Cosa fare in Salento a dicembre: Natale e Capodanno tra tradizioni e bellezze naturali

Il Salento, situato nell'estremo sud della Puglia, è una terra ricca di storia, cultura e bellezze naturali. Se d’estate è famoso per le sue spiagge mozzafiato, in inverno si trasforma in un luogo incantato dove tradizioni, sapori e spiritualità si fondono per offrire esperienze uniche. Visitare il Salento a dicembre, durante il periodo natalizio e per Capodanno, significa immergersi in un’atmosfera magica, fatta di luci, mercatini, eventi folkloristici e paesaggi suggestivi. Ecco cosa non perdere.

Le luminarie e i mercatini di Natale

A dicembre, i borghi salentini si accendono di luminarie artistiche che adornano piazze e stradine, creando un'atmosfera fiabesca. Lecce, la "Firenze del Sud", è particolarmente suggestiva grazie alle sue decorazioni natalizie che mettono in risalto i monumenti in pietra leccese, come il Duomo e la Basilica di Santa Croce. Non mancano i mercatini di Natale, dove è possibile acquistare prodotti artigianali, addobbi natalizi e specialità gastronomiche locali. Tra i più famosi ci sono quelli di Maglie, Nardò e Gallipoli.

La tradizione dei presepi

Il Salento è rinomato per la sua lunga tradizione legata ai presepi. I presepi viventi, in particolare, rappresentano un appuntamento imperdibile. Tra i più suggestivi spicca quello di Tricase, considerato uno dei più grandi d’Italia, ambientato nel parco naturale del Monte Orco. Qui, centinaia di figuranti in costumi d'epoca ricreano la Natività in scenari naturali che rievocano la Palestina di duemila anni fa. Anche il presepe di Specchia merita una visita, con le sue rappresentazioni artistiche e curate nei minimi dettagli.

Un'altra caratteristica distintiva della tradizione salentina sono i presepi di cartapesta. Lecce è famosa per questa forma d'arte, che ha radici antiche. Gli artigiani locali creano figure dettagliate e realistiche utilizzando tecniche tramandate di generazione in generazione. Questi presepi si possono ammirare in chiese, musei e mostre dedicate, come quelle organizzate nel Castello Carlo V di Lecce. Visitare un presepe di cartapesta significa scoprire un'arte unica che racconta storie di fede e creatività.

 

Eventi folkloristici e concerti natalizi

Dicembre è il mese perfetto per scoprire le tradizioni popolari del Salento. Tra gli eventi più attesi ci sono i concerti di musica sacra e i canti della tradizione natalizia, spesso organizzati nelle chiese barocche. Inoltre, la "pizzica", la danza tipica salentina, anima diverse manifestazioni, portando calore e allegria anche nelle fredde serate invernali.

 

Enogastronomia: i sapori del Natale salentino

Non si può visitare il Salento senza assaporare la sua cucina unica. Durante il periodo natalizio, le tavole salentine si arricchiscono di piatti tipici come le "pittule" (frittelle salate che possono essere semplici o farcite con ingredienti come baccalà, cavolfiore o pomodori secchi), il "purceddhruzzi" (dolcetti fritti immersi nel miele e decorati con confettini colorati) e le "cartellate", sfoglie sottili fritte e condite con vincotto o miele. Nei ristoranti e nelle trattorie locali, è possibile gustare anche piatti a base di pesce freschissimo e altre specialità della tradizione.

 

Passeggiate e escursioni nella natura

Il clima mite del Salento in dicembre consente di godere appieno della sua natura incontaminata. Tra le mete ideali per una passeggiata ci sono la Riserva Naturale Le Cesine, il Parco Naturale Regionale Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase. Anche le coste, con le loro scogliere e spiagge deserte, offrono panorami mozzafiato. Non perdere una visita a Punta Palascìa, il punto più orientale d’Italia, dove è possibile ammirare l’alba sul mare.

 

Il Capodanno in Salento

Festeggiare il Capodanno in Salento significa scegliere tra una varietà di eventi, dalle feste in piazza ai cenoni tradizionali. Lecce, Gallipoli e Otranto sono le città più vivaci, con spettacoli di musica dal vivo, fuochi d'artificio e tanto divertimento.

Un evento simbolico è l'Alba dei Popoli a Otranto, una manifestazione culturale che celebra l’arrivo del nuovo anno con concerti, spettacoli teatrali e l'attesissima alba del primo gennaio, visibile dalla costa adriatica.

 

 

Consigli pratici per visitare il Salento a dicembre

  • Abbigliamento: Anche se il clima è mite, è consigliabile portare abiti caldi, soprattutto per le serate.
  • Alloggi: Approfittate delle offerte fuori stagione per soggiornare in masserie, b&b o hotel a prezzi più convenienti.
  • Mezzi di trasporto: Si consiglia di noleggiare un'auto per esplorare comodamente i borghi e le aree naturali.

 

Conclusioni

Il Salento a dicembre è una destinazione ideale per chi cerca un Natale autentico, ricco di tradizioni e immerso in una cornice paesaggistica unica. Tra presepi viventi, sapori genuini, eventi culturali e scenari mozzafiato, questa terra sa incantare in ogni stagione, rendendo le festività natalizie e il Capodanno un momento indimenticabile.


Castrum Minervae: l’archeologia del Salento che conquista l’attualità e l’estero

Nella incantevole cittadina di Castro si conserva una delle più straordinarie eredità della civiltà greca e romana in Italia: il santuario di Minerva, noto anche come Athenaion. Questo luogo leggendario, descritto da Virgilio nel terzo libro dell’Eneide, unisce mito e storia, cultura e spiritualità, in un connubio che racconta secoli di devozione e incontri tra popoli del Mediterraneo. Grazie agli scavi archeologici condotti nell’ultimo ventennio, Castro è tornata a brillare come crocevia di storie, leggende e arte, attirando studiosi, turisti e appassionati da tutto il mondo.

 

La Connessione con Virgilio e il Mito di Enea

Virgilio, nell’Eneide, ci regala un'immagine poetica e simbolica del santuario di Minerva: un tempio posto su un promontorio, intravisto da Enea e dai suoi compagni mentre cercano rifugio dopo la distruzione di Troia. Quel promontorio, identificato dagli archeologi con il sito di Castro, rappresentava non solo una guida per i marinai, ma anche un punto di accesso spirituale e culturale all'Italia. Secondo il mito, Minerva, protettrice della sapienza e della strategia, era venerata qui dai troiani che riconoscevano in lei un simbolo di speranza e rinascita.

 

Il porto di Castrum Minervae, che si affaccia sul Canale d’Otranto, era cruciale per le rotte marittime che collegavano l’Adriatico al Mediterraneo orientale. Questo luogo, quindi, non era solo un punto di approdo, ma anche un crocevia di culture: dai Greci ai Messapi, fino ai Romani, ogni civiltà ha lasciato il suo segno, trasformando il santuario in un centro di culto e commercio unico nel suo genere.

 

Gli Scavi e le Scoperte Straordinarie

La riscoperta del santuario è stata resa possibile dagli scavi archeologici avviati nel 2007 sotto la direzione del prof. Francesco D’Andria. Le indagini hanno portato alla luce un patrimonio di inestimabile valore: frammenti di ceramica, strumenti votivi, altari e, soprattutto, statue monumentali che hanno confermato l’importanza di Castro nel mondo antico.

Tra i reperti più affascinanti si annovera una statuetta in bronzo di Athena, rinvenuta nei primi anni degli scavi. Questa statuetta, caratterizzata da un elmo frigio, collega simbolicamente il santuario con il mito troiano. La statuetta presenta un copricapo frigio, a chiara denuncia dell’ispirazione iconografica orientale. D’altronde, il primo insediamento messapico gravitava nell’area influenzata da Taranto, colonia spartana. Solo in età romana, la località messapica inizialmente denominata – con buona probabilità – Lik, sarebbe stata rinominata Castrum Minervae. L’antico nome di Castro, Lik, trova una conferma nella cosiddetta mappa di Soleto, un frammento a vernice nera che costituisce la più antica mappa geografica occidentale proveniente dall’antichità classica, attualmente conservata nel Museo archeologico nazionale di Taranto e raffigurante il sud del Salento. Vi si leggono chiaramente l’indicazione del Golfo di Taranto e la posizione della città di Otranto (Hydruntum).

Ma è stata la scoperta del busto monumentale di Athena, nel 2015, a consacrare Castro come un sito archeologico di rilevanza internazionale. La statua, originariamente alta più di tre metri, era realizzata in pietra leccese, un materiale tipico del Salento, utilizzato per le sue caratteristiche di facile lavorazione e resistenza nel tempo.

Accanto a queste scoperte, sono emersi frammenti di altre statue, tra cui piedi di marmo e basi decorate, oltre a un altare risalente al IV secolo a.C., che testimonia i sacrifici animali offerti in onore di Minerva. Questi reperti, insieme a strumenti cerimoniali e oggetti in avorio, raccontano di un’intensa attività religiosa che ha attraversato i secoli.

 

Il Santuario di Minerva: Faro di Cultura e Spiritualità

Il santuario di Minerva non era solo un luogo di culto, ma anche un simbolo di integrazione culturale. La sua posizione strategica, su un promontorio che domina il mare, ne faceva un punto di riferimento per marinai e mercanti, ma anche per pellegrini che viaggiavano da ogni parte del Mediterraneo. I Romani, riconoscendo l'importanza di questo luogo sacro, lo integrarono nella loro rete di templi, restaurandolo e arricchendolo con elementi architettonici e artistici.

La statua di Athena, in particolare, rappresenta un esempio straordinario dell'arte greca e della sua influenza nel Salento. Gli studiosi ritengono che essa sia stata opera di scultori tarantini, noti per la loro maestria nell'arte monumentale. L’utilizzo della pietra leccese conferma inoltre l’esistenza di una rete locale di artigiani altamente specializzati, capaci di creare opere di grande bellezza e complessità.

 

Il Museo e il Futuro del Parco Archeologico

Oggi, i reperti scoperti a Castro sono custoditi nel Museo Archeologico di Castro, situato nel Castello Aragonese. Questo museo offre ai visitatori un viaggio affascinante attraverso i secoli, grazie all'esposizione di reperti votivi, frammenti di statue e la ricostruzione della statua di Athena. Nel 2019, una copia della statua è stata esposta in una mostra internazionale “I doni degli Dei. L’Apulia felix tra greci, indigeni e romani” a Nanchino, in Cina, riscuotendo un grande successo e portando il Salento sotto i riflettori globali.

Il futuro del sito è altrettanto promettente. Grazie ai finanziamenti regionali e nazionali, il parco archeologico di Castro sarà presto accessibile al pubblico. Qui, i visitatori potranno passeggiare tra i resti del santuario e immergersi nella storia di questo luogo magico, accompagnati da percorsi multimediali e ricostruzioni virtuali che racconteranno la vita del santuario nel periodo greco e romano.

 

Un Patrimonio da Scoprire e Valorizzare

Il santuario di Minerva a Castro rappresenta una finestra sul passato, un luogo in cui mito e realtà si incontrano per raccontare la storia del Salento come crocevia di culture, religioni e popoli. Grazie al lavoro instancabile degli archeologi e al supporto delle istituzioni, questo sito continua a regalare scoperte e a ispirare nuove ricerche. Visitare Castro oggi significa immergersi in un viaggio senza tempo, riscoprendo le radici di una terra che, da sempre, si erge come ponte tra Oriente e Occidente.


HyperRegionalism: Lecce tra stratificazioni di storia e visioni futuristiche

Nell’ottobre 2024 Lecce ha ospitato la tredicesima edizione di “Architects Meet”, evento ideato dall'AIAC (Associazione Italiana di Architettura e Critica), in collaborazione con il Comune di Lecce, il Polo Biblio-Museale e l’Ordine degli Architetti PPC di Lecce. Il tema scelto per questa edizione, “HyperRegionalism”, materialità e immaterialità dell’Architettura”, ha esplorato una tendenza contemporanea che contrappone all’omogeneità globale un’architettura radicata e riconoscibile, capace di coniugare innovazione tecnologica e tradizione locale.

 

Il concetto di “HyperRegionalism” si fonda su un nuovo equilibrio tra tecnologie tradizionali e avanzate, con un’attenzione particolare alla sostenibilità e all'efficienza energetica. Come sottolineato dal critico e storico dell’architettura Luigi Prestinenza Puglisi, presidente dell’AIAC, il tema rappresenta una risposta alla standardizzazione: “Recuperiamo frammenti significativi delle preesistenze per creare un dialogo tra vecchie materialità e nuovi flussi immateriali.”

Le giornate dell’evento hanno visto il coinvolgimento di architetti, critici e progettisti provenienti da tutta Italia e dall’estero, che hanno condiviso progetti emblematici di questa visione.

 

Lecce, scelta per il suo patrimonio architettonico unico, ha fatto da cornice ideale per l’evento. Le sedi principali, tra cui il Teatro Paisiello, la Biblioteca Bernardini e la Chiesa di Santa Maria di Ogni Bene, hanno ospitato conferenze, mostre e incontri, creando un’esperienza immersiva per i partecipanti.

 

Manuel Aires Mateus, architetto portoghese di fama internazionale, ha ricevuto il Premio Internazionale “Architects Meet in Lecce 2024”. Durante la sua lectio magistralis al Teatro Paisiello, ha illustrato il progetto di restauro della Torre 67 ad Alezio, un esempio di come il recupero del passato possa convivere con una progettazione contemporanea sostenibile.

Costeggiando i muretti a secco di una stretta viuzza di campagna nel Sud Salento, si giunge a Torre67, il primo progetto in Puglia di Mateus. La torre, di pianta quadrata e strutturata su due livelli, si innalza nel cuore della zona rurale di Alezio (Lecce). Immersa in un paesaggio di coltivazioni, vigneti e fiori selvatici, due ulivi segnati dalla Xylella accolgono l’ingresso, come colonne che evocano la memoria di un paesaggio ormai perduto. Costruita tra il XII e il XIV secolo, inizialmente destinata a scopi di avvistamento, la torre ha subito diverse trasformazioni nel tempo, mantenendo tracce di simbologie religiose. Oggi, grazie al rigoroso intervento di restauro dello studio portoghese, la torre ritorna alla sua forma originaria.

Il restauro, completato nel 2024, si è basato sulla valorizzazione del valore storico del sito, con l’obiettivo di restituire alla torre la sua struttura originaria. L’intervento ha previsto l’eliminazione di corpi aggiuntivi e ha posto in risalto il murato in tufo e le aperture originali. Un approccio radicale, dato che la torre non è vincolata e che parte delle strutture demolite non sono state ricostruite, ma riutilizzate per la creazione di nuove componenti: la piscina, dalla sagoma che replica la torre, e i percorsi nel paesaggio circostante.

L'edificio è stato trasformato in residenza per due committenti milanesi che hanno scelto di vivere in Puglia. La zona giorno si trova al piano terra, mentre al primo piano si trovano una camera da letto, un bagno e un piccolo ufficio. Tutti gli ambienti sono caratterizzati da volte tradizionali e pavimenti in cocciopesto, tufo battuto e travertino, mentre le pareti sono rifinite con calce e canapa. La scelta di conservare integralmente la struttura, l’utilizzo di materiali locali e naturali per gli arredi e l’assenza di impianti di climatizzazione e riscaldamento sono gli aspetti più radicali del progetto. L’inerzia termica delle murature e la ventilazione naturale compensano parzialmente la mancanza di sistemi di raffrescamento e riscaldamento.

Questa trasformazione rappresenta un esempio di un abitar e lento, quasi monastico, che si allontana dai ritmi frenetici della vita moderna e riscopre valori del passato, non solo estetici ma anche legati al contatto diretto con il territorio.

Il progetto si inserisce in un contesto particolarmente attuale in Puglia, dove molti edifici storici stanno venendo restaurati e trasformati in abitazioni o strutture ricettive, grazie anche al supporto di fondi regionali. In questa regione, si contrappongono la progettazione radicata al territorio, che preserva la memoria storica, e la crescente richiesta di comfort e prestazioni energetiche elevate, un tema che è stato oggetto di discussione durante "Architects Meet” a Lecce.

 

L’evento è stato arricchito da due mostre curate nei minimi dettagli:

- “HyperRegionalism”, curata da Riat Archidecor, ha presentato oltre 100 progetti di studi italiani, valorizzando il rapporto tra preesistenze storiche e soluzioni architettoniche innovative. L’installazione era composta da tavoli in legno, poi impreziositi artigianalmente da una pittura decorativa ecologica in diverse tinte di colori, sostenuti da alcuni elementi in ferro molto essenziali. I tavoli hanno spitato circa 140 quaderni in ognuno dei quali era illustrato un progetto realizzato da uno studio di architettura. Il tema della mostra è Hyperregionalism: ad un’architettura senza anima, uguale in tutti i posti, oggi si cerca di contrapporre spazi che siano radicati e riconoscibili e costruzioni in cui la materia giochi un ruolo di primo piano.

- “Supermostra 24”, a cura di Ilaria Olivieri e Luigi Prestinenza Puglisi, un osservatorio e una mostra itinerante ha esplorato il lavoro di 33 progettisti emergenti, con lo scopo di verificare quanto di interessante avviene, nel campo dell’architettura, nelle diverse aree regionali della penisola, inaugurando il sistema espositivo “STELO”, un progetto innovativo del Polo Biblio-Museale di Lecce.

 

Con oltre 600 presenze registrate, “Architects Meet 2024” si è concluso con un bilancio estremamente positivo. “Abbiamo gettato le basi per una riflessione profonda sul futuro dell’architettura italiana,” ha dichiarato Prestinenza Puglisi. L’evento ha trasformato Lecce in una capitale internazionale dell’architettura, consolidando il suo ruolo come punto di riferimento per l'architettura contemporanea e per il dialogo tra tradizione e innovazione.

Il tema dell’HyperRegionalism, che esplora un’architettura in armonia con il contesto locale, ha messo al centro le specificità del Salento, come l’uso della pietra leccese e del carparo. Questi materiali sono stati valorizzati come esempi di sostenibilità e innovazione architettonica.

Con una partecipazione internazionale di oltre 300 professionisti e studiosi, l’evento ha rafforzato la visibilità di Lecce e del Salento, posizionandoli come centro culturale e turistico per l’architettura.

L'evento ha confermato Lecce come laboratorio di innovazione architettonica, combinando memoria storica e contemporaneità. Questi incontri annuali, se continuati, potranno consolidare ulteriormente l'identità del Salento come modello di sviluppo sostenibile basato sulla valorizzazione delle sue risorse uniche.


Sale e identità: il filo bianco che unisce passato e presente

Il sale, una sostanza che accompagna l'umanità fin dai primordi, è più di un semplice condimento: è un simbolo universale, un legame tra tradizione, storia e cultura. Da sempre essenziale nella vita quotidiana e nei riti sacri, il sale ha influenzato profondamente l'evoluzione delle civiltà, assumendo significati pratici e spirituali.

Un bene antico e prezioso

Fin dall'antichità, il sale è stato considerato un bene prezioso. Nelle culture antiche, come quella romana, era tanto importante da essere utilizzato come moneta di scambio. Il termine salario, infatti, deriva proprio dalla pratica di retribuire i soldati romani con il sale, una risorsa indispensabile per la conservazione degli alimenti e la sopravvivenza.

La Via Salaria, una delle più antiche strade romane, testimonia la centralità del sale nei traffici commerciali dell’Impero. Questo elemento, con la sua capacità di conservare i cibi, simboleggiava anche l'incorruttibilità e l’eternità. Le sue connotazioni spirituali si ritrovano in molte culture: nei riti cristiani rappresenta purezza e alleanza, mentre presso i popoli orientali il "patto di sale" simboleggia un accordo duraturo e sacro.

Il sale nella cultura popolare

Il linguaggio e le tradizioni popolari riflettono l'importanza del sale nella vita quotidiana. Espressioni come "avere sale in zucca" o "un conto salato" evocano intelligenza e valore. Nelle favole e nei racconti popolari, il sale diventa un simbolo ricorrente. Nel Salento, ad esempio, si narra la storia del pescatore e del pesciolino Sale, che, con astuzia, dimostra di avere più "sale in testa" del suo catturatore.

Anche il nome stesso del Salento potrebbe essere legato al sale. Secondo una leggenda, il termine deriva da Re Sale, un mitico sovrano dei Messapi, un antico popolo che abitò queste terre prima dell'arrivo dei Greci e dei Romani.

La produzione del sale: tra ingegno e resistenza

Nel corso della storia, la produzione del sale è stata spesso regolamentata dallo Stato. In Italia, il monopolio del sale ha segnato intere epoche, portando alla persecuzione di chi tentava di produrlo clandestinamente. Le coste del Salento, con le loro scogliere e cavità naturali, furono teatro di una produzione ingegnosa ma illegale. Ancora oggi, lungo la litoranea tra Gallipoli e Santa Caterina, si possono osservare tracce di queste saline improvvisate, simboli di una lotta quotidiana per la sopravvivenza.

Le Vie del Sale: tra natura e storia

Uno degli esempi più affascinanti del legame tra il sale e il territorio è rappresentato dalle Vie del Sale nel Salento. Situate nei pressi di Corsano, queste antiche strade, delimitate da muretti a secco, un tempo collegavano le vasche di raccolta del sale sulla costa con i centri abitati dell’entroterra. Oggi, questi percorsi rappresentano un patrimonio di straordinaria bellezza naturale e storica.

Lungo i tratturi principali, come Nsepe, Scalapreola e Scalamunte, i visitatori possono immergersi in un paesaggio intatto, tra la macchia mediterranea e il mare cristallino. Camminare su queste antiche vie significa tornare indietro nel tempo, riscoprendo le tracce di un passato che ha modellato l'identità del territorio.

La Salina dei Monaci di Torre Colimena

Un altro esempio straordinario del legame tra il sale e il paesaggio è la Salina dei Monaci di Torre Colimena, situata sulla costa ionica. Questo luogo, oggi riserva naturale protetta, è un ecosistema unico, dove storia e natura convivono armoniosamente.

Il nome Monaci deriva dai Monaci Benedettini, che a partire dall’anno mille avevano reso quest’area una fabbrica del sale. L’acqua marina si depositava durante le mareggiate in una depressione naturale oltre le dune, fornendo una riserva di quello che in passato era considerato l’oro bianco, il sale. Per migliorarne lo sfruttamento, i monaci tagliarono la roccia creando un canale di scorrimento e regolazione dell’afflusso di acqua, e realizzarono edifici per la lavorazione ed il deposito del sale, oltre ad una torre di guardia e ad una cappella affrescata dedicata alla Madonna del Carmelo. Negli anni che vanno dalla fine del 1800 agli anni ’40 si proposero interventi di bonifica per il problema della malaria, qui particolarmente diffusa. Per fortuna gli interventi furono minimi, e non compromisero la Salina e i suoi panorami.

A partire dagli anni ’60 la Salina fu oggetto di pesanti interventi di speculazione edilizia e sviluppo turistico incontrollato. Furono distrutte dune e importanti distese di macchia mediterranea, le falde furono inquinate, la salina fu persino utilizzata come campo di calcio estivo. A ciò si aggiunse la nefasta presenza dei bracconieri.

Gli anni successivi rappresentarono un’inversione di rotta, una nuova sensibilità ambientale e l’impegno delle istituzioni portarono ad interventi a tutela della zona e all’istituzione, nel 2000, dell’Area protetta delle saline di Torre Colimena, dal 2010 inserita nell’elenco delle aree protette italiane.

I Magazzini sono un complesso con volta a botte di 3 locali piuttosto ampi (misurano 25×8 mt). La Cappella si trova a poche decine di metri dal complesso dei magazzini e conserva ancora la volta originaria, le pareti son affrescate. La Torre ha base quadra e tronco piramidale.

Oggi, la riserva è un habitat ideale per specie rare, come i fenicotteri rosa, ed è circondata da una rigogliosa macchia mediterranea. La spiaggia adiacente, con le sue dune dorate, completa il fascino di questa destinazione, perfetta per chi cerca bellezza e tranquillità.

 

Un patrimonio da preservare

Il sale, con la sua storia millenaria, continua a essere una risorsa preziosa, come simbolo di tradizione, cultura e connessione con la natura. Le tracce lasciate dal suo uso e dalla sua produzione, come le Vie del Sale e le saline, rappresentano un patrimonio inestimabile, che merita di essere valorizzato e protetto.

Visitare questi luoghi significa rendere omaggio a un elemento che ha plasmato la storia e l'identità delle comunità umane, e riscoprire il legame profondo che ci unisce alla terra e al mare.


Turismo e Sviluppo Infrastrutturale nel Salento 2024: La Destagionalizzazione e i Vantaggi per il Settore Immobiliare

Il Salento, regione nel sud della Puglia nota per il suo mare cristallino, le spiagge dorate, e la straordinaria cultura locale, continua a registrare una crescita costante nel settore turistico. Nel 2024, le politiche di destagionalizzazione e gli investimenti in infrastrutture hanno creato nuove opportunità per estendere la stagione turistica oltre i tradizionali mesi estivi. Questa trasformazione non solo porta benefici economici, ma ha anche un impatto positivo sul mercato immobiliare, creando nuove opportunità di investimento. Vediamo nel dettaglio i dati sul turismo, le iniziative per la destagionalizzazione, i principali eventi non estivi, i vantaggi per il settore immobiliare e i progetti infrastrutturali in corso.

 

Dati sul Turismo nel Salento nel 2024

Nel 2024, il turismo nel Salento ha raggiunto nuovi record, con un aumento di presenze rispetto all’anno precedente del 15%. La crescita è evidente non solo nei mesi di picco estivo (giugno, luglio e agosto), ma anche nei periodi di spalla, come aprile, maggio, settembre e ottobre. Questo risultato è stato ottenuto grazie a una strategia che punta a valorizzare la regione anche nei mesi meno caldi, facendo leva su aspetti culturali, enogastronomici e naturali che attraggono un target di turisti interessato a un'esperienza autentica e diversificata.

 

Provenienza e Profilo dei Visitatori

La maggior parte dei visitatori proviene dall’Italia, ma il Salento attira anche turisti stranieri, in particolare da Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti. I viaggiatori hanno un’età media compresa tra i 25 e i 50 anni e cercano un mix tra relax, cultura e attività all’aria aperta. La presenza di nuovi collegamenti aerei e la sempre maggiore disponibilità di servizi anche fuori stagione hanno contribuito ad aumentare l’attrattiva della regione.

 

La Destagionalizzazione del Turismo: Un Cambiamento Strategico

La destagionalizzazione è una strategia chiave per rendere il Salento una destinazione vivibile tutto l’anno. Questa politica permette di distribuire i flussi turistici su un periodo più lungo, riducendo la pressione sui mesi estivi e creando nuove opportunità di reddito per le attività locali. La destagionalizzazione non solo arricchisce l’offerta turistica, ma migliora anche la qualità della vita dei residenti, contribuendo a creare posti di lavoro stabili e a sostenere l’economia locale.

 

Eventi Fuori Stagione nel Salento

Per favorire la destagionalizzazione, sono stati organizzati diversi eventi che attraggono visitatori anche nei mesi autunnali e primaverili:

1. Festa di San Martino (novembre): Un evento popolare in cui si celebra il vino novello accompagnato da prodotti tipici della gastronomia salentina, con sagre e feste nei borghi.

2. Festival del Cinema Europeo di Lecce (aprile  o novembre): Una manifestazione che attira cinefili e professionisti del cinema da tutta Europa, con proiezioni, workshop e incontri con artisti.

3. Salento Coast to Coast (maggio): Una manifestazione cicloturistica che attraversa i borghi dell’entroterra salentino, offrendo un’esperienza di turismo lento e sostenibile.

4. Corti a Sud (ottobre): Un festival dedicato al cortometraggio che si svolge nei borghi storici della regione, con la partecipazione di giovani talenti e amanti del cinema.

5. Mercatini e Sagre Autunnali e Primaverili: Eventi gastronomici nei paesini dell’entroterra che promuovono i prodotti tipici locali, come l’olio extravergine d’oliva, i formaggi e i salumi.

 

Vantaggi della Destagionalizzazione per il Settore Immobiliare

La destagionalizzazione del turismo ha generato un impatto positivo sul mercato immobiliare del Salento, rendendo l’area attraente per investitori nazionali e internazionali. Ecco i principali vantaggi:

1. Incremento della Domanda di Case Vacanza e Affitti Brevi: Con un turismo attivo tutto l’anno, la domanda di case vacanza è aumentata, non solo in estate, ma anche in primavera e autunno. I proprietari possono quindi affittare le loro proprietà per periodi più lunghi e ottenere un reddito costante, anziché limitarsi alla stagione estiva.

2. Crescita del Valore Immobiliare: Gli immobili in località turistiche o vicini a borghi storici vedono aumentare il loro valore, poiché la domanda è stimolata sia dal turismo che dall’arrivo di nuovi residenti. Inoltre, le infrastrutture migliorate, come i nuovi collegamenti ferroviari, aumentano il valore degli immobili vicini alle stazioni o alle principali vie di comunicazione.

3. Opportunità per il Recupero di Immobili Storici e Rurali: La destagionalizzazione sta incentivando il restauro di antichi casali, masserie e trulli, che diventano strutture ricettive adatte a un turismo alla ricerca di autenticità. Gli investitori stanno riscoprendo il patrimonio immobiliare del Salento, trasformando edifici storici in B&B, agriturismi e case vacanza di lusso.

4. Allungamento della Stagione di Affitto: La possibilità di attrarre visitatori tutto l’anno consente ai proprietari di immobili di garantire un tasso di occupazione elevato anche fuori stagione, ampliando la propria redditività.

 

Nuove Infrastrutture: Collegamenti Ferroviari e Viabilità Migliorata

Per sostenere il turismo e migliorare la mobilità, nel Salento sono in corso importanti progetti infrastrutturali, come il collegamento ferroviario tra l’aeroporto di Brindisi e la stazione di Lecce e il completamento della strada statale 275.

 

Collegamento Ferroviario Aeroporto di Brindisi - Lecce

Uno dei principali ostacoli per i turisti che scelgono il Salento è la mancanza di un collegamento diretto tra l’aeroporto di Brindisi e Lecce, porta d’accesso alla penisola salentina. Il progetto del nuovo collegamento ferroviario mira a risolvere questa lacuna, con treni navetta che collegano i voli nazionali e internazionali in arrivo a Brindisi alla città di Lecce in meno di 30 minuti.

Questo collegamento ridurrà l’uso di auto private, migliorando l’accessibilità del Salento e incentivando un turismo sostenibile. Per i viaggiatori internazionali, la comodità di un collegamento diretto permetterà di raggiungere il Salento senza difficoltà, rafforzando l’attrattiva della regione per visitatori da tutto il mondo.

 

Completamento della Strada Statale 275

La strada statale 275, conosciuta anche come la “Maglie-Leuca”, è un’altra infrastruttura chiave per migliorare la viabilità del Salento. Questo progetto, atteso da tempo, prevede l’ampliamento e la riqualificazione della strada, che collega numerosi paesi e facilita il transito verso il Capo di Leuca.

La realizzazione della strada statale 275 non solo ridurrà i tempi di percorrenza e la congestione del traffico, ma consentirà di distribuire i flussi turistici su tutto il territorio, migliorando l’accessibilità delle località più remote. Inoltre, questa infrastruttura rappresenta un passo avanti per la sicurezza stradale, offrendo una via di comunicazione più moderna e sicura.

 

Conclusione

Il Salento, grazie alle politiche di destagionalizzazione, all’organizzazione di eventi fuori stagione e agli investimenti in infrastrutture, si sta affermando come destinazione turistica di qualità, capace di attrarre visitatori tutto l’anno. La crescita del turismo e le nuove opportunità nel mercato immobiliare sono un segno di sviluppo positivo e sostenibile per la regione.

Il settore immobiliare beneficia direttamente di questo cambiamento, con un aumento della domanda di case vacanza e proprietà residenziali, una crescita del valore degli immobili e nuove possibilità di investimento nella ristrutturazione di edifici storici.


La Cartapesta Leccese: Arte, Tradizione e Fascino del Salento

La cartapesta leccese rappresenta una delle tradizioni artistiche più uniche e affascinanti del Salento. Questa forma d'arte, antica e leggera, è nata dall'esigenza di decorare chiese e spazi sacri senza ricorrere a materiali costosi come marmo e bronzo. È qui che gli artigiani leccesi, con il loro ingegno e creatività, hanno trasformato la carta in sculture sacre di grande espressività, che sono diventate elementi simbolici del territorio.

 

Le Origini della Cartapesta Leccese

L’arte della cartapesta affonda le sue radici tra il XVII e XVIII secolo. La necessità di rendere sacri e suggestivi gli ambienti delle chiese senza affrontare costi elevati ha stimolato la creatività degli artigiani locali. Questi pionieri della cartapesta utilizzavano materiali poveri, come carta, paglia, stracci e gesso, creando sculture che riuscivano a trasmettere una straordinaria spiritualità.

 

Si racconta che i primi ad appassionarsi a quest’arte furono proprio i barbieri locali, che dedicavano il tempo libero alla creazione di statue sacre nel retrobottega dei loro saloni. Uno dei primi maestri conosciuti fu Mesciu Pietru de li Cristi, un barbiere noto per la produzione di crocefissi, che a sua volta insegnò l’arte a Mastr’Angelo Raffaele De Augustinis e Mesciu Luigi Guerra.

 

Nel tempo, la cartapesta leccese è stata tramandata di generazione in generazione, arricchendosi di tecniche e segreti che ancora oggi rendono unica questa tradizione. Gli artigiani di Lecce hanno saputo mantenere viva quest'arte, permettendole di evolversi senza perdere il suo valore storico e simbolico.

 

Le Tecniche e i Segreti della Cartapesta

La creazione di una statua in cartapesta è un processo meticoloso, che inizia con la modellazione della struttura portante, realizzata con paglia avvolta da spago per formare l'anima della scultura. Le mani, i piedi e il volto vengono scolpiti a parte in terracotta per poi essere applicati alla struttura principale.

 

A questo punto, la statua viene rivestita con fogli di carta, strato su strato, uniti da una speciale colla a base di farina, acqua e un pizzico di solfato di rame, che serve a proteggere l'opera dai tarli. Una volta asciugata, l’opera viene lavorata con piccoli cucchiai arroventati in un processo chiamato fuocheggiatura. Questa fase permette di modellare e consolidare la struttura, conferendole espressività e realismo.

 

Successivamente, si applica il gesso, spesso il gesso di Bologna, per preparare la superficie alla colorazione finale. A completare il lavoro, la statua viene colorata con colori ad olio, e decorata con dettagli precisi per rendere viva e verosimile ogni espressione e piega del panneggio.

I colori sono ad olio, ma c'è chi prepara da sé le cosiddette "terre" (d'ambra, di Siena, cinabro), secondo procedimenti antichi e noti soltanto agli addetti ai lavori.

 

L’economicità del prodotto e la facilità di lavorazione concesse il suo uso per la produzione di calchi, copie e repliche a basso costo: una evidente convenienza che però causò per secoli la classificazione della cartapesta come “opera di ultimo livello” nella gerarchia delle arti, destinandola talvolta alla non conservazione, nonostante l’eccezionale potenzialità e contenuto artistico.

Questa declassificazione però, divenne discutibile anche grazie al Vasari, tra i più strenui fautori della distinzione fra arti maggiori e minori, che non esitò a citare la cartapesta nelle sue “Vite” ( trattato del XVI sec., “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori”) parlandone spesso in relazione ad autori d’eccellenza circonfusi dalla fama. In epoca rinascimentale, creativi d’eccezione come Donatello sperimentavano il prezioso impasto, apprezzandone la malleabilità e la leggerezza, che accentuavano la resa realistica più espressiva e la modulazione più morbida e soffusa delle forme, evocando una spinta indagine introspettiva e spirituale.

 

Dopo Donatello, quasi tutte le botteghe dei più celebri scultori fiorentini si dedicarono alla replica di rilevi di piccolo e medio formato in cartapesta che furono oggetto di una amplissima diffusione: di enorme successo le Madonne con bambino di Jacopo Sansovino, Desiderio da Settignano, Antonio Rossellino e Benedetto da Maiano. Il connubio perfetto tra arte e spiritualità, ha dato origine alle grandi statue e decorazioni del barocco leccese. Ancora oggi la leggerezza di queste statue permette loro di essere trasportate nelle pittoresche processioni della Settimana Santa, che in Puglia divengono vere e proprie attrazioni turistiche.

 

Cartapesta e Spiritualità: Il Museo della Cartapesta

Nel cuore del centro storico di Lecce, il Museo della Cartapesta celebra questa tradizione con una collezione di opere che testimoniano secoli di storia e devozione. Situato all'interno del Castello di Carlo V, a pochi passi da Piazza Sant’Oronzo, il museo ospita circa 80 opere d’arte, offrendo ai visitatori un viaggio attraverso l’evoluzione di questa antica tecnica.

 

L'istituzione del museo nel 2009 ha contribuito a preservare e valorizzare l'arte della cartapesta, rendendola accessibile anche alle nuove generazioni e ai visitatori da tutto il mondo. Passeggiare tra le opere del museo significa immergersi nella cultura e nella storia del Salento, scoprendo il significato simbolico e religioso di queste sculture.

 

 

 

La Cartapesta Oggi: Un’Arte che Vive e si Rinnova

Oggi la cartapesta leccese non si limita più alla creazione di opere sacre, ma si è estesa a una vasta gamma di soggetti e stili. Gli artigiani continuano a creare presepi, statue e riproduzioni sacre, ma le loro botteghe realizzano anche bambole, maschere, decorazioni d’interni e oggetti di design. L’arte della cartapesta è diventata così una forma di espressione contemporanea, in grado di raccontare la tradizione e allo stesso tempo di adattarsi a nuove estetiche.

 

Durante il periodo natalizio, Lecce celebra la sua tradizione artigianale con l’Antica Fiera dei Presepi e dei Pupi, conosciuta come Fiera di Santa Lucia. Questo evento, simile alla celebre San Gregorio Armeno di Napoli, si tiene tra Piazza Sant’Oronzo e Piazza Duomo, dove i visitatori possono acquistare opere di cartapesta realizzate dai maestri locali. La fiera offre un’opportunità unica per scoprire e apprezzare la bellezza della cartapesta e per vivere appieno l’atmosfera natalizia del Salento.

 

Inoltre, durante le festività, l'ex convento dei Teatini in via Vittorio Emanuele ospita una mostra di presepi artistici. Qui si possono ammirare opere realizzate dai maestri cartapestai e dai loro allievi, offrendo ai visitatori un assaggio della passione e della dedizione che animano ancora oggi quest’arte secolare.

 

Un Viaggio nel Salento: Alla Scoperta della Cartapesta Leccese

 

Lecce e il Salento, con le loro tradizioni e la loro storia, sono una meta ideale da visitare in ogni stagione, specialmente in inverno, quando la città si anima con eventi culturali e mercatini di Natale. Passeggiare per il centro storico di Lecce è un’esperienza unica, che permette di immergersi in un ambiente barocco di rara bellezza, tra chiese, palazzi e botteghe artigiane.

 

Un viaggio nel Salento durante il periodo natalizio è l’occasione perfetta per scoprire l'arte della cartapesta, ammirando le opere esposte nelle fiere e nei musei, e acquistando souvenir unici da portare a casa. La cartapesta leccese rappresenta un vero e proprio tesoro culturale che, grazie all’impegno degli artigiani locali, continua a incantare generazioni di visitatori.


Halloween e le Antiche Tradizioni del Salento

Halloween è una festa che trae origine dalle tradizioni celtiche, ma alcune delle sue usanze si sono radicate nel Sud Italia durante la lunga dominazione normanna. Cosa lega Halloween al Salento? Sebbene questa ricorrenza dalle atmosfere spaventose nasca dalle lontane tradizioni dei Celti, non tutti sanno che nel Salento e nel Sud Italia esistono rituali simili, influenzati anche dal periodo normanno e da antiche tradizioni cristiane intrecciate con riti pagani.

Per i Celti, infatti, la notte del 31 ottobre segnava la fine dell'anno e il momento in cui Samhain, Signore della Morte e dell’Inverno, radunava le anime dei defunti, che per un breve tempo si univano al mondo dei vivi. Per evitare che spiriti malvagi potessero entrare nei corpi dei viventi, gli abitanti dei villaggi spegnevano i fuochi nelle loro case, riaccendendoli poi al calar della notte per bruciare offerte e compiere incantesimi protettivi. Per tre giorni, i Celti indossavano pelli di animali per scacciare gli spiriti indesiderati, una pratica che ha influenzato l’usanza moderna dei travestimenti.

Anche gli antenati del Salento e del Sud Italia partecipavano a rituali in onore dei defunti dal 31 ottobre al 2 novembre. In alcune zone del Sud Italia, ancora oggi si preparano doni e dolci per i bambini, raccontando loro che sono stati lasciati dai parenti defunti; in altre si apparecchia la tavola per una cena a cui si crede partecipino le anime dei cari scomparsi. In altri luoghi, si accendono falò di rami di ginestra nelle piazze, e gli avanzi delle cene vengono lasciati all’aperto per i defunti.

Anche l’uso della zucca svuotata e illuminata, simbolo di Halloween, è una pratica che ha radici italiane. Ma perché oggi questa tradizione è maggiormente legata all’America? La risposta è semplice: gli Stati Uniti sono popolati in buona parte da discendenti di europei, e la forte emigrazione dal Sud Italia nei secoli scorsi ha portato molte di queste usanze oltreoceano. Tradizioni come il “dolcetto o scherzetto” sono legate al Sud Italia, e probabilmente si sono consolidate in America perché gli immigrati, trovandosi in una società protestante, sentivano il bisogno di mantenere vive le loro antiche tradizioni cattoliche e pagane.

Il Salento ha una tradizione antica di celebrazioni legate ai defunti che, in certi borghi, ricordano molto i riti di Halloween.

In borghi come Miggiano, Supersano e Presicce era comune preparare banchetti per le anime, come segno di ospitalità. Le persone lasciavano fuori dalle porte o sui tavoli dolci tipici come il grano cotto e i biscotti ossa dei morti per accogliere i propri cari defunti. Anche i bambini ricevevano dolci in dono.

Oggi in alcuni borghi, come Zollino, le tradizioni per la Notte dei Morti sono ancora molto sentite. Le famiglie preparano tavole imbandite in casa con candele accese, cibo e bevande per dare il benvenuto ai defunti. Questa pratica non solo ricorda i cari scomparsi, ma simboleggia anche l’accoglienza delle loro anime. Sempre in questo periodo, una processione si dirige verso il cimitero del paese, dove si accendono candele per illuminare il cammino delle anime.

A Martano, un’altra tradizione viva è quella degli altari domestici in memoria dei defunti, accompagnata da momenti di riflessione e pasti in famiglia con piatti tipici come il grano bollito e i fichi secchi. Le luci e le candele decorative, che adornano le case e le strade, richiamano le moderne zucche illuminate di Halloween.

A Specchia, uno dei borghi più antichi e suggestivi del Salento, le donne preparano ancora i pupurati, biscotti speziati da offrire ai bambini come simbolo della continuità tra le generazioni. Anticamente, qui si accendevano falò per allontanare gli spiriti maligni e proteggere i raccolti, un modo per onorare i defunti e mantenere un legame con il mondo spirituale.

Le tradizioni salentine legate ai morti si intrecciano in modo unico con i festeggiamenti che oggi associamo a Halloween. Sebbene la festa di Halloween abbia avuto una diversa evoluzione altrove, in Salento le celebrazioni del 1° e 2 novembre continuano a tramandare rituali che uniscono il mondo dei vivi a quello dei defunti, in una notte vissuta come un momento di riflessione, rispetto e memoria.

Uno dei luoghi più adatti a ospitare leggende di streghe e spiriti misteriosi in Salento è l’area tra Giuggianello, Giurdignano e Minervino di Lecce, dove si trovano antichi "monumenti naturali" che il tempo non ha cancellato e che vivono ancora nella memoria collettiva.

Questo territorio, paragonato alla famosa Stonehenge per la presenza di dolmen, menhir e pietre sacre, è carico di suggestioni e racconti che ruotano attorno a ninfe, anziane streghe e folletti noti come "scazzamurieddhi." Le campagne locali, con un patrimonio inestimabile, sono state fonte d’ispirazione per storie fantastiche e fiabe tramandate da generazioni.

I Massi della Vecchia, ad esempio, erano la dimora di una strega, detta "la striara," che al calar del sole lanciava incantesimi contro chi osava profanare quel luogo sacro. Chiunque la fissasse era costretto a saltare senza sosta, come narra una vecchia nenia: “Zzumpa pisara cu la camisa te notte…” (“Salta strega con la camicia da notte”), cui risponde la vittima, “se scappu de stu chiaccu nu nci essu chiui de notte...” (se scappo da questo guaio non esco più di notte").

In un’altra versione della leggenda, aiutata da un orco o dal marito, la strega trasformava in pietra chi non sapeva rispondere alle sue domande. Molti caddero nella sua trappola attratti dalla promessa di una gallina dalle uova d’oro, così oggi la zona è disseminata di rocce.

In questa stessa area si racconta di una sfida tra giovani e fate. Un tempo i contadini proibivano ai loro figli di recarsi tra i grandi massi, raccontando che lì apparivano le "fate," creature bellissime ma pericolose.

Anche a Uggiano circolano storie di streghe che, durante il sabba, si riunivano intorno a un "noce del mulino a vento." Si dice che una locandiera del paese, durante una notte di luna piena, lasciò il marito per unirsi a loro. Quando l’uomo si accorse che cibo e vino scarseggiavano, conoscendo il segreto della moglie, si recò al luogo dell'incontro ma sbagliò formula e venne sollevato in aria a testa in giù. La moglie lo salvò pronunciando una formula che lo fece cadere, ma da allora quell’albero è rimasto "segreto" per evitare sfortune. Si dice che si trovi vicino a un antico frantoio ipogeo, ma nessuno è mai riuscito a indicare con precisione la posizione

A Soleto, invece, si racconta che la Guglia degli Orsini del Balzo, una torre affascinante e decorata con figure mostruose, fu costruita in una sola notte da Matteo Tafuri, celebre filosofo ed esoterista. Per l'impresa, si narra, evocò streghe e spiriti, ma all'alba, alcuni di loro, sorpresi dal canto del gallo, rimasero pietrificati nella torre.

Pochi forse sanno che anche a Tricase la cosiddetta Chiesa Nuova (o Chiesa dei Diavoli), fu opera del Maligno, il quale la eresse in una sola notatta, dopo aver stretto un patto con il cosiddetto "Principe Vecchio", che la tradizione popolare identificava in messer Jacopo Francesco Arborio Gattinara, marchese di San Martino, personaggio realmente esistito. Secondo la leggenda i fatti si svolsero in questo modo: intorno alla fine del XVII secolo messer Jacopo decise di favorire i numerosi contadini che lavoravano e vivevano nelle campagne  (e volevano scacciare le Malobre, ossia gli spiriti maligni), costruendo fuori Tricase, sulla via verso il mare, una nuova chiesa, storicamente ultimata nel 1685, a pianta ottagonale, e dedicata alla Madonna doi Costantinopoli. A tale scopo - attraverso il fatato "Libro del Comando" - pensò bene di evocare il Diavolo in persona, peraltro con il segreto intento di prendersi beffe di lui. La sfida proposta dal nobile di Tricase  fu accolta dal Diavolo, a condizione però che, nella stessa chiesa, a offesa e scherno di Dio, il Principe vecchio avesse poi offerto l'ostia consacrata ad un caprone, simbolo di Satana. Per tale impegno, in aggiunta, il Signore delle tenebre avrebbe lasciato nella Chiesa Nuova un forziere pieno di monete d'oro. Sancito il patto, ed eretta la chiesa, la mattina del giorno dopo il Diavolo ricordò la promesa al Principe vecchio, il quale negò di avergliela mai fatta. Sentendosi beffato il Diavolo sfogò la sua collera aprendo nei pressi della chiesa un canalone d'acqua (chiamato dai tricasini Canale del Rio) e gettandovi all'interno le campane della chiesa, che ancora oggi, nei giorni di tempesta, sembra facciano sentire, risalenti da sottoterra, i loro cupi rintocchi. E il forziere con le monete d'oro? Il Principe vecchio ebbe modo di trovarlo ed aprirlo, ma dentro pare che vi si trovassero delle insignificanti monete di metall vile o addirittura dei sassi.

Infine, la Grotta delle Striare a Santa Cesarea Terme, situata lungo la scogliera tra il Porto di Castro e Porto Miggiano, è una grotta dall'atmosfera inquietante. La leggenda vuole che le streghe si riunissero lì per danzare e creare pozioni. Chi si avventura nella grotta parla di odori pungenti e di rocce scolpite a forma di mani femminili con unghie affusolate, simili a quelle di una strega, che risaltano soprattutto al tramonto con i vapori sulfurei che sembrano provenire da calderoni incantati.

 

Halloween, pur avendo radici celtiche, trova nelle usanze salentine e del Sud Italia una sorprendente affinità, mostrando come le credenze sui defunti e i rituali di passaggio siano diffuse e abbiano resistito, in diverse forme, per millenni. Una tradizione che, in queste terre, continua a prosperare, mantenendosi distante dalla commercializzazione e rimanendo fedele a una cultura che celebra questo mondo con rispetto e reverenza.


Oltre le mura: le quattro porte storiche di Lecce

Il Salento vanta un’affascinante storia millenaria, in particolare nella città di Lecce, conosciuta anche come la "Firenze del Sud". Lecce non è solo un gioiello del barocco, ma un luogo in cui si respira il passato attraverso i monumenti e le antiche mura che un tempo la proteggevano.

In epoca medievale, l'unico modo per entrare nella città era attraverso una delle sue quattro porte monumentali. Questi passaggi, ora importanti testimonianze storiche, rappresentavano non solo l'accesso fisico alla città, ma anche una difesa strategica contro gli attacchi nemici. Alcune porte prendevano il nome dai santi, altre dalle vie che conducevano a importanti destinazioni.

Il sistema difensivo della città di Lecce era stato rafforzato nel XVI secolo per ordine di Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero, che fece costruire un'imponente cinta muraria per proteggere la popolazione dai frequenti attacchi dei pirati saraceni. Oggi, le tre porte sopravvissute a quei tempi evocano storie di difesa, fede e potere, mentre la quarta, ormai scomparsa, è ricordata come parte integrante di questo ricco patrimonio storico.

 

Le Quattro Porte di Lecce: Uno Sguardo Dettagliato

Le quattro porte di Lecce sono monumenti che hanno assistito a secoli di storia. Tra queste, Porta Rudiae, Porta Napoli e Porta San Biagio sono ancora presenti, mentre Porta San Martino è stata distrutta nell’Ottocento. Esploriamole nel dettaglio.

 

Porta Rudiae: Porta Rudiae prende il nome dall'antica strada che conduceva alla città messapica di Rudiae, oggi un sito archeologico che offre uno spaccato delle radici più antiche del Salento. Mario Cazzato, nella sua “Guida della Lecce Fantastica” (Congedo Editore – 2006), ci informa che nei pressi di Porta Rudiae vi era un tempo l’ingresso alla via sotterranea Malenniana, che partiva dalla piazza e congiungeva la città di Lecce all’antica Rudiae. Situata nell'attuale via Adua, questa porta fu costruita nel XVII secolo sulle rovine di un ingresso medievale ancora più antico.

Lo stile barocco della porta è inconfondibile, con al centro la statua di Sant’Oronzo, patrono di Lecce, che sembra vegliare sulla città dall’alto. A fianco di Sant'Oronzo, le statue di Santa Irene e San Domenico, considerati "protettori minori", si ergono a testimonianza della profonda fede che permeava ogni aspetto della vita leccese. Sui lati dell’arco, anche altre antiche figure degne di nota e rispetto della storia salentina. Queste sono: Malennio, figlio di Dasumno e nipote di Salo; Dauno, figlio di Malennio; Euippa, sorella di Dauno e, infine, Lizio Idomeneo che, secondo la leggenda, avrebbe rifondato e dato il nome alla città. Ognuno di questi personaggi è, molto probabilmente, co-partecipe nella fondazione della città. Dopo il matrimonio tra Euippa e Idomeno, la città leccese passò sotto il controllo dei cretesi, che hanno saputo donare a Lecce e al Salento intero, tanta arte e cultura.

Sebbene l’originale funzione difensiva fosse ormai superata al tempo della sua costruzione, Porta Rudiae venne eretta con un forte impatto estetico, destinata a impressionare più che a proteggere.

 

 

Porta Napoli: L’ingresso orientale della città di Lecce è posto all’inizio della strada che anticamente conduceva a Napoli, allora Capitale d’Italia. La sua costruzione, che sostituì una precedente porta, San Giusto, ordinata dal nobile leccese Loffredo Ferrante e probabilmente realizzata dall’architetto Gian Giacomo dell’Acaya, risale al 1548 ed è stata dedicata all’imperatore Carlo V d’Asburgo, fondatore delle prime difese cittadine.

Porta Napoli è un vero e proprio Arco di Trionfo, caratterizzato da un arco a tutto sesto delimitato da due colonne realizzate in elegante e slanciato stile corinzio. Il frontone centrale rende onore allo stemma della casata degli Asburgo, che costituisce l’elemento architettonico di spicco dell’intera costruzione ed è corredato da raffigurazioni di cannoni e armature romaniche.

L’elogio all’imperatore è completato da una dicitura in suo onore, incisa in lingua latina nella pietra appena sotto lo stemma imperiale. La testimonianza fa riferimento alla sanguinosa battaglia contro i Turchi che nel 1480 devastò l’area salentina, domata per l’appunto dall’imperatore asburgico.

Porta Napoli torreggia imponente su Piazza Napoli, che è recentemente stata oggetto di un’accurata riqualificazione urbana ed è diventata uno dei maggiori ritrovi della movida leccese, oltre che un importante punto di riferimento culturale, data la presenza nelle sue immediate vicinanze di svariati poli universitari.

 

 

Porta San Biagio: Porta S.Biagio, cosi chiamata da un’adiacente cappella medioevale in onore di S.Biagio, patrono dei medici, esisteva già in età rinascimentale, ed era anche allora un punto nevralgico della città: uscita privilegiata per le passeggiate fuori porta dei leccesi verso un luogo extraurbano di delizie: la Torre del Parco, residenza del principe di Taranto Giovanni Antonio del Balzo Orsini, ultimo duca di Lecce.

La Porta, che oggi si presenta imponente per chi arriva in Piazza d’Italia da oriente, è la ricostruzione della porta cinquecentesca andata in rovina.

La porta, costruita nel 1774, è caratterizzata da coppie di colonne a fusto liscio poggianti su alti basamenti è sormontata dallo stemma di re Ferdinando IV di Napoli e da quello della città di Lecce duplicato ai lati. Al di sopra della trabeazione si eleva il fastigio di coronamento che accoglie un'epigrafe commemorativa. La scultura di san Biagio in abiti vescovili, completa l'ornamento artistico della porta.

Come accanto alla Porta esisteva una cappella dedicata a S.Biagio, analogamente in prossimità della Torre dei Parco ne esisteva un’altra dedicata allo stesso Santo, a cui il duca Giovanni Antonio Orsini del Balzo era devoto.   Le due cappelle erano in età medioevale tra loro collegate da una strada rettilinea alberata che di fatto inneggiava al Santo.  Questo asse stradale nel 1500 fu abbellito, diventando il percorso preferito per una passeggiata extramurale d’eccellenza.

S.Biagio vissuto tra III e IV secolo d. C., secondo la tradizione nacque a Lecce, ma poi parti per l’Armenia dove diventò vescovo cattolico della città di Sebaste. Morì decapitato per non aver rinnegato la fede cristiana.

 

 

Porta San Martino: nessuno di noi, neppure gli ultracentenari, hanno fatto in tempo a vederla: venne infatti demolita nel lontano 1830. Della “Quarta Porta” se ne ha memoria in documenti della seconda metà del XIII secolo (tra il 1261 ed il 1291).

Dedicata al vescovo cristiano del IV secolo, Martino di Tours, nativo dell’odierna Ungheria, si trovava all’incrocio delle attuali vie XXV Luglio e Matteotti, poche decine di metri dopo la sede del Palazzo del Governo, meglio noto come Prefettura.

Dopo la costruzione della Prefettura, che nell’Ottocento era denominata Intendenza, venne decretata la sua fine, in quanto le autorità del tempo, riunite sotto il nome di “decurionato”, decisero che “la più insignificante delle Quattro Porte cittadine non reggeva il confronto con la bellezza del nuovo edificio”. Porta San Martino fu abbattuta anche come parte di un processo di espansione e modernizzazione della città. All'epoca, molte città italiane iniziarono ad abbattere le antiche mura e porte per agevolare lo sviluppo urbano e migliorare la viabilità. Lecce non fece eccezione, e la decisione di demolire Porta San Martino venne presa per facilitare l’espansione verso l'esterno e per motivi logistici legati alla crescita della popolazione e al traffico cittadino.

A differenza di altre porte di Lecce, come Porta Napoli, Porta Rudiae e Porta San Biagio, che sono sopravvissute alle trasformazioni urbane, Porta San Martino non venne mai ricostruita e oggi non esistono resti visibili di questa antica struttura.

Porta San Martino era la più orientale delle quattro; non a caso guardava a Oriente, ed il suo passaggio indirizzava alla volta della marina di Lecce, San Cataldo.

Di tutte era la più semplice: si presentava come un arco di passaggio per uomini, animali e mezzi, ed era caratterizzata da un’architettura a “bugnato” e dalla merlatura tipica delle costruzioni del Medioevo.

Una sua immagine “essenziale” datata fine Seicento, si trova nell’opera postuma dell’abate romano, Giovan Battista Pacichelli (1634-1695), “Il Regno di Napoli in prospettiva”. In essa, si nota che è situata sull’asse del Castello di Carlo V, ed ha appunto forma ed architettura semplici e lineari.

 

 

Un Patrimonio da Scoprire: visitare Lecce oggi significa immergersi in un affascinante viaggio nel passato, attraversando porte che hanno assistito a secoli di storia e momenti cruciali. Questi imponenti monumenti, un tempo baluardi difensivi, oggi simboleggiano il potere, la fede e l'arte della città. Sono tra le attrazioni più iconiche di Lecce e rappresentano un invito irresistibile per chi desidera esplorare il cuore storico del Salento. Le porte di Lecce offrono un punto di partenza ideale per scoprire l'anima antica e preziosa di questa straordinaria città.


Esplorare le Grotte del Salento: le perle nascoste della costa adriatica e ionica

Le grotte del Salento sono meraviglie naturali assolutamente da conoscere. Si tratta di straordinarie cavità scolpite dal mare, presenti lungo la costa ionica e adriatica, che racchiudono storie affascinanti e leggende misteriose. La natura qui è stata molto generosa, regalandoci numerose grotte, alcune più profonde di altre, che si specchiano nelle acque cristalline creando incredibili giochi di luce e riflessi.

Per questo motivo, se si desidera un'esperienza unica, la cosa migliore è partecipare a una delle escursioni in barca nel Salento, lasciandosi affascinare dalle bellezze marine.

 

Le grotte più suggestive del Salento

Il Salento vanta numerose grotte, ma alcune meritano assolutamente di essere menzionate: di seguito un excursus sulle più belle e suggestive, incastonate sulla costa adriatica e ionica.

 

Grotta della Poesia

La Grotta della Poesia è una spettacolare piscina naturale situata a Roca Vecchia, sulla costa adriatica, nel comune di Melendugno. Lo specchio d'acqua verde smeraldo, circondato da rocce dorate alte fino a 5 metri, rende il paesaggio incantevole, simile ai cenote messicani.

Si tratta di una cavità di origine naturale formatasi con la graduale azione corrosiva dell'acqua, ed è sua volta suddivisa in due parti, ossia la Grotta della Poesia Grande e la Grotta della Poesia Piccola, le quali comunicano fra loro attraverso un cunicolo sotterraneo, e distano l'una dall'altra appena sessanta metri, dove è presente una spiaggia di piccole dimensioni.

La Grotta della Poesia si chiama così perché, a detta di un'antica leggenda, tantissimo tempo fa una giovane donna era solita tuffarsi e farsi il bagno proprio all'interno della suddetta piscina naturale. Era talmente bella da attirare l'attenzione di molte persone, le quali si recavano sul posto per ammirarla. Tra esse c'era un grande poeta dell'epoca, il quale la fece diventare la musa ispiratrice delle sue opere e alcune sono proprio dedicate a quest'ultima. È inoltre importante segnalare il rinvenimento di alcune iscrizioni di origini greche, latine e messapiche sulle pareti, grazie a cui è stato possibile comprendere che la grotta era il luogo di venerazione del dio Taotor.

Questa grotta è parte di uno dei siti archeologici più importanti d'Italia e, per preservarne l'integrità, è stato introdotto un biglietto di circa 3 euro per i visitatori non residenti nella provincia di Lecce.

 

Grotta dei Cervi

Proseguendo lungo la costa adriatica, a Porto Badisco, troviamo la Grotta dei Cervi, un sito archeologico di grande rilevanza. Le pareti della grotta sono decorate con numerose pitture rupestri, realizzate con guano di pipistrello e ocra rossa, costituendo uno dei complessi pittorici neolitici (tra il 4.000 ed il 3.000 a.C.) più importanti d'Europa.

Le figure rappresentano cacciatori, animali (cani, cavalli, cervi), oggetti, simboli magici, geometrie astratte e molte scene di caccia ai cervi (da cui il nome della grotta). Uno dei pittogrammi più famosi del mondo è il cosiddetto Dio che balla, che raffigura uno sciamano danzante .

L'accesso è limitato, riservato a studiosi e giornalisti accompagnati da speleologi qualificati.

 

Grotta Azzurra

Situata a Castro, la Grotta Azzurra è una delle perle dell'Adriatico, raggiungibile solo via mare.

Per esplorare la Grotta Azzurra, i visitatori possono prendere una piccola imbarcazione o un kayak dalle spiagge circostanti e fare una breve escursione fino all’entrata della grotta. La grotta è abbastanza ampia e offre spazio sufficiente per le barche. Mentre si entra lentamente all’interno, la magia si svela quando i raggi del sole penetrano nell’acqua e illuminano l’interno con una luce azzurra iridescente.

L’acqua all’interno della grotta è estremamente chiara, consentendo di vedere il fondale marino e le formazioni rocciose sottomarine con sorprendente chiarezza.

La Grotta Azzurra non è solo uno spettacolo per gli occhi umani, ma anche un habitat importante per molte specie marine. Le pareti della grotta sono ricoperte da alghe e coralli, e il suo ambiente unico offre rifugio e nutrimento a numerosi pesci e altre creature marine. Durante la vostra visita, potreste avere la fortuna di vedere pesci colorati e altre creature che nuotano intorno alle barche.

Queste caratteristiche sono ciò che rendono l’esperienza di nuoto nella Grotta Azzurra davvero unica.

 

Grotta della Zinzulusa

La leggenda della Grotta di Zinzulusa, scoperta nel 1793 vicino a Castro, racconta di un crudele Barone di Castro che, nonostante la sua ricchezza, lasciava la figlia vestita di stracci e fece morire la moglie di dolore. Una fata buona apparve alla bambina, le donò un bellissimo vestito e gli stracci (zinzuli) volarono nella grotta, dove si pietrificarono. Da qui il nome "Zinzulusa". La fata punì il Barone gettandolo in mare, creando un laghetto infernale chiamato Cocito. La bambina, invece, si sposò con un principe buono e visse felice.

Di fatto, la grotta presenta delle particolari formazioni calcaree che pendono dall'estremità più alta, e che appunto la tradizione popolare riconosce essere gli stracci della bambina; inoltre, nel laghetto sottostante, il Cocito, vivono esemplari di gamberetti senza pigmenti e ciechi.  Il nome della grotta deriverebbe quindi dagli avvenimenti richiamati dalla leggenda; secondo invece altre opinioni, esso deriverebbe dal nome greco e arabo di un albero che, un tempo, era molto diffuso nei luoghi: il giuggiolo (detto zinzinusa).  La grotta venne scoperta dal Vescovo di Castro nel 1793, e fu studiato quindi nel corso del novecento. Vi furono rinvenuti numerosi reperti neolitici e paleolitici, oltre che manufatti d'epoca romana e fossili di vari animali come ippopotami, orsi, cervi, felini e uccelli. Fu aperta al pubblico, dopo decenni di esplorazioni e ricerche, solo nel 1957.

Questa grotta carsica, lunga 300 metri, è accessibile via terra solo con guida turistica, che accompagna i visitatori alla scoperta delle sue storie e leggende.

 

Grotte di Santa Maria di Leuca

La zona di Santa Maria di Leuca e limitrofa è ricchissima di grotte, tutte interessanti e diverse l’una dallaltra, ma alcune sono particolarmente degne di nota.

Vicino al Ponte del Ciolo, ci sono le Grotte delle Cipolliane, raggiungibili tramite il Sentiero delle Cipolliane, un antico cammino che unisce la vegetazione mediterranea con il blu profondo del mare.

 

Altre grotte da esplorare in zona includono:

 

- La Grotta del Diavolo, chiamata così a causa dei suoni e dei rimbombi che venivano attribuiti dalla fantasia popolare ai diavoli, è situata a Santa Maria di Leuca, su Punta Ristola, ed è raggiungibile sia via mare e sia via terra.

- La Grotta del Soffio è una grotta “misteriosa”, quasi difficile da individuare se non si conosce la sua esistenza. Il suo nome trae origine dallo strano fenomeno che si verifica al suo interno, a causa degli spruzzi e soffi dell’aria che, rimanendo bloccata all’interno della cavità dalle onde, non fuoriesce regolarmente, dando l’impressione che la grotta “respiri”.

Ciò che rende ancora più affascinante questo piccolo anfratto è il cosiddetto “Effetto Morgana”: l’incontro tra l’acqua salata del mare con quella dolce che sgorga dalle sorgenti presenti nella grotta, crea un’illusione ottica che va a distorcere le immagini a causa della diversa rifrazione della luce.

Per visitare la Grotta del Soffio, un’ottima soluzione sarebbe quella di arrivare all’imboccatura della cavità e aspettare che la risacca creata dalle onde si ritiri, lasciando così aperta l’entrata. Quello sarà il momento giusto per fare una piccola immersione e ritrovarsi nel cuore della grotta sommersa, che rivelerà la sua parte più preziosa e nascosta.

- La Grotta delle tre Porte è sicuramente la più famosa e la più fotografata delle grotte di Leuca. E’ costituita da tre grandi aperture che lasciano intravedere un’immensa cavità. Sulla parete nord del vano interno alla grotta c’è un cunicolo che termina dopo circa 30 mt in un’ampia camera con stalattiti e stalagmiti. In essa chiamata la Grotta del Bambino, fu ritrovato un molare superiore sinistro di un bambino di circa 10 anni risalente all’età neandertaliana. Nel cunicolo invece sono stati ritrovati resti di rinoceronte, elefante antico e cervo.

 

 

Grotte di Porto Selvaggio

Tra le grotte del Salento ionico, spiccano quelle di Porto Selvaggio, tra cui la Grotta del Cavallo, nei pressi di Santa Caterina, importante testimonianza della vita sociale del neolitico. Altre grotte rilevanti sono la Grotta di Uluzzo e la Grotta Capelvenere, famosa per le felci che adornano la sua entrata.

 

Grotta Sfondata di Otranto

Situata nei pressi della Baia del Mulino d’Acqua, così chiamata in ricordo di un mulino ad acqua un tempo situato vicino alla baia,  la Grotta Sfondata di Otranto è un vero paradiso naturale. Prende il nome dal suo caratteristico "sfondamento" roccioso, risultato di un crollo parziale della volta che crea un'apertura verso l'alto. Un bagno all’interno della Grotta Sfondata consente di godere, in acqua sia di zone al sole derivanti dal foro nella roccia che di alcune di ombra.

La scogliera a strapiombo proibisce l’accesso dalla terra, motivo per il quale la località può essere visitata esclusivamente accedendo dal mare.

Per visitarla basterà parcheggiare nella vicina Baia del Mulino d’Acqua per poi giungere nella graziosa spiaggia di Santo Stefano. A questo punto si potrà raggiungere Grotta Sfondata a nuoto o in barca.

 

Grotta Verde

Situata presso la Marina di Andrano, in località “La Botte”, tratto di costa, dove la conformazione della scogliera risulta particolarmente bassa, la Grotta Verde è raggiungibile scendendo la scogliera e nuotando per pochi metri. All'interno, la luce penetra attraverso le fessure creando incredibili riflessi verde smeraldo.

 

 

Le grotte del Salento rappresentano un autentico tesoro naturale, un viaggio tra storia, leggenda e meraviglie paesaggistiche uniche al mondo. Ogni cavità, con le sue acque cristalline e le sue formazioni rocciose scolpite dal tempo e dal mare, racconta una storia che affascina e incanta chi ha la fortuna di esplorarle. Che si ami l’avventura o si sia appassionati di natura, una visita a queste grotte ti regalerà un’esperienza indimenticabile. Non resta che partire alla scoperta di questi gioielli nascosti, immergendosi in un mondo di bellezza e mistero, dove la natura regna sovrana.


Decreto Salva Casa 2024: tutte le novità e modifiche per la tua abitazione

Il Decreto Salva Casa 2024, approvato in via definitiva dal Senato il 24 luglio 2024, introduce un’importante serie di modifiche e semplificazioni volte a facilitare la regolarizzazione delle lievi difformità edilizie e a promuovere la riqualificazione del patrimonio immobiliare. Questo provvedimento si propone di snellire l'iter burocratico, mantenendo al contempo un forte controllo sulla sicurezza degli edifici e il rispetto delle normative vigenti. Vediamo nel dettaglio cosa cambia e quali opportunità si aprono per i proprietari di immobili.

 

Obiettivi del Decreto

L’obiettivo principale del Decreto Salva Casa è semplificare e accelerare il processo di sanatoria delle irregolarità edilizie di lieve entità, che in passato potevano comportare lungaggini burocratiche e costi elevati. Il provvedimento introduce un approccio più flessibile, riducendo tempi e spese per ottenere le autorizzazioni necessarie. Tuttavia, è importante sottolineare che non si tratta di un "condono edilizio", ma di una serie di misure che consentono la regolarizzazione di abusi minori, sempre nel rispetto delle leggi urbanistiche e igienico-sanitarie.

 

Le Principali Novità

1. Abusi su parti comuni e private: Le irregolarità presenti su parti comuni di un edificio condominiale non bloccano i lavori di ristrutturazione di singoli appartamenti, e viceversa. Questo previene problematiche che avevano rallentato interventi come il superbonus in passato.

2. Altezze e superfici ridimensionate: Il decreto introduce deroghe che permettono la costruzione di abitazioni con altezze inferiori ai 2,70 metri, riducendo il limite minimo fino a 2,40 metri per interventi di recupero. Allo stesso modo, sono consentiti monolocali da 20 mq e bilocali da 28 mq, superando alcune restrizioni della normativa del 1975.

3. Cambio di destinazione d’uso semplificato: I cambi di destinazione d'uso diventano più facili, anche senza opere edilizie, e comprendono interventi di edilizia libera. Questo apre la porta a nuovi utilizzi di spazi come i primi piani e seminterrati, agevolando la conversione in unità residenziali in conformità con la legislazione regionale.

4. Pergole bioclimatiche senza autorizzazione: Le pergole bioclimatiche con telo retrattile rientrano ora nell’edilizia libera, eliminando l’obbligo di ottenere un titolo abilitativo, a patto che non creino spazi chiusi permanenti.

5. Sanatoria per vincoli ante 2006: Gli interventi soggetti a vincoli anteriori al Codice dei Beni Culturali del 2006 possono essere sanati, purché autorizzati dal Comune, senza dover richiedere un preventivo accertamento di compatibilità paesaggistica.

6. Tolleranze edilizie più ampie: Per i mini appartamenti sotto i 60 mq, la tolleranza tra quanto autorizzato e quanto realizzato aumenta al 6%, mentre per altre superfici è stabilita su percentuali minori a seconda della dimensione dell'immobile.

7. Sanatoria per immobili del Vajont: Gli immobili ricostruiti nelle aree colpite dalla tragedia del Vajont possono ottenere agevolazioni per la certificazione di agibilità o abitabilità, equiparando il certificato di collaudo a tali documenti.

 

Come Presentare Domanda di Sanatoria

Per chi desidera sanare le piccole irregolarità edilizie, il Decreto Salva Casa 2024 rappresenta un'opportunità unica. La procedura prevede diversi passaggi, tra cui la raccolta di documentazione specifica, come:

- Planimetrie aggiornate dell'immobile.
- Relazione tecnica redatta da un professionista abilitato.
- Dichiarazione di conformità degli impianti, se modificati.

Una volta raccolti questi documenti, la domanda può essere presentata all'ufficio tecnico del Comune di appartenenza, con eventuale pagamento di sanzioni variabili in base alla gravità dell’abuso.

 

Cosa si Può Sanare?

Il decreto consente la regolarizzazione di interventi edilizi realizzati fino al 24 maggio 2024, purché rispettino determinate soglie di tolleranza:

- 6% per immobili sotto i 60 mq.
- 5% per immobili tra 60 e 100 mq.
- 2% per superfici superiori ai 500 mq.

Queste percentuali offrono maggiore flessibilità, agevolando la risoluzione delle piccole difformità che spesso rallentavano le pratiche edilizie.

 

Superamento della Doppia Conformità

Un’altra novità fondamentale del Decreto Salva Casa è l’eliminazione della cosiddetta "doppia conformità" per le difformità minori. Ora, sarà sufficiente che l’intervento sia in linea con la normativa urbanistica vigente al momento della domanda, senza necessità di rispecchiare le regole in vigore al momento della realizzazione dell’abuso.

 

Il Futuro dell’Edilizia Italiana

Il Decreto Salva Casa 2024 segna un passo importante verso una gestione più snella e trasparente del settore edilizio in Italia. Le semplificazioni introdotte, combinate con nuove opportunità di rigenerazione urbana e agevolazioni fiscali, mirano a incentivare interventi di riqualificazione e a migliorare la qualità abitativa del patrimonio immobiliare nazionale.

Per chiunque desideri approfittare di queste novità, è fondamentale affidarsi a professionisti esperti per garantire che gli interventi siano conformi alle normative e che la sanatoria avvenga senza intoppi.