Il Salento che segna il tempo: storia e bellezza degli orologi

Nella splendida terra del Salento, ricca di storia e tradizioni, gli orologi non sono solo strumenti per misurare il tempo, ma autentiche testimonianze del passato. Da secoli, torri e campanili adornati da quadranti maestosi scandiscono il ritmo della vita quotidiana, rappresentando un legame profondo tra il territorio e le sue comunità. Realizzati da abili maestri orologiai o integrati in architetture straordinarie, questi orologi riflettono un patrimonio culturale che coniuga funzionalità, bellezza e memoria storica.

Attraverso un viaggio tra i luoghi più iconici del Salento, scopriremo come questi segnatempo raccontano storie di ingegno, arte e identità, collegando passato e presente in una narrazione senza tempo.

La tradizione orologiaia del Salento si distingue per la sua singolare capacità di coniugare l'arte della misurazione del tempo con un profondo senso di identità territoriale. Oltre agli orologi monumentali che abbelliscono torri e chiese, il Salento ha visto nascere maestri orologiai di grande valore, tra cui Giuseppe Candido, una figura emblematica nel panorama dell'arte orologiaia leccese.

Giuseppe Candido, attivo tra il XIX e il XX secolo, fu uno dei più noti artigiani orologiai della regione. La sua maestria e innovazione lasciarono un segno indelebile sulla città di Lecce, dove realizzò alcuni orologi che divennero veri e propri simboli della città.

Candido si distinse anche per la realizzazione di orologi pubblici e da torre, che non solo svolgevano la loro funzione di segnare l'ora ma arricchivano gli edifici con dettagli ornamentali e meccanismi complessi. Le sue opere erano frutto di una sintesi perfetta tra la funzionalità meccanica e l’estetica, che rifletteva lo stile barocco di Lecce e la tradizione artigianale salentina.

Nella splendida Piazza Sant'Oronzo di Lecce, si erge una torre con un orologio maestoso, conosciuto come “Orologio delle Meraviglie”. Realizzato nel 1955 dall’orologiaio Francesco Barbieri, quest’opera rappresenta un mix di modernità e tradizione barocca, con dettagli che richiamano l’astrologia, i tarocchi e la simbologia salentina. Nonostante il passare degli anni, l'orologio è stato recentemente restaurato e ha riacquistato il suo antico splendore, tornando a brillare come uno dei simboli più significativi della città.

La torre civica di Nardò, con il suo orologio di precisione, regola da secoli la vita della comunità. L'orologio non è solo un segnatempo, ma una vera e propria testimonianza della capacità degli orologiai salentini di unire tecnica e arte. È uno degli esempi più significativi della storia dell'orologeria nel Salento.

Situata nella piazza principale di Galatone, la torre ospita un orologio che ha scandito il tempo per generazioni. Questa struttura è simbolo di un legame profondo tra il passato storico della città e la sua tradizione orologiaia, continuando a essere un punto di riferimento per gli abitanti.

Il campanile della Cattedrale di Sant'Agata a Gallipoli è un importante punto di riferimento della città, e al suo interno ospita sia un orologio che una meridiana. L'orologio, situato sulla facciata del campanile, segna con precisione l'ora da secoli ed è una parte fondamentale della vita cittadina. La meridiana, anch'essa parte della torre, è uno strumento antico che misura il tempo attraverso l'ombra proiettata da un gnomone sulla superficie sottostante, ed è un richiamo ai metodi tradizionali di osservazione del passaggio del tempo. Entrambi gli strumenti, l'orologio e la meridiana, rappresentano non solo la funzionalità e l’ingegno dei tempi passati, ma anche un simbolo della storia di Gallipoli, dove la misurazione del tempo si fonde con la tradizione religiosa e culturale della città.

L'orologio della sede comunale di Maglie, situato sulla facciata dell'edificio principale del municipio, è un elemento di grande valore storico e simbolico per la città. Questo orologio, che da decenni segna il tempo, rappresenta un importante punto di riferimento per la comunità locale. La sua posizione, ben visibile dalla piazza principale, lo rende un simbolo della vita cittadina e della tradizione magliese. L'orologio non solo svolge la sua funzione pratica di misurazione del tempo, ma è anche integrato nell'architettura storica del municipio, contribuendo a definire l'identità del luogo. Come molti orologi pubblici delle città salentine, anche quello di Maglie testimonia l'evoluzione della città e la centralità del comune nella vita quotidiana della comunità.

Gli orologi delle Torri Civiche di Galatina e Noha sono simboli storici e culturali delle rispettive comunità. L'orologio della Torre Civica di Galatina, costruita nel XIV secolo, ha segnato il tempo per generazioni, diventando un punto di riferimento visibile dalla città. Allo stesso modo, l'orologio della Torre Civica di Noha, situato nella frazione di Galatina, è un elemento centrale nella vita del paese, legato alla tradizione e alla storia locale. Entrambi gli orologi continuano a testimoniare il passare del tempo e a rappresentare il legame con il passato delle comunità salentine.

A Poggiardo, il campanile della chiesa ospita un orologio che è sempre stato uno degli elementi distintivi del paese. Come gli altri orologi delle torri salentine, questo orologio ha segnato la vita dei residenti, segnando il ritmo delle giornate e delle festività. La sua posizione prominente e la sua meccanica di precisione lo rendono un simbolo della tradizione locale.

L'orologio della Torre Civica di Casarano si erge sulla piazza principale, unendo la storia della città e il suo spirito comunitario. Da secoli, l'orologio scandisce la vita dei casaranesi, ed è diventato un elemento emblematico della città. La torre, con il suo orologio, rappresenta una connessione tra il passato e il presente, un simbolo di continuità per la comunità.

L'orologio della Torre di Carpignano, collocato su una delle torri medievali del paese, è un altro esempio della tradizione orologiaia salentina. Da sempre, il suo suono ha segnato l'inizio e la fine della giornata, ed è diventato un simbolo del legame tra i carpignanesi e la loro storia. Anche la Torre di Serrano ospita un orologio che da generazioni è parte della vita quotidiana della piccola comunità. Come gli altri orologi pubblici salentini, questo orologio rappresenta una parte integrante della tradizione locale e continua a mantenere vivo il ricordo del passato, segnando il passare del tempo con puntualità e precisione.

 

Gli orologi monumentali del Salento non sono semplici strumenti, ma autentici simboli che uniscono passato, presente e futuro. La loro bellezza, unita alla precisione tecnica e all’abilità degli artigiani locali, rende queste opere un patrimonio che merita di essere preservato e valorizzato. Ogni orologio racconta una storia di arte, cultura e ingegno, legando la comunità salentina alla sua storia e alle sue tradizioni.

Che si tratti di una torre che domina una piazza o di un orologio che decora un edificio storico, ogni meccanismo rappresenta un capitolo della storia salentina, scritto con l'abilità di maestri orologiai come Giuseppe Candido, la cui opera continua a vivere attraverso questi straordinari orologi che segnano il tempo con eleganza e maestria.


Le Fontane del Salento: scoprire la storia attraverso l'acqua

Le fontane hanno una storia millenaria, che affonda le radici nelle prime civiltà umane. Originariamente, erano semplici strutture destinate a fornire acqua potabile alle comunità, ma nel corso dei secoli si sono evolute in elementi architettonici e artistici di grande rilevanza.

Le prime fontane documentate risalgono alle civiltà mesopotamiche e dell'antico Egitto. Queste culture svilupparono tecniche per incanalare l'acqua dai fiumi e dalle sorgenti naturali verso le città. In Egitto, i giardini reali erano spesso adornati con fontane semplici, alimentate da canali che portavano l'acqua del Nilo. Nell'antica Mesopotamia, le fontane erano parte integrante dei giardini e delle corti dei palazzi.

Nell'antica Grecia e a Roma, le fontane erano comuni negli spazi pubblici e privati. Le fontane romane, in particolare, erano alimentate da complessi sistemi di acquedotti che portavano l'acqua dalle sorgenti montane alle città. Le fontane di Roma erano spesso monumentali, come quella nel Foro Romano, e servivano sia per fornire acqua potabile sia come elementi decorativi.

Durante il Medioevo, le fontane continuarono a essere una caratteristica comune delle città europee, spesso situate nei cortili dei monasteri e nelle piazze centrali delle città. In questo periodo, molte fontane avevano una funzione principalmente pratica, come la distribuzione dell'acqua potabile o l'irrigazione dei campi. Tuttavia, in alcune città, le fontane iniziarono a diventare anche simboli di potere e prestigio, con decorazioni elaborate e sculture religiose.

Nel Rinascimento, le fontane tornarono a essere elementi di grande valore artistico. L'Italia, in particolare, vide la costruzione di numerose fontane che combinavano ingegneria idraulica avanzata e arte. Le fontane rinascimentali, come quelle progettate da Gian Lorenzo Bernini a Roma, erano spesso adornate con sculture complesse che celebravano divinità mitologiche, figure storiche e simboli di potere.

Durante il periodo barocco, le fontane divennero ancor più teatrali e scenografiche. Le grandi fontane barocche erano spesso caratterizzate da getti d'acqua alti e complessi giochi d'acqua. Esempi emblematici di questo periodo includono la Fontana del Tritone a Roma e le fontane di Versailles in Francia.

Con l'avvento dell'era industriale, le fontane continuarono a evolversi, diventando simboli di progresso tecnologico. Le fontane moderne utilizzano spesso sistemi di pompaggio avanzati e illuminazione per creare spettacoli d'acqua che attraggono i visitatori. Oggi, le fontane sono presenti in quasi tutte le città del mondo, dalle piccole piazze ai grandi parchi urbani.

In molte culture, le fontane continuano a essere simboli di abbondanza, purezza e bellezza, e rimangono elementi centrali in molte piazze pubbliche e giardini privati.

 

Le fontane nel Salento

Le fontane nel Salento, pur non essendo numerose come in altre regioni italiane, rappresentano elementi significativi del patrimonio culturale e artistico locale, spesso legati a funzioni pratiche e simboliche.

A tal riguardo Lecce è oggetto di un detto di origine borbonica, ed è chiamata “La città senza fontane”, che riflette l'ironia e il paradosso legato a un luogo famoso per la sua architettura barocca e le sue numerose fontane decorative, ma con scarse risorse idriche. Nonostante la presenza di numerose fontane, in passato queste non erano sempre funzionanti o non avevano una fonte d'acqua abbondante che le alimentasse.

A tal proposito è necessario menzionare il leggendario fiume Idume, un corso d'acqua che scorre prevalentemente sotto terra, attraversando la citta di Lecce, ed emergendo in superficie solo in pochi punti specifici. La sua sorgente si trova nei pressi della città di Surbo, a nord di Lecce, e il fiume continua il suo percorso fino a sfociare nel mare Adriatico. Storicamente, l'Idume forniva acqua potabile e veniva utilizzato per irrigare i campi. Tuttavia, a causa della sua natura sotterranea e del carattere carsico del territorio, il fiume è sempre stato difficile da gestire e controllare. Con l'espansione urbana di Lecce e i cambiamenti ambientali, gran parte del suo corso è stato coperto, e oggi l'Idume è principalmente nascosto sotto la città. Inoltre, la presenza del fiume sotterraneo potrebbe essere una delle ragioni principali dietro il detto "Lecce, fontane senza acqua". Le fontane della città, sebbene artisticamente ricche, avevano spesso problemi di approvvigionamento idrico a causa della difficoltà di accedere alle risorse d'acqua del fiume Idume, nascosto sotto la superficie.

Le fonti storiche testimoniano che la più antica fontana di Lecce risale al 1498, seguita poi da un’altra fontana alla fine del ‘500, collocata nell’attuale Piazza Sant’Oronzo, tra la chiesa di Santa Maria delle Grazie e l’anfiteatro romano. Il manufatto era costituito da una vasca in pietra emisferica, sorretta da ninfe, e al centro si innalzava lo stemma civico della città (una lupa incedente e un albero di leccio coronato da cinque torri). Dal centro del leccio zampillava l’acqua che ricadeva nella vasca sottostante, e da questa in due bacini ottagonali concentrici situati alla base, che si elevava di poco sul livello della piazza. L’approvvigionamento dell’acqua avveniva tramite un grande pozzo e una macchina idraulica con tubazione in pietra, funzionanti grazie alla forza animale, che nel 1678 andarono ad alimentare anche la nuova fontana del noto architetto Giuseppe Zimbalo, che andò a sostituire la precedente. Il nuovo monumento fu dedicato al re dell’epoca, Carlo II, rappresentato da una statua equestre, e rimase attiva sino al 1841, anno in cui venne demolita. La fontana preesistente invece non venne distrutta, ma venne collocata nel parco dei Conti Orsini del Balzo, e rimase lì sino al 1756.

Ma l’acqua c’era o non c’era? C’era e non c’era. Ogni volta che si voleva far zampillare l’acqua dalla fontana era necessario azionare la macchina idraulica del pozzo da un cavallo o da un asino per riempire il serbatoio, e quindi la fontana rimaneva vuota per gran parte dell’anno, se non in occasione di poche solenni festività.

Oggi la fontana più rappresentativa di Lecce è la Fontana dell’Armonia (detta anche fontana dei Due Amanti), eretta nel 1927, in occasione dell’arrivo dell’acquedotto in città, di fronte al castello di Carlo V. Su questa opera, costruita in pietra di Trani, si innalzano due statue in bronzo, riposte su canne d’organo di lunghezza varia: si tratta di un uomo e di una donna, privi di vestiti, che sorreggono una conchiglia da cui entrambi bevono. La volontà dello scultore era di celebrare un momento molto importante per la città di Lecce, attraverso l’allegoria dell’amore e della condivisione.

 

Spostandoci dal capoluogo, troviamo in provincia altre fontane particolari, che sono diventate elementi di riconoscimento e punti di riferimento per le comunità in cui sono situate.

La prima la troviamo a Nardò, ed è la Fontana del Toro, realizzata nel 1930. Riporta il simbolo della città: il toro che fa zampillare l’acqua. La leggenda racconta che la città sia stata fondata nel punto in cui un toro abbia fatto sgorgare l’acqua. Il toro è anche un simbolo legato agli Aragonesi spagnoli, per un periodo dominatori del sud Italia, che giunsero a Nardò in periodo rinascimentale. Si tratta di un periodo in cui l’attenzione storico-letteraria è rivolta all’età classica: viene riproposto il tema del mito, nel quale il toro ha rilevanza e frequenza. Accanto alla fontana è presente un medaglione che riprende lo stemma della città e riporta l’espressione “Tauro non Bovi”. La presenza del toro e non del bue rappresenta la forza della dominazione aragonese o forse della stessa popolazione neritina.

 

A Gallipoli, tra il centro storico e la zona nuova della città, troneggia la Fontana Greca. Inizialmente, oltre alla tradizione locale, anche alcuni critici pensavano che la fontana risalisse al III secolo a.C. Dopo altri studi, tuttavia, risultò più corretto collocare l’opera architettonica in età rinascimentale. Dalla zona delle fontanelle passò, dal 1548 fino al 1560, presso la scomparsa Chiesa di San Nicola. Poi, dal 1560, la troviamo nel posto in cui è tuttora, accanto al Ponte di Gallipoli.

Ma il dubbio sulle sue origini persiste: il gusto che creò la fontana è quello dell’arte dell’Antica Grecia, quello di un popolo che usava il mito come modo per esprimersi. Secondo questa teoria, con le invasioni dei Goti, le statue sarebbero state rimosse per poi, nel 1560, essere reinserite nella struttura. Qualunque sia la vera datazione, la Fontana Greca suscita ancora oggi grande interesse e curiosità. La fontana è composta da due facciate, alte circa 5 metri: una rivolta a Nord-Ovest e l’altra a Sud-Est.

La facciata Nord-Ovest ha funzione di sostegno e risale al 1765. Su questa si staglia lo stemma di Gallipoli stessa, caratterizzato dall’immagine di un gallo con una corona e un’epigrafe latina che recita fideliter excubat, ossia vigila fedelmente. Ben in evidenza sono anche le insegne del sovrano Carlo III Borbone.

In basso c’è l’abbeveratoio a cui si dissetavano gli animali, da cui, negli anni Cinquanta, veniva prelevata l’acqua destinata alle famiglie che non ne avevano in casa.

La facciata Sud-Est è suddivisa in tre blocchi, scanditi da quattro cariatidi che sorreggono l’architrave con un ricco decoro dell’altezza di circa 5 metri. Nei tre comparti ricavati tra le quattro cariatidi si stagliano dei bassorilievi. Essi raffigurano le metamorfosi di tre figure mitologiche. Si tratta di Dirce, Salmace e Biblide, donne trasformate in fonti.

La più spettacolare è la Cascata Monumentale di Santa Maria di Leuca. Considerata unanimemente una delle più belle d'Italia, quest'opera, dall'elevato valore ingegneristico, impreziosisce la cittadina da più di 80 anni. Costituisce il tratto finale di uno dei progetti più ambiziosi e importanti d'Italia, ovvero l'Acquedotto Pugliese, attualmente il più grande d’Europa. Fu realizzata per celebrare la buona riuscita del progetto e venne inaugurata nel 1939. Nel 1927, fu finalmente ultimato il Grande Sifone, che porta l'acqua prima a Lecce e poi nei principali comuni salentini, fino a raggiungere Santa Maria di Leuca. Tra il 1931 e il 1941, la realizzazione delle diramazioni periferiche completò la grandiosa opera, attualmente incastonata in un paesaggio incantevole, tra rocce a picco sul mare e una pineta. Un’opera imponente che vanta una lunghezza di oltre 250 metri e un dislivello di 120 metri circa, con una portata di 1.000 litri al secondo che termina direttamente nel mare. Alla sua destra e alla sua sinistra è affiancata da due lunghissime scalinate, che dal piazzale del sovrastante Santuario de Finibus Terrae, conducono alla fine della cascata, dov’è stata collocata una colonna romana, e così al porto. La cascata non permette a curiosi, turisti e spettatori di venire ammirata di continuo, ma al contrario è azionata di rado, specialmente durante il periodo estivo, sia per permettere il deflusso e lo scarico delle acque, sia per creare uno spettacolo suggestivo ed affascinante. La cascata non permette a curiosi, turisti e spettatori di venire ammirata di continuo, ma al contrario è azionata di rado, specialmente durante il periodo estivo, sia per permettere il deflusso e lo scarico delle acque, sia per creare uno spettacolo suggestivo ed affascinante.

Infine, ma non meno importanti, sono le fontanine dell’acquedotto pugliese. Ogni comune salentino ne possiede almeno una. Si tratta di piccole fontane pubbliche, tutte identiche (altezza 128 cm, base circolare 38 cm, forma conica, corredata di cappello e vaschetta di recupero delle acque, totalmente in ghisa, rubinetto a getto intermittente con meccanismo interno in ottone, ancora oggi a produzione artigianale). Parliamo del simbolo dell'Acquedotto Pugliese, la storica fontanina che tante piazze della Puglia e del meridione conoscono e che, a partire dal 1914, ha portato la prima acqua salubre pubblica in Puglia e che, ancora oggi, rappresenta l'icona indiscussa di questa epocale conquista sociale. Nel corso degli anni si moltiplicano le storie e i poemi in rima sulla fontanina, una letteratura popolare, il più delle volte in dialetto: "All'acqua, all'acqua, alla fendana nova, ci non tene la zita se la trova" (All’acqua, all’acqua, alla fontana nuova, chi non ha la fidanzata se la trova”) recita ad esempio una filastrocca anonima risalente agli anni '20, che testimonia l'affetto incondizionato che le popolazioni pugliesi riservano a questo semplice strumento di vita.

 

Le fontane del Salento, pur non essendo numerose come in altre regioni italiane, sono comunque parte integrante del paesaggio urbano e rurale. Oltre a fornire acqua, queste fontane servivano e servono come luoghi di incontro, di festa e di socializzazione, rappresentando simboli di vita e di comunità. Per i turisti, le fontane offrono un'opportunità per immergersi nella storia locale e apprezzare la bellezza architettonica della regione.

Il Salento, con la sua combinazione di elementi storici e moderni, continua a valorizzare le fontane come parte del suo patrimonio culturale, riflettendo la ricca tradizione artistica e la vitalità della sua gente.