Le Pietre Raccontano: i Muretti a Secco del Salento, Storia e Resilienza nel Paesaggio

I muretti a secco, caratteristici del paesaggio salentino, rappresentano una tradizione che affonda le sue radici in tempi antichi. Queste strutture, realizzate senza l’uso di malta, sono un esempio straordinario di architettura rurale, simbolo di un passato ricco di storia e cultura. In questo articolo esploreremo le origini, l'evoluzione e l'utilizzo attuale dei muretti a secco nel Salento.

 

Le prime testimonianze dei muretti a secco nel Salento risalgono all’epoca pre-romana, e i muri di questo periodo presentano una struttura a blocchi squadrati poggiati orizzontalmente.

Le popolazioni locali, i Messapi, iniziarono ad adoperarli per proteggere le loro coltivazioni dai pascoli, per marcare il confine tra una proprietà e l’altra, come recinto di piccole dimensioni per gli animali (ncurtaturi), oppure li costruivano lungo la costa per difendere le colture dagli agenti atmosferici.

Le tecniche costruttive venivano tramandate di generazione in generazione, migliorandosi e adattandosi nel tempo, e nacque un vero e proprio “mestiere” tramandato di padre in figlio, il cosiddetto “paritaru” (“parite” in dialetto salentino significa muro).

Attualmente la testimonianza più significativa di queste antiche mura si trova nel Salento settentrionale, nel “Il parco archeologico delle Mura messapiche”, che si estende per 150 000 m² a nord-est del comune di Manduria. Al suo interno sono conservati ampi tratti della triplice cerchia di mura che in età messapica circondava la città.

 

Durante il periodo romano, la pratica della costruzione di muretti a secco si diffuse ulteriormente. Sull’esempio delle civiltà che li precedettero, i Romani adottarono più di una tecnica costruttiva (opus, in latino) a secco, ma quella maggiormente diffusa nel Salento è l’opera poligonale (opus siliceum). La tecnica di costruzione prevede la composizione di un banco di roccia disposto da due file parallele di grosse pietre, in seguito vengono aggiunte altre due file di pietre di minori dimensioni e convergenti verso l’alto e riempiti gli spazi vuoti con altro materiale più sottile. Le file vengono quindi legate da altre lastre di pietra più grosse, stavolta inserite di taglio. Anche in questo caso gli spazi sono riempiti da materiale. Per terminare il tutto, vengono chiuse le fessure rimanenti nelle facciate inserendo schegge di pietre.

I Romani, esperti ingegneri, riconobbero l’efficacia di queste strutture nel contenimento del terreno e nella delimitazione delle aree agricole.

Nel Medioevo, i muretti a secco continuarono a essere utilizzati soprattutto per la creazione di terrazzamenti sui terreni collinari, per prevenire l'erosione del suolo e facilitare la coltivazione, e anche per costruire sistemi di canalizzazione delle acque piovane, migliorando l'irrigazione dei campi. Queste strutture, inoltre, erano molto utili nell’allevamento degli animali, e le mura aggettanti, oltre a recintare le loro corti, erano invalicabili da lupi, volpi e abigeatari, oltre a garantire la possibilità di risparmio sulla manodopera per la custodia degli animali, allevandoli in uno stato semibrado.

 

Durante il Rinascimento, un periodo di grande espansione e innovazione in molteplici settori, anche l'agricoltura subì significativi cambiamenti. Questa epoca, caratterizzata dalla riscoperta dell'antichità e da un crescente interesse per la scienza e la tecnica, influenzò profondamente il modo in cui venivano gestiti e strutturati i paesaggi agricoli. Nel Salento, i muretti a secco divennero ancora più diffusi e vitali per l'economia agricola, rispondendo a nuove esigenze produttive e ambientali. Con l'espansione dell'agricoltura e l'aumento delle esigenze produttive, queste strutture si rivelarono essenziali non solo per la delimitazione dei terreni e il controllo dell'erosione del suolo, ma anche per l'integrazione armoniosa nel paesaggio rurale.

 

Il ventesimo secolo vide un parziale abbandono dei muretti a secco, a causa della meccanizzazione dell’agricoltura e dell’urbanizzazione crescente. Con l'introduzione di macchine agricole moderne, il modo in cui veniva coltivata la terra cambiò radicalmente, in quanto le macchine pesanti, richiedevano spazi ampi e privi di ostacoli per funzionare in modo efficace, e quindi molti muretti a secco furono abbattuti o distrutti. Questo cambiamento comportò anche una perdita delle tecniche tradizionali di coltivazione e della conoscenza associata alla costruzione e manutenzione dei muretti a secco.

Anche Il crescente sviluppo urbano e l'espansione delle aree residenziali e industriali influirono significativamente sul paesaggio salentino, perché con l’espansione urbana le aree rurali furono spesso convertite in zone urbane o residenziali, portando alla demolizione di muretti a secco per fare spazio a nuove costruzioni. Molti muretti, inoltre, rimasero abbandonati e in stato di degrado, poiché le comunità rurali si trasferirono verso le città e le aree periurbane.

Negli ultimi decenni del ventesimo secolo c’è stato un cambio di tendenza, e si è assistito a un crescente riconoscimento dell'importanza culturale e paesaggistica dei muretti a secco. Storici, archeologi e ambientalisti hanno cominciato a evidenziarne il valore storico e culturale come parte integrante del patrimonio rurale del Salento. Si è iniziato, inoltre, a comprendere quanto i muretti a secco contribuiscano alla bellezza e all'unicità del paesaggio salentino, offrendo un elemento distintivo che arricchisce la vista e la comprensione del territorio.

 

Tutto ciò ha portato, oggigiorno, a un rinnovato interesse per la loro conservazione, con significative conseguenze. Oggi, infatti, i muretti a secco del Salento sono riconosciuti come patrimonio culturale di grande valore. Nel 2018, l'arte dei muri a secco è stata iscritta nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'UNESCO, un riconoscimento che ha dato nuova linfa agli sforzi di conservazione e restauro. Le tecniche tradizionali vengono ora insegnate alle nuove generazioni, garantendo la continuità di questa arte antica.

Inoltre, i muretti a secco sono sempre più apprezzati per il loro impatto ambientale positivo. Oltre a prevenire l’erosione del suolo, essi favoriscono la biodiversità, offrendo rifugio a numerose specie di flora e fauna, ovvero un vero e proprio “corridoio ecologico” che permette la veicolazione di una microfauna ricca di insetti, rettili ed anfibi che operano spontaneamente, in modo sinergico all’agricoltura umana, al mantenimento di un ambiente sano e privo di parassiti. Gli interstizi ne divengono dimora e nascondiglio. I muretti a secco, con la vegetazione spontanea che cresce tra le pietre o a ridosso dei muri stessi, costituiscono un importante ecosistema. In loro corrispondenza si crea un microclima particolare, favorevole alle piante mediterranee che possono così, grazie alla maggiore disponibilità idrica, superare la crisi estiva.

In particolar modo, riguardo a quest’ultimo aspetto, è degno di nota il Progetto “L’Orto dei Tu’rat" – Storia di un’acqua spremuta dalla pietra”, fa parte del Parco culturale/agricolo/ecologico a Ugento (Lecce). “L’Orto dei Tu’rat attualmente si stende su un’area di 16.000 mq, e sii tratta di un tipo di sbarramento/drenaggio di origini antichissime, risalente a circa 9000 anni fa e adottato in Medio Oriente. Dal 2008 una costruzione apparentemente banale, modellata con pietra a secco a forma di mezzaluna e disposta in modo da captare nella sua parte concava i venti umidi di Libeccio, fa condensare sulla sua superficie spiovente l’acqua in essi contenuta. Per le popolazioni agricole delle aree mediterranee caratterizzate da climi desertici, con notevoli sbalzi termici dal giorno alla notte, era un sistema efficace di irrigazione della vegetazione coltivata immediatamente ai suoi piedi. Si tratta di un ottimo esempio di architettura bioclimatica, che sfrutta fenomeni passivi, evitando il dispendio di energie non rinnovabili.

Anche nel settore turistico, i muretti a secco svolgono un ruolo cruciale nel preservare l'autenticità e il fascino del paesaggio salentino, fungendo da magnete per visitatori in cerca di un'esperienza genuina. Queste antiche strutture, che punteggiano il territorio con la loro eleganza rustica, offrono uno scorcio della tradizione e della cultura locale, attirando turisti desiderosi di esplorare e apprezzare la bellezza incontaminata e la ricca storia della regione. I muretti a secco non solo arricchiscono visivamente il paesaggio, ma evocano anche un senso di continuità e di connessione con le radici storiche del Salento, rendendo ogni visita un viaggio nel tempo e un'immersione nella cultura autentica del territorio.

 

I muretti a secco nel Salento sono molto più di semplici strutture di pietra; rappresentano un autentico simbolo di resilienza, ingegno e creatività delle comunità locali. Queste strutture, nate dalle mani esperte di artigiani che lavoravano con pietre raccolte dai campi, sono testimoni di una tradizione millenaria che ha saputo adattarsi e prosperare attraverso secoli di trasformazioni storiche e sociali. Dalle loro origini antiche, quando servivano a delimitare i terreni e a gestire le risorse naturali, fino ai giorni nostri, i muretti a secco hanno saputo mantenere intatta la loro funzione e il loro fascino. Ogni pietra, posata con cura e precisione, narra una storia di adattamento e di armonia con l'ambiente, riflettendo la capacità delle popolazioni locali di rispondere alle sfide del tempo senza compromettere la loro essenza.

"Ogni petra azza parite" (ogni pietra contribuisce a costruire un muro), o "Ogni pietra ha la sua storia", è un’espressione salentina che racchiude l’essenza e il significato profondo delle strutture di pietra. Questa frase dialettale, intrisa di saggezza popolare, non si limita a descrivere un aspetto materiale, ma evoca una connessione più profonda tra le pietre e le storie che raccontano.

Oggi, come nel passato, questi muretti continuano a essere molto più che semplici elementi del paesaggio: sono custodi della memoria storica e della cultura del Salento, unendo il passato al presente e contribuendo in modo significativo alla preservazione dell'identità e della bellezza di un territorio unico. La loro presenza silenziosa ma potente arricchisce il paesaggio, trasformandolo in un palcoscenico dove la storia, la cultura e la natura si intrecciano in un affascinante racconto di resilienza e continuità.