La Via Francigena nel Salento: scopriamo gli itinerari tra storia, natura e architettura
Storicamente per Via Francigena, o meglio Vie Francigene, si intende un fascio di Vie che collegavano i territori dominati dai Franchi (le attuali Francia e Germania) a Roma in epoca medievale. Oggi si parla di Vie Francigene anche per indicare quegli itinerari culturali verso Roma, destinati al pellegrinaggio moderno e al turismo sostenibile.
Il detto “tutte le strade portano a Roma” può ironicamente dare un’idea di quante siano le Vie Francigene a livello teorico. La storia di questo cammino trae le sue origini dal Medioevo, quando i pellegrini dovevano raggiungere una delle peregrinationes majores, per arrivare a Gerusalemme, Santiago o Compostela. Il viaggio dei pellegrini, infatti, partiva dal Sud Italia per guadagnare il nord Europa o al contrario, iniziava a Roma per giungere in Puglia, dove si imbarcavano per la Terra Santa. In effetti i pellegrini nel medioevo partivano dalla propria casa e percorrevano non solo la rete ‘stradale’ dell’epoca, ma anche tutti quei sentieri e selciati che meno li esponessero al rischio di assalto o incidenti ma che nel contempo passassero per luoghi dove era possibile ricevere ospitalità e cibo.
La Via Francigena in Salento si estende lungo il tacco dello stivale per circa 120 km: un viaggio nella cultura di questo lembo di terra che vanta innumerevoli tappe imperdibili, tra le città principali come Lecce e Otranto, la città millenaria che guarda ad Oriente, ammirando affascinanti opere architettoniche, passando per borghi e campagne, dove non mancano antichissime testimonianze delle tappe di pellegrinaggio.
Alto Salento, le origini del percorso
Il percorso inizia dalla città, o meglio dal porto di Brindisi, e uno degli elementi simbolo sono le Due Colonne dell’Appia, arrivo per chi doveva partire per la Terra Santa, o partenza per chi doveva andare a Roma. Per lungo tempo le colonne sono state ritenute terminali della Via Appia, ma la collocazione delle colonne nel rialzo prospiciente il porto di Brindisi, e la relazione con la visuale con l'imboccatura dello stesso, dimostrano che furono innalzate con un intento celebrativo, forse a supporto di due statue bronzee.
Altra tappa obbligatoria per chi passava da Brindisi, è la Chiesa di San Giovanni al Sepolcro, antichissima, di età normanna (XI secolo), costruita su più strati di storia della città. Si tratta di una piccola rievocazione del Santo Sepolcro a Gerusalemme, con pianta circolare a indicare la circolarità della vita e della spiritualità che si eleva verso l’alto, accompagnata da cicli di affreschi e capitelli intagliati.
Continuando il cammino, a ridosso di Torchiarolo, troviamo Valesio, un’antica città prima Messapica, poi Romana, poi Bizantina, rimasta in vita sino all’anno 1000 d.C. circa come villaggio medievale, poi disabitato, letteralmente attraversato dalla via Traiana-Calabra. Si tratta di una città importantissima nell’antichità, dove devono ancora essere effettuati molti scavi, ma nella quale sono state trovate sinora moltissime monete provenienti da svariate parti del Mediterraeo, e questo ci fa capire che questo luogo era fulcro di scambi, commerci e passaggio di genti provenienti da molte località diverse, che ha ancora moltissimo da raccontare.
Nel tratto di strada che da Valesio ci conduce verso Surbo, ci imbattiamo in un bene storico-architettonico di grande pregio, che dal 2012 viene gestito in modo diretto dal FAI (Fondo Ambiente Italiano), ovvero l’Abbazia di Santa Maria a Cerrate. Risalente all'XI secolo, anche se in base agli scavi archeologici vi furono degli insediamenti precedenti, durante il XII secolo era anche centro di produzione (soprattutto di cereali), ed era abitata dai monaci bizantini che scappavano dalle persecuzioni turche a Bisanzio. La località fu un importante polo religioso e culturale. l’Abbazia viene ampliata fino a divenire uno dei più importanti centri monastici dell’Italia meridionale: nel 1531, quando passa sotto il controllo dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli, il complesso comprende, oltre alla chiesa, stalle, alloggi per i contadini, un pozzo, un mulino, due frantoi ipogei. Il saccheggio dei pirati turchi nel 1711 fa precipitare l’intero centro in uno stato di completo abbandono che prosegue nel corso del XIX secolo. Oggi, dopo un complesso intervento di restauro, l'Abbazia è nuovamente visitabile e rappresenta uno splendido esempio di architettura romanica pugliese impreziosita da importanti affreschi che ne fanno un unicum nel mondo bizantino.
Nelle campagne di Lecce, al confine con il comune di Surbo, è presente un’altra importantissima tappa della via Francigena Salentina, ovvero la Chiesa di Santa Maria d’Aurìo. Risalente al XII secolo, è la testimonianza architettonica più antica del casale medievale di Aurìo, scomparso tra il XV e il XVI secolo. La chiesa era un altro luogo che si attraversava prima di arrivare a Lecce, e oltre ad essere piena di croci, segno distintivo e caratterizzante del passaggio dei pellegrini, ha anche una serie di imbarcazioni incise sulla sua facciata, e questo è segno che i pellegrini si preparavano al viaggio per andare in terra santa e dovevano attraversare l’Adriatico. La stragrande maggioranza di questi viandanti, soprattutto quelli che venivano dal nord Europa, non aveva mai visto il mare, e l’esperienza della navigazione per loro era terrorizzante, perché capitava che a causa del mare mosso e delle tempeste le navi naufragassero e i pellegrini morissero annegati. Il disegno della nave veniva inciso quasi come un ex-voto, per assicurarsi che la chiesa proteggesse il loro viaggio. Nel caso in cui fossero riusciti ad arrivare dall’oriente in Salento, dopo aver attraversato il mare in tempesta, l’incisione diventava un ex-voto per grazia ricevuta.
Da Lecce verso il basso Salento
All’ingresso di Lecce ci accoglie l’ex Monastero degli Olivetani, e l’antico monastero, più che un luogo appartato, era un sito strategico, scelto nel secolo XII da Tancredi d'Altavilla, ultimo conte normanno di Lecce, per edificare un sontuoso complesso religioso, destinandolo all’Ordine dei Benedettini. L’abbazia suscitò sin dall’inizio stupore per la sua magnificenza e la chiesa, dedicata ai SS.Niccolò e Cataldo, raggiunse ”il più alto livello” tra le architetture medioevali in Terra d’Otranto. Nel 1494 sopraggiunsero gli Olivetani (Benedettini di Monte Oliveto), che sostituirono la preesistente comunità, ormai in estinzione. Mentre la chiesa fu conservata ed arricchita, il convento fu ricostruito in forme maestose.
La via Francigena attraversa Lecce, dove in pieno centro storico si trova la Chiesa di San Nicolò dei Greci. Si tratta di una chiesa salentina realizzata al di sopra di un’antica chiesetta risalente al IX secolo, della quale è ancora esistente l’antica cripta e la parte absidale. Nella cripta sono ancora presenti i dipinti antichi. La chiesetta era chiamata “Chiesa di San Giovanni del malato” e a un certo punto era stata abbandonata. Nella parte posteriore della chiesa c’è una cisterna, che raccoglieva le acque di una falda del fiume Idume, il fiume di Lecce.
Procedendo per la città fortificata di Acaya, e attraversando la campagna di Melendugno, si arriva nella zona della Grecìa Salentina, e una delle località più frequentate dai viaggiatori era quella di Carpignano Salentino, dove spicca la barocca Chiesa Parrocchiale del '500, la quale custodisce la Cripta di Santa Cristina scavata nel tufo tra l'VIII e il IX secolo. La Cripta è l’unico luogo di quest’epoca di cui si conoscono il committente e l’affrescatore, in quanto i loro nomi sono citati nelle numerose scritte in lingua greca che ricoprono le mura della cripta. Gli affreschi alle pareti, che hanno più di mille anni, si sono conservati molto bene e la cripta è l’unico caso in tutto il mediterraneo in cui abbiamo una così grande ricchezza di dati. Questo tipo di affreschi continua a ricordarci come al tempo, per chi attraversava la via francigena, il punto di riferimento principale fosse Costantinopoli, dove si parlava greco.
Si prosegue tra antiche masserie e una lussureggiante pineta fino ad attraversare il borgo di Cànnole, dove troviamo il Villaggio di Torcìto, che è stato inzialmente un villaggio, poi nel XII secolo è diventato una Masseria, alla quale nel corso degli anni sono state aggiunte ulteriori strutture, come la torre colombaia e la Chiesa dedicata a San Vito. La Masseria di Torcìto è circondata da una vegetazione lussureggiante, che la accompagna nei secoli, e che oggi ha dato vita al Parco Naturale di Torcìto, molto apprezzato dai cultori del trekking.
Arriviamo poi al settecentesco Santuario di Monte Vergine a Palmariggi, il quale custodisce una preziosa cripta del periodo bizantino, nel cui lato orientale si ergeva un altare contenente un affresco della Madonna a mezzo busto con in braccio il Bambino Gesù.
Segue Giurdignano con il suo "Giardino Megalitico", una zona ricchissima di dolmen e di menhir, e ricordiamo in particolare il Menhir San Paolo, altra tappa del percorso francigeno, dove all’interno dello sperone roccioso è stata scavata una cripta, probabilmente di epoca bizantina, all’interno della quale è visibile un affresco che rappresenta la taranta, un ragno velenoso che mordeva le donne, le cosiddette tarantate, di cui San Paolo è protettore.
Nel comune più piccolo di tutto il Salento, Giuggianello, sempre tra dolmen e menhir, si trova l’antichissima Masseria Quattro Macine, insediamento bizantino risalente al VII secolo, negli anni attaccato dai turchi, riedificato, utilizzato come stazione di posta, tabacchificio, masseria.
Ci inoltriamo successivamente nel canalone della Valle dell’Idro, e passiamo per la Grotta di Sant’Angelo, chiesa-cripta in parte distrutta, dove sono ancora evidenti, alcune tracce degli affreschi che decoravano le pareti della grotta, rappresentanti figure sacre, persone in tuniche, i visi di due donne, e santi. Nonostante gli affreschi oggi siano poco identificabili, la grotta di Sant’Angelo è indubbiamente una delle più suggestive ed interessanti di tutta la valle dell’Idro.
Ci dirigiamo poi al centro di Otranto con la splendida Cattedrale di S.Maria Annunziata, edificata sui resti di un villaggio messapico, di una domus romana e di un tempio paleocristiano, fu fondata nel 1068. È una sintesi di diversi stili architettonici comprendendo elementi bizantini, paleocristiani e romanici. Gli affreschi del XIII secolo vennero quasi tutti distrutti dall’invasione turca del 1480. Rimane intatto invece il preziosissimo pavimento a mosaico, eseguito tra il 1163 e il 1165, di grande impatto scenico per l'ampia decorazione che rappresenta scene dall'Antico Testamento, cicli cavallereschi, bestiari medievali. Le immagini, disposte lungo lo sviluppo dell'Albero della vita, ripercorrono l'esperienza umana dal peccato originale alla salvezza. Molto particolare dal punto di vista architettonico la cripta, che risale all'XI secolo ed è una miniatura della celebre Cisterna di Teodosio o della Moschea di Cordova. Possiede tre absidi semicircolari e si caratterizza per le quarantotto campate intervallate da oltre settanta tra colonne, semicolonne e pilastri. La singolarità è nella diversità degli elementi di sostegno, provenienti da edifici antichi e altomedievali, dal vario repertorio figurativo. Di grande pregio gli affreschi superstiti che abbracciano un arco cronologico dal Medioevo al Cinquecento.
Non meno importante è la Chiesa di San Pietro, sempre a Otranto, è uno degli edifici medievali del Mezzogiorno più rappresentativi della tradizione costruttiva bizantina e rimane la più alta e viva espressione dell'arte bizantina in Puglia. L'edificio sacro rappresentò, probabilmente, la prima basilica della città, eletta metropoli nel 968 e alle dirette dipendenze della sede patriarcale di Costantinopoli. La sua datazione è stata per lungo tempo oggetto di dibattito tra gli studiosi, ma dall'analisi della struttura, degli affreschi e delle iscrizioni in lingua greca, sembra riconducibile al IX-X secolo. Nelle tre absidi sul fondo si dispongono gli splendidi affreschi in stile bizantino databili al X-XI secolo
Oltrepassata Cocumola, dove svetta il Menhir della Croce in Via Savoia 26, si cammina tra pinete e uliveti fino a Vignacastrisi.
E’ la volta poi di Andrano, nelle cui campagne troviamo la Cripta dell’Attàrico; si ritine che dal secolo VIII al X la grotta abbia ospitato monaci basiliani, e sono ancora presenti due affreschi. Inizialmente come rifugio, e successivamente come eremo spirituale, i monaci nel frattempo si spostarono nella vicina abbazia di Santa Maria del Mito, centro di cultura e Masseria totalmente autosufficiente, situata tra il feudo di Tricase e quello di Andrano.
La meta finale
Il percorso della via Francigena Salentina si è quasi concluso, e a circa 1 Km da Santa Maria di Leuca, nei pressi dell’odierna Masseria Coppola, sulla SS 275, l’ultima sosta era rappresentata dall’antica Cappella dei Lazzari, ove venivano curate malattie. Costruita nel XIV sec. dai Granduchi di Toscana per i naviganti fiorentini, che frequentavano numerosi lo scalo di Leuca, purtroppo non esiste più.
L’ultima tappa, e senza dubbio la più significativa, è a Santa Maria di Leuca, presso la Basilica – Santuario S. Maria de Finibus Terrae, che affonda le sue radici ai primordi del cristianesimo. Esso sorge là dove c’era stato il tempio dedicato alla dea Minerva del quale, entrando in Chiesa, sulla destra, si conserva un cimelio: l’ara o una parte di essa, su cui venivano offerti i sacrifici alla dea. La tradizione narra che l’apostolo Pietro nel 43 d.C. sbarcò in Puglia per fare ritorno a Roma dopo il suo viaggio in Oriente. In questa occasione, il tempio fu dedicato al Salvatore e convertito in un santuario cristiano. Fu proprio qui, infatti, che San Pietro cominciò la sua opera di conversione, partendo proprio dalla popolazione salentina per poi proseguire per tutto l’Occidente. La testimonianza del passaggio dell’apostolo è la Croce Pietrina collocata di fronte al Santuario. Solo in un secondo momento fu consacrato a Santa Maria di Leuca. Proprio a causa della sua ambitissima posizione, il santuario fu purtroppo preso di mira numerose volte nel corso del tempo, in particolare dai Turchi e dai Saraceni, come attacco indiretto alla religione cristiana. Fu distrutto ben cinque volte, l’ultima delle quali nel 1720. Le numerose ricostruzioni conferirono ovviamente al Santuario un aspetto differente da quello originale, ma i fedeli vollero mantenere la struttura delle mura perimetrali.
Conclusioni
Il percorso che abbiamo seguito ci porta indietro nel tempo di migliaia di anni, e ci permette di comprendere e scoprire le origini più antiche delle bellezze architettoniche che costellano il percorso della via Francigena Salentina, a partire da piccoli scrigni, come le cripte, sino ad arrivare a immensi tesori, come le abbazie e le masserie.
Sono luoghi che ancora oggi fanno parte del nostro presente, e che arricchiranno il nostro futuro.
I migliori percorsi nel Salento: trekking, passeggiate, bici, moto o altro Itinerari per il trekking
Il recente successo del Salento come meta turistica si deve principalmente allo splendore della sua costa ed alla bellezza del capoluogo Lecce, ma c’ è tanto altro da scoprire: tesori archeologici, naturalistici, paesaggistici ed enogastronomici sono diffusi capillarmente in tutta la penisola salentina. Un ottimo modo per scoprirli tutti è quello di mettersi lo zaino in spalla e partire all’ avventura, lungo itinerari da percorrere a piedi, in bici, in moto o in auto, che sono un percorso a tappe tra i piaceri della natura, del cibo, della cultura e della storia locale. Vediamone alcuni in questo e nei prossimi post sul nostro blog.
In un precedente articolo su questo blog avevamo già analizzato nel dettaglio il percorso Otranto – Santa Maria di Leuca, da percorrere in macchina facendo numerose soste per godere degli splendidi paesaggi, degli ottimi cibi e di tutto il patrimonio culturale di cui si può godere in Salento. Oggi vedremo cosa possono fare in zona gli appassionati di trekking.
Fare trekking nel Salento infatti è possibile e i percorsi da fare sono tanti ed interessanti sia dal punto di vista paesaggistico che da quello culturale, ovviamente non parliamo di pendenze o dislivelli a cui sono abituati gli appassionati di trekking che frequentano la montagna, ma parliamo di percorsi e camminate capaci di durare giornate intere e che permettono di unire la passione per l’ attività fisica con la possibilità di trascorrere anche qualche ora in spiaggia.
Il primo itinerario che consigliamo è quello di Porto Selvaggio: partiamo da Santa Caterina con una suggestiva salita fino a Torre dell'Alto, con la prima sosta alla grotta di Capelvenere; arrivati alla torre procediamo scendendo lungo le scalette in pietra che attraversano la pineta, fino a giungere alla piccola baia di Porto Selvaggio, qui è inevitabile un’ altra sosta per fare un bagno nelle acque cristalline della baia, prima di procedere ancora lungo la scogliera, fino a giungere nei pressi della grotta del Cavallo e la Baia di Uluzzo con la sua torre. Il percorso è lungo intorno ai 7 chilometri e non è troppo difficile, quindi se avete ancora energie sufficienti potete proseguire con una visita al comune di Nardò oppure con un suggestivo aperitivo al tramonto in uno de numerosi locali della zona.
La seconda proposta è un percorso di trekking lungo circa 13 chilometri, che inizia dal Porto di Otranto per giungere a Punta Palascia e da qui fare ritorno passando per la cava di bauxite dismessa.
Dal Porto di Otranto troviamo subito dei sentieri costieri, facilmente percorribili, da cui saremo subito in vista della Torre del Serpe, che raggiungiamo dopo una breve salita. Aggiriamo la torre e seguiamo il percorso verso la Baia dell’ Orte. Arriviamo nel cuore della baia, dove la costa degrada nel suo punto più basso e la natura si presenta ancora selvaggia e incontaminata. Godendo del contrasto tra le rocce nude e le macchie vegetative proseguiamo verso Punta Palascia. Da questo punto e fino all’arrivo al faro di punta Palascia il paesaggio toglie il fiato e nelle giornate limpide con vento da Nord si possono ammirare le montagne dell’Albania. Una volta al faro siamo geograficamente nel punto più ad Oriente d’Italia. Il luogo è anche conosciuto come Capo d’Otranto. Il vecchio faro, eretto nel 1897, recentemente è stato ristrutturato ed è diventato una meta ambita per turisti. Da qui si può infatti godere di un panorama spettacolare, con il faro che spicca in mezzo alle rocce e sovrasta l’infinita distesa cristallina del mare, nel punto in cui si incontrano mar Ionio e mar Adriatico. Una volta raggiunto il faro, per tornare a Otranto, si può raggiungere la strada provinciale che unisce Otranto a Santa Cesarea Terme. Percorriamo un sentiero a lato della strada e ritornando verso Otranto ci fermiamo presso la bellissima ex cava di bauxite.
Proseguendo ancora in direzione Nord giungiamo ad un incrocio con la strada SP358. Attraversiamo l’incrocio e percorriamo una stradina in discesa che in breve raggiunge la periferia di Otranto, Santa Maria dei Martiri. Proseguiamo scendendo fino ad un ponte in pietra da cui a destra si raggiunge la piccola cappella di Santa Maria del Passo, nei pressi del porto, dove termina il nostro percorso.
La terza escursione che consigliamo vi porterà alla scoperta dei Laghi Alimini e della Baia dei Turchi. L’itinerario si svolge tra le stradine e i sentieri dei Laghi Alimini, un sito naturale di alto interesse naturalistico per il territorio pugliese. I due laghi fungono da grande oasi per tantissime specie vegetali e animali. Il percorso ad anello prosegue verso la leggendaria Baia dei Turchi, dove secondo la tradizione gli ottomani sbarcarono per assediare la città di Otranto nel XV secolo. Questo percorso è lungo intorno ai 10 km, ma a differenza degli altri due non presenta alcuna pendenza, neppure minima, è perciò molto più rilassante e vi consigliamo di integrarlo con una visita ai numerosi agriturismi della zona, oppure con una passeggiata a cavallo nelle campagne circostanti o ancora, se la stagione lo consente, con un bagno in una delle numerose splendide cale che s’ incontrano in tutta la spiaggia adiacente ai due laghi.
Escursioni un po’ più brevi, meno sportive e più rilassanti, si possono eseguire nell’ entroterra, come ad esempio visitando il Parco Naturale La Mandra di Calimera. Ai bordi della strada che costeggia il parco si può ammirare uno splendido ed enorme esemplare di carrubo, la pineta che si estende per 90.000 mq è interamente visitabile ed all'interno sono stati realizzati dei percorsi e delle aree pic-nic con tavoli e panche. Dalle parti di Tricase invece si può visitare il locale bosco ed ammirare la celebre Quercia Vallonea, un magnifico esemplare di quercia che ha certamente più di 800 anni.
I migliori percorsi nel Salento: trekking, passeggiate, bici, moto o altro Primo itinerario: litoranea Otranto – Santa Maria di Leuca
Il recente successo del Salento come meta turistica si deve principalmente allo splendore della sua costa ed alla bellezza del capoluogo Lecce, ma c’ è tanto altro da scoprire: tesori archeologici, naturalistici, paesaggistici ed enogastronomici sono diffusi capillarmente in tutta la penisola salentina. Un ottimo modo per scoprirli tutti è quello di mettersi lo zaino in spalla e partire all’ avventura, lungo itinerari, da percorrere a piedi, in bici, in moto o in auto, che sono un percorso a tappe tra i piaceri della natura, del cibo, della cultura e della storia locale, vediamone alcuni in questo e nei prossimi post sul nostro blog.
Iniziamo il nostro viaggio in auto o in moto, sulla magnifica litoranea Otranto – Santa Maria di Leuca, senza dubbio uno dei più affascinanti tour del Salento, nonché una delle strade panoramiche più belle d'Italia. Mentre si costeggia l'Adriatico i gioielli della costa salentina si succedono uno dietro l'altro: da una parte le falesie a picco sul mare, le antiche torri di difesa, le grotte e le insenature, dall’ altra parte gli olivi secolari, i tipici muretti di pietra a secco, tanti piccoli municipi ricchi di storia e bellezze artistiche, con i loro bar affacciati sui centri storici, in cui fermarsi per rinfrescarsi con un pasticciotto ed un caffè in ghiaccio.
Si parte da Otranto, dopo aver visitato il centro cittadino e passeggiato sui bastioni, si prosegue verso Sud ed inoltrandosi nella vegetazione si può ammirare uno spettacolo inconsueto: un laghetto verde smeraldo in una cavità del terreno rosso intenso, circondato dal verde della vegetazione palustre, il risultato di una cava di bauxite dismessa in cui la natura ha creato magicamente un nuovo ecosistema. Pochi chilometri e ci attende un altro spettacolo, il Faro di Punta Palascia, il luogo più ad Est di tutta Italia, da cui si può ammirare un panorama da togliere il fiato. Continuando a guidare tenendoci sempre il mare sulla sinistra, continuiamo ad ammirare gli scorci sempre nuovi che la scogliera e la vegetazione creano ad ogni curva. Pochi chilometri ancora ed arriviamo a Porto Badisco, dove possiamo ammirare la baia (uno dei possibili primi approdi di Enea in Italia) e, se la stagione lo permette, concederci un imperdibile pranzo a base dei freschissimi ricci di mare. Dopo questa gustosa pausa pranzo si riparte, attraversiamo la graziosa Santa Cesarea Terme, che come suggerisce il nome, è anche un rinomato centro termale. Subito a ridosso di Santa Cesarea, troviamo la bellezza di Porto Miggiano, una caletta rocciosa con fondale sabbioso, posizionata in un'insenatura a picco sul mare, protetta da un’ antica torre di avvistamento, si tratta di una tra le più spettacolari spiagge della Puglia, riparata dai venti; il gioco naturale delle luci, dei colori e il mare turchese, la rendono il luogo ideale per fare snorkeling. Seguiamo ancora la strada e troviamo la suggestiva grotta Zinzulusa, creata in epoche preistoriche dall'erosione marina, è uno spettacolo di stalattiti e stalagmiti che si specchiano nell'acqua turchese all'interno di una maestosa cavità. Continuiamo attraversando Castro e da qui raggiungiamo la marina di Marittima, dove è presente un’altra bellissima insenatura, quella dell’ Acquaviva, così chiamata per via delle sorgenti di acqua fredda che sgorgano dalla roccia. Subito dopo c’è la marina di Andrano, con le imperdibili località balneari, quali la Grotta Verde, dopo ancora c’è la splendida Tricase Porto, luogo di villeggiatura fra i più suggestivi ed eleganti di tutta la costiera orientale pugliese.
Qui possiamo scegliere se continuare a costeggiare il mare o se concederci una deviazione verso l’ interno del territorio, dove ci sono tanti comuni che sicuramente vale la pena di visitare, come ad esempio Specchia, immersa tra gli ulivi secolari, e recentemente inserita fra i borghi più belli d'Italia. Tra graziose viuzze e scalinate spiccano il cinquecentesco palazzo Risolo e la cattedrale del XV secolo in Piazza del Popolo; poco distanti il Palazzo Baronale, la Chiesa Bizantina di Santa Eufemia e quella dei Francescani Neri, ornata da pregevoli affreschi. Vale la pena concedersi anche una visita agli antichi frantoi ipogei del paese, restaurati e aperti al pubblico, dove spesso e volentieri si possono anche fare meritevoli degustazioni di prodotti locali.
Se invece abbiamo scelto di continuare lungo la costa, da Marina Serra partono gli ultimi chilometri di litoranea, fino alla fine della terra, nel mezzo il ponte del Ciolo, che domina un’insenatura fra le più amate e fotografate di tutta la costa salentina.
Il tempo di un ultimo sguardo all'incantevole costa del Salento e siamo arrivati a Santa Maria di Leuca: di fronte a noi non resta che il blu del mare.
Visitiamo il Santuario sul promontorio, l'altissimo faro, la cascata dell'acquedotto e le ville in stile eclettico, costruite dai nobili locali in una gara di lusso ed eccentricità. Il tempo di cenare e possiamo goderci la nottata sul movimentato lungomare.