Castrum Minervae: l’archeologia del Salento che conquista l’attualità e l’estero

Nella incantevole cittadina di Castro si conserva una delle più straordinarie eredità della civiltà greca e romana in Italia: il santuario di Minerva, noto anche come Athenaion. Questo luogo leggendario, descritto da Virgilio nel terzo libro dell’Eneide, unisce mito e storia, cultura e spiritualità, in un connubio che racconta secoli di devozione e incontri tra popoli del Mediterraneo. Grazie agli scavi archeologici condotti nell’ultimo ventennio, Castro è tornata a brillare come crocevia di storie, leggende e arte, attirando studiosi, turisti e appassionati da tutto il mondo.

 

La Connessione con Virgilio e il Mito di Enea

Virgilio, nell’Eneide, ci regala un'immagine poetica e simbolica del santuario di Minerva: un tempio posto su un promontorio, intravisto da Enea e dai suoi compagni mentre cercano rifugio dopo la distruzione di Troia. Quel promontorio, identificato dagli archeologi con il sito di Castro, rappresentava non solo una guida per i marinai, ma anche un punto di accesso spirituale e culturale all'Italia. Secondo il mito, Minerva, protettrice della sapienza e della strategia, era venerata qui dai troiani che riconoscevano in lei un simbolo di speranza e rinascita.

 

Il porto di Castrum Minervae, che si affaccia sul Canale d’Otranto, era cruciale per le rotte marittime che collegavano l’Adriatico al Mediterraneo orientale. Questo luogo, quindi, non era solo un punto di approdo, ma anche un crocevia di culture: dai Greci ai Messapi, fino ai Romani, ogni civiltà ha lasciato il suo segno, trasformando il santuario in un centro di culto e commercio unico nel suo genere.

 

Gli Scavi e le Scoperte Straordinarie

La riscoperta del santuario è stata resa possibile dagli scavi archeologici avviati nel 2007 sotto la direzione del prof. Francesco D’Andria. Le indagini hanno portato alla luce un patrimonio di inestimabile valore: frammenti di ceramica, strumenti votivi, altari e, soprattutto, statue monumentali che hanno confermato l’importanza di Castro nel mondo antico.

Tra i reperti più affascinanti si annovera una statuetta in bronzo di Athena, rinvenuta nei primi anni degli scavi. Questa statuetta, caratterizzata da un elmo frigio, collega simbolicamente il santuario con il mito troiano. La statuetta presenta un copricapo frigio, a chiara denuncia dell’ispirazione iconografica orientale. D’altronde, il primo insediamento messapico gravitava nell’area influenzata da Taranto, colonia spartana. Solo in età romana, la località messapica inizialmente denominata – con buona probabilità – Lik, sarebbe stata rinominata Castrum Minervae. L’antico nome di Castro, Lik, trova una conferma nella cosiddetta mappa di Soleto, un frammento a vernice nera che costituisce la più antica mappa geografica occidentale proveniente dall’antichità classica, attualmente conservata nel Museo archeologico nazionale di Taranto e raffigurante il sud del Salento. Vi si leggono chiaramente l’indicazione del Golfo di Taranto e la posizione della città di Otranto (Hydruntum).

Ma è stata la scoperta del busto monumentale di Athena, nel 2015, a consacrare Castro come un sito archeologico di rilevanza internazionale. La statua, originariamente alta più di tre metri, era realizzata in pietra leccese, un materiale tipico del Salento, utilizzato per le sue caratteristiche di facile lavorazione e resistenza nel tempo.

Accanto a queste scoperte, sono emersi frammenti di altre statue, tra cui piedi di marmo e basi decorate, oltre a un altare risalente al IV secolo a.C., che testimonia i sacrifici animali offerti in onore di Minerva. Questi reperti, insieme a strumenti cerimoniali e oggetti in avorio, raccontano di un’intensa attività religiosa che ha attraversato i secoli.

 

Il Santuario di Minerva: Faro di Cultura e Spiritualità

Il santuario di Minerva non era solo un luogo di culto, ma anche un simbolo di integrazione culturale. La sua posizione strategica, su un promontorio che domina il mare, ne faceva un punto di riferimento per marinai e mercanti, ma anche per pellegrini che viaggiavano da ogni parte del Mediterraneo. I Romani, riconoscendo l'importanza di questo luogo sacro, lo integrarono nella loro rete di templi, restaurandolo e arricchendolo con elementi architettonici e artistici.

La statua di Athena, in particolare, rappresenta un esempio straordinario dell'arte greca e della sua influenza nel Salento. Gli studiosi ritengono che essa sia stata opera di scultori tarantini, noti per la loro maestria nell'arte monumentale. L’utilizzo della pietra leccese conferma inoltre l’esistenza di una rete locale di artigiani altamente specializzati, capaci di creare opere di grande bellezza e complessità.

 

Il Museo e il Futuro del Parco Archeologico

Oggi, i reperti scoperti a Castro sono custoditi nel Museo Archeologico di Castro, situato nel Castello Aragonese. Questo museo offre ai visitatori un viaggio affascinante attraverso i secoli, grazie all'esposizione di reperti votivi, frammenti di statue e la ricostruzione della statua di Athena. Nel 2019, una copia della statua è stata esposta in una mostra internazionale “I doni degli Dei. L’Apulia felix tra greci, indigeni e romani” a Nanchino, in Cina, riscuotendo un grande successo e portando il Salento sotto i riflettori globali.

Il futuro del sito è altrettanto promettente. Grazie ai finanziamenti regionali e nazionali, il parco archeologico di Castro sarà presto accessibile al pubblico. Qui, i visitatori potranno passeggiare tra i resti del santuario e immergersi nella storia di questo luogo magico, accompagnati da percorsi multimediali e ricostruzioni virtuali che racconteranno la vita del santuario nel periodo greco e romano.

 

Un Patrimonio da Scoprire e Valorizzare

Il santuario di Minerva a Castro rappresenta una finestra sul passato, un luogo in cui mito e realtà si incontrano per raccontare la storia del Salento come crocevia di culture, religioni e popoli. Grazie al lavoro instancabile degli archeologi e al supporto delle istituzioni, questo sito continua a regalare scoperte e a ispirare nuove ricerche. Visitare Castro oggi significa immergersi in un viaggio senza tempo, riscoprendo le radici di una terra che, da sempre, si erge come ponte tra Oriente e Occidente.


L’Anfiteatro Romano di Lecce: un Tesoro da Risvegliare

Lecce, soprannominata la "Firenze del Sud", è una città che incanta con il suo barocco splendente e il fascino delle sue antiche pietre. Tuttavia, dietro la sua immagine di capitale del barocco, si cela una storia ancora più profonda e antica: quella della romanità. La recente emersione di una porzione interrata dell’anfiteatro romano, avvenuta durante i lavori di pavimentazione in Piazza Sant’Oronzo, ha riacceso i riflettori su questo gioiello nascosto, portando alla luce non solo frammenti di un passato remoto, ma anche interrogativi sul futuro della città. Non si tratta solo di un recupero archeologico: si tratta di riscoprire l’identità di Lecce, che con il sito archeologico di Rudiae e altri tesori romani si pone come un centro culturale di portata globale, un unicum che può essere paragonato soltanto a Roma.

Costruito tra il I e il II secolo d.C., l’anfiteatro romano di Lecce è una delle testimonianze più importanti della romanità di Lupiae, l’antico nome della città. Si ritiene che la sua costruzione sia avvenuta per volere dell’imperatore Augusto come segno di gratitudine verso una città che lo accolse durante le guerre civili. Questa struttura, un tempo capace di ospitare tra i 12.000 e i 14.000 spettatori, era un centro nevralgico della vita pubblica e ospitava spettacoli di caccia, giochi gladiatori e cerimonie pubbliche.

L’anfiteatro, oggi visibile solo in minima parte, è un capolavoro di ingegneria. La sua struttura ellittica, scavata direttamente nel banco di pietra leccese, utilizzava un misto di tecniche costruttive: opera cementizia, opera quadrata e un raffinato sistema di scale per accedere ai vari settori. Il muro esterno, originariamente composto da 68 arcate, è oggi visibile solo per 24 pilastri, ma testimonia la grandezza dell’opera. Nel corso del tempo, l’anfiteatro fu arricchito, probabilmente in età adrianea, con un portico al secondo piano e rilievi scolpiti con scene di caccia.

L’anfiteatro non è un caso isolato: Lecce vanta un’eredità romana unica, con due teatri (incluso quello recentemente scoperto a Rudiae), due anfiteatri e due porti di epoca augustea. Questa concentrazione di testimonianze rende la città un vero e proprio museo a cielo aperto, in grado di raccontare una storia millenaria che merita di essere vissuta e apprezzata appieno.

La recente visita del sindaco Adriana Poli Bortone al ministro della Cultura Alessandro Giuli rappresenta un momento chiave per il futuro dell’anfiteatro. Durante l’incontro, il ministero ha confermato l’assegnazione di fondi per proseguire gli scavi e rendere visibili porzioni ancora sommerse del monumento. È stato inoltre istituito un tavolo tecnico, con la partecipazione di esperti come il professor Francesco D’Andria, per pianificare interventi che non si limitino alla semplice conservazione, ma puntino alla valorizzazione dell’intero sito.

Le idee per il futuro sono ambiziose: si parla di una musealizzazione innovativa, che utilizzi materiali trasparenti o segnali interattivi per evidenziare le tracce archeologiche, integrandole nella pavimentazione moderna. Tecnologie di realtà aumentata potrebbero far rivivere la città romana sovrapponendola alla Lecce contemporanea, offrendo ai visitatori un’esperienza immersiva che colleghi passato e presente in modo unico.

La valorizzazione dell’anfiteatro comporta sfide significative. Riaprire gli scavi e ampliare l’area visibile richiede una riorganizzazione degli spazi urbani, con soluzioni che minimizzino l’impatto sulla vita quotidiana della città. Tra le proposte innovative, spicca quella di un ponte sospeso per collegare Piazza Sant’Oronzo a Via Giuseppe Verdi, dimostrando come storia e modernità possano convivere in armonia.

Scoperto agli inizi del Novecento grazie agli studi di Cosimo De Giorgi, l’anfiteatro è riconosciuto come monumento nazionale dal 1906. Eppure, la sua piena riscoperta potrebbe trasformare Lecce in un epicentro culturale e archeologico, aumentando il suo prestigio a livello internazionale.

Un’efficace valorizzazione dell’anfiteatro e degli altri siti romani potrebbe rappresentare una svolta per il turismo culturale di Lecce. Oggi conosciuta per il suo barocco, la città potrebbe espandere la propria offerta puntando sulle sue radici messapiche e romane. Nuovi flussi turistici, attratti da esperienze innovative e diversificate, potrebbero contribuire a un’economia più sostenibile, incentrata su un turismo consapevole.

Progetti come “Toccare per Credere”, che rendono il patrimonio accessibile anche ai non vedenti attraverso miniature 3D, dimostrano come la cultura possa essere resa inclusiva, arricchendo il valore del patrimonio storico di Lecce.

La riscoperta dell’anfiteatro romano di Lecce non è solo un’opportunità per riportare alla luce un pezzo di storia, ma una vera e propria chiamata all’azione per l’intera comunità. Lecce ha la possibilità di ridefinire la propria identità, abbracciando le sue radici millenarie e andando oltre la sua immagine di capitale del barocco. Come ha dichiarato il sindaco Poli Bortone: *“È la storia, bellezza. Coraggio: non si può fare altro.”*
Un futuro ricco di storia e innovazione attende Lecce, pronta a risplendere ancora una volta al centro della scena mondiale.