la firma di Augustine-Henry Lepaute, allievo prediletto del celebre ingegnere francese Gustave Eiffel.

Costruita nel 1884, emette un segnale luminoso visibile fino a 18 miglia nautiche e sino agli anni ’60 ad alimentarla era il petrolio; adesso invece, una cellula solare.

Ai piedi del faro, una struttura che, per anni, ha fatto da dimora a coloro ai quali era affidata la custodia del luogo, i guardiani.

A poca distanza è stato inoltre allestito il Museo Multimediale del Mare, all’interno del quale è possibile scoprire la flora e la fauna tipiche del territorio.

 

Il Faro di San Cataldo

Ciò che invece rende unico e inestimabile il faro di San Cataldo è il luogo che lo ospita: un’insenatura a dici chilometri dalla città di Lecce, che conserva i resti di un antico molo voluto dall’imperatore Adriano nel II secolo d.C e che, proprio per questo, prendeva il nome di “Porto Adriano”, al tempo in cui la città di Lecce era una colonia romana denominata ' Lupiae '.

Il suo nome attuale secondo la leggenda deriva da un monaco irlandese che tornando da Gerusalemme naufragò in quest'area e si salvò miracolosamente. Il faro è costituito da una torre di forma ottagonale alta poco più di 23 metri a da una struttura in muratura che in origine era destinata ad alloggio dei fanalisti e magazzino, oggi sede dell’ufficio marittimo locale. Il suo fascio luminoso è visibile fino a 5 miglia.

La costruzione di un faro a San Cataldo fu proposta nel 1863 dal Consiglio Provinciale di terra d'Otranto al Ministero dei Lavori Pubblici. Il primo progetto fu presentato nel 1865, e in attesa della costruzione del faro, attivato nel 1897, fu installato un fanale provvisorio sopra un fabbricato comunale.

 

Il Faro di Santa Maria di Leuca

Anche il secondo faro più alto d’Europa è forma ottagonale, e si tratta dell’imponente faro di Santa Maria di Leuca, che con i suoi 47 metri di altezza si innalza sulla sommità di Punta Meliso, a pochi passi dalla Basilica “de Finibus Terrae”.

A progettarlo fu l’ingegnere Achille Rossi nel 1864, lì dove in precedenza sorgeva un’antica torre saracena.

La sua lanterna, in funzione dal 1866, presenta un diametro di 3m, è formata da 16 lenti, di cui 6 libere e 10 oscurate. Queste lenti proiettano fasci di luce bianca visibili fino a 50 km di distanza a cui si alternano fasci di luce rossa che segnalano ai naviganti le pericolose secche del mare di Ugento.

All’interno della struttura ci sono 4 alloggi di cui 3 sono utilizzati dai fanalisti ed uno è adibito a camera di ispezione, sala motori e sala radiofaro.

Per raggiungere la sommità del faro occorre percorrere una scala a chiocciola, composta da 254 scalini. Ma una volta lasciatosi alle spalle anche l’ultimo gradino, la vista che ci si trova davanti fa dimenticare qualsiasi fatica: il blu del mare che abbraccia l’azzurro del cielo, e se si è un po’ fortunati, le coste dell’isola di Corfù e le montagne dell’Albania che spuntano all’orizzonte.

 

Il Faro di Sant’Andrea

Altrettanto incantevole è il paesaggio che fa da sfondo al faro sull’isola di Sant’Andrea, paradiso naturale incontaminato di circa cinquanta ettari distante da Gallipoli solo pochi chilometri.

Alto 46 metri e acceso per la prima volta nel 1866, il faro è rimasto in stato di abbandono per molti anni; recentemente ristrutturato, dal 2005 ha ripreso ad illuminare le acque ioniche con la sua lanterna, in grado di raggiungere una distanza di 20 miglia.

A infrangere il silenzio che regna sull’isola, oggi completamente disabitata, solo il rumore delle onde del mare.

Lo stesso mare che ogni notte assiste al risveglio di questi giganti buoni, pronti a vegliare, ciascuno dalla propria postazione, sulla vita di quanti si trovano, per un motivo o per un altro, a solcare le sue acque.

 

Alto circa 46 metri, il faro dell’Isola di Sant’Andrea è tra i più alti d’Europa, sebbene la scarsa altitudine dell’isola, che non supera i 3 metri sopra il livello del mare, possa trarre in inganno. Nota sin dai tempi del Regno di Napoli con il nome messapico di Achtotus, ovvero terra arida, l’isola venne intitolata a Sant’Andrea nel 1591, per via di una cappella bizantina dedicata al santo.

Ai piedi del faro, un brulicante universo vive indisturbato, senza l’ingombrante presenza umana. I circa cinquanta ettari di terra dell’isola, parte del Parco Naturale Regionale Isola di Sant’Andrea e Litorale di Punta Pizzo, ospitano colonie di conigli selvatici e l’elegante gabbiano corso, che ha scelto l’isola come unico sito di nidificazione in Italia, uno scenario arido e scoglioso, ma rinfrescato dalla presenza di giunchi e dalla salicornia. Lontana circa un miglio dalla terraferma, l’isola ha un ecosistema completamente diverso e unico, che le permette di offrire un riparo a cicogne e aironi durante le migrazioni e popolarsi di gamberi e altri molluschi nei tanti laghetti che s’infiltrano spontaneamente tra le rocce.

Una meravigliosa oasi naturale, riconosciuta quale habitat naturale di importanza comunitaria e individuata come area naturale protetta da una legge regionale della Puglia del 1997, qualificata di particolare interesse storico e artistico dal Ministero per i beni e le attività culturali.

Abbandonato ai flutti e alle mareggiate fino al 2005, il faro è stato ristrutturato ma oggi nessun guardiano lo abita. La lanterna di Gallipoli è automatica e l’isola stessa non è accessibile né disponibile per ormeggi e sbarchi non preventivamente concordati con la Capitaneria di Porto.

 

Conclusioni

In conclusione, i fari non sono solo monumenti storici o semplici strumenti di navigazione; sono simboli di perseveranza umana, bellezza architettonica e connessione con il mare.

Attraverso la loro presenza imponente e le loro storie affascinanti, i fari continuano a incantare e ispirare coloro che li visitano, offrendo un'opportunità unica di scoprire l'incanto del mondo marittimo.