Ville, Casine, Casini. L’architettura delle residenze suburbane in Salento nella seconda metà del ‘700

Quando ci si addentra a parlare di Ville nobiliari e antiche del Salento, prima di tutto occorre precisare i motivi per cui queste bellissime costruzioni sono state realizzate. Le Masserie sono inizialmente i luoghi in cui il contadino vive per non allontanarsi mai dalla campagna; i Casini, le Ville e le Casine sono architetture successive che hanno origine in seguito alla necessità del proprietario terriero di spostarsi temporaneamente a vivere in campagna.

 

Il ritardo economico del Salento e conseguenze sull'architettura

E' opportuno dire innanzitutto che il Salento è sempre stata una terra relativamente povera e che gli ostacoli allo sviluppo sono e sono stati numerosi: tra questi la presenza di terreni utilizzati esclusivamente per il pascolo, la presenza di vaste aree di macchia, la presenza di paludi e acquitrini, la diffusione delle colture estensive, le invasioni dei Turchi, il persistere di tecniche colturali arretrate, l'atteggiamento poco lungimirante del latifondista.

Nelle aree del sud, nel corso del Settecento, la crisi dell'olivicoltura e la crescente domanda di vino sul mercato europeo portarono ad una profonda trasformazione rurale.

 

L'architettura inizia a cambiare in seguito alla diffusione delle vigne

La diffusione del vigneto andò a scapito dell'oliveto e della cerealicoltura e incise notevolmente sulle nuove forme di edificazione rurale. Infatti, nelle zone dove si diffuse maggiormente questa nuova coltura, si registrò una trasformazione del paesaggio e della architettura delle abitazioni. I vigneti, a conduzione più complessa, richiedevano una costante presenza del contadino e, alla tradizionale masseria, si affiancarono le abitazioni del colono, del mezzadro oppure del piccolo proprietario.

Le masserie infatti, benché architettura volta alla difesa del territorio, si presentano spesso arricchite da eleganti elementi decorativi quali pozzi monumentali, sontuose sale ed enormi camini, stemmi posti in bella vista, tutti elementi mutuati dall'architettura cittadina e che attribuiscono alla costruzione rurale fortificata un segno aristocratico.

Le masserie erano ancora lontane dalle vere e proprie ville, tipiche del Nord Italia, o dalla tipologia della villa rustica di epoca romana. Si tratta molto spesso di edifici a carattere monumentale che con i loro tratti decorativi segnano maggiormente la differenza con le semplici e povere abitazioni dei contadini.

 

Il barocco nella campagna

A partire dalla seconda metà del Settecento, si raggiunse un compromesso tra città e campagna. Fu così che nella periferia dei centri abitati più importanti, come Nardò e Lecce, e lì dove c'erano i terreni più fertili, sorsero eleganti dimore che ancora oggi sono testimonianza della diffusione del barocco anche in ambienti rurali.

Quindi si ebbero in questa fase due paralleli e contemporanei processi di sviluppo architettonico nelle campagne: in molti casi si ripresero le vecchie masserie, fornendo nuovi adorni, vari abbellimenti e spesso si costruì al di sopra della struttura originaria, tanto da arrivare a mascherare volutamente la fisionomia strutturale dell'antico edificio; contemporaneamente si costruirono ville, casini, casine e giardini ex-novo.

Il diffondersi del casino di campagna è la conferma di una nuova mentalità, scaturita dal fatto che la nuova borghesia era cosciente del fatto che l'agricoltura era il pilastro dell'economia.

 

Il rifugio in campagna diviene una necessità

Ma al di là dell'interesse prettamente economico resta il fatto che a partire dalla seconda metà del 1700 si cominciò ad avvertire l'esigenza di spostarsi in campagna solo per un ritiro salutare. Questo esodo poi era incoraggiato dalla scarsità dei prodotti alimentari e dal continuo diffondersi delle epidemie a causa delle abbondanti piogge che imperversavano il comprensorio di Lecce.

 

La Villa e la Casina

La villa è solitamente una costruzione imponente, appartenuta a famiglie blasonate o comunque all’alta borghesia, che presenta fregi architettonici, è curata nei particolari ed è circondata da un parco costituito da piante ornamentali, in modo da rendere più gradevole il soggiorno. Quasi sempre è al centro di un’attività agricola, per cui, a parte casi più rari di residenze prettamente di villeggiatura, oltre alla casa padronale, contiene caseggiati rurali come l’abitazione per i coloni, stalle, rimesse ed opifici. La villa, così come la casina (molto spesso i due termini sono intercambiabili) denuncia un distacco dall'ambiente rurale e dalle attività ad esso collegate, in quanto si tratta spesso di fabbricati più ricchi, circondati da un parco e preceduti da ombrosi viali con piante ornamentali. Qui vengono messi in risalto alcuni particolari architettonici quali le colonne all'ingresso, gli archi, le terrazze e le scalinate.

 

La Valle delle Cupa

Dal punto di vista geografico la Valle della Cupa è costituita da una grande depressione carsica e ha dei confini ben delimitati: al centro dell’area c’è la città di Lecce e intorno una serie di paesi. Tra gli altri, fanno parte dell’area della Valle della Cupa: Campi Salentina, Novoli, Carmiano, Arnesano, Monteroni, San Pietro in Lama, Lequile, San Cesario, Cavallino, Lizzanello. La fertilità del terreno, la facilità dell’accesso all’acqua e la vicinanza a Lecce hanno reso già in tempi antichi la Valle della Cupa una delle mete predilette dall’aristocrazia del capoluogo. Per l’interesse storico-artistico, molti degli edifici che rientrano nell’area sono sotto la tutela della Soprintendenza. Molte famiglie nobiliari del capoluogo scelsero questo paesaggio edificando residenze di caccia o di villeggiatura. Nella prima periferia di Lecce, nei pressi della via che conduce a San Pietro in Lama, si può iniziare il percorso visitando villa Mellone, incantevole residenza nobiliare risalente al 1784. Il portone e le balaustre presenti al primo e ultimo piano chiedono di alzare lo sguardo per goderne a pieno. La cappella privata e il giardino chiamano a una visione più ampia per apprezzarne la bellezza, spingendo lo sguardo anche nelle campagne circostanti. Nella stessa zona si può visitare Villa Franchini. A Monteroni poi le splendide Villa Cerulli e Villa Romano. Quest’ultima è stata scelta come set cinematografico.

 

Il Casino

Il casino di campagna rappresenta il nuovo rapporto che si venne a instaurare tra proprietari terrieri e contadini. Meno sontuoso della villa, il casino infatti è una tipologia di abitazione che vede insieme la casa del colono con l'abitazione stagionale del proprietario. Stilisticamente sobria, e priva di parchi ornamentali, spesso questa dimora presenta due piani: il piano terra occupato dal colono o giardiniere con i locali per la  lavorazione del tabacco, i magazzini e la cantina per il vino, mentre il piano superiore vedeva la vera dimora abitativa del proprietario terriero.

Risulta che i termini casina e casino, anche se usati indifferentemente, esprimono tipologie abitative differenti e allo stesso tempo rappresentano una diversa concezione del rapporto con la campagna e con la famiglia del contadino.

 

Il Giardino

Differente sia per forma che per funzione è il cosiddetto Giardino, di costruzione più semplice. Più comunemente possiamo dire che il giardino è la dimora abitativa del colono dove vengono praticate le colture, di solito verdure e ortaggi, vendute poi sui mercati dei centri abitati o in loco.

Nella maggior parte dei casi il giardino è un impianto edilizio molto semplice, con una o due camere da letto e un soggiorno ampio con alcuni locali dove porre gli strumenti di lavoro. Era presente anche una stalla dove erano allevati pochi animali con le erbe provenienti dall'orto. Tale dimora era diffusa soprattutto nelle periferie della città con terreni di modesta estensione.

 

L’architettura rurale del Salento, arrivata sino ai giorni nostri in condizioni discrete, riflette la storia economica e sociale della regione, con le sue peculiarità e le influenze esterne che ne hanno plasmato l'evoluzione nel corso dei secoli.  Un percorso magico, che ci permette di scoprire una fase della storia del Salento più recente, ma non per questa priva di fascino.


Esplorando la magia della Notte della Taranta a Melpignano, nel cuore della Grecìa Salentina

Nel cuore della splendida regione italiana del Salento, c'è un evento che incanta e affascina: la Notte della Taranta a Melpignano. Questo affascinante spettacolo musicale celebra la ricca cultura e tradizione della Grecia Salentina, una zona in Puglia dove persiste una forte influenza della cultura greca.

 

Radici Profonde

La Grecia Salentina è un'area linguistica e culturale situata nella parte meridionale della Puglia, dove le tradizioni greche hanno radici profonde. Qui, il dialetto greco-salentino, conosciuto come griko, è ancora parlato da molti abitanti. La regione è famosa per la sua ricca eredità culturale, che si riflette nella musica, nella danza e nelle feste tradizionali.

La “Grecìa Salentina” è formata da nove comuni: Calimera, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia e Zollino.

Sternatia è il paese dove l’antico linguaggio dialettale di origine greca, il “griko”, è ad oggi maggiormente conosciuto e parlato tra gli abitanti.

Nel centro storico, possiamo trovare numerose case a corte, portali bugnati e la residenza baronale di Palazzo Granafei. Il prezioso palazzo monumentale è stato realizzato durante la prima parte del Settecento, sebbene gli affreschi all’interno siano successivi e datati 1775. Al suo interno custodisce un frantoio ipogeo cinquecentesco.

La vicina Soleto è stata, prima ancora che una città greca, un importante centro della civiltà messapica, come testimoniato da numerose tombe e dal ritrovamento delle antiche mura di recinzione. Con l’avvento dell’Impero d’Oriente, fu anche una sede vescovile. Molto bello il centro storico, che conserva ancora oggi la sua struttura di impronta medievale con vie parallele e perpendicolari molto strette tra loro, con portali barocchi e case nobiliari del Rinascimento. Il monumento più importante di tutta Soleto è la cosiddetta Guglia di Raimondello. Si tratta di un grande campanile, ma senza campana ed eretto esclusivamente per scopi ornamentali, esempio di arte gotica nel Salento.

Da Soleto possiamo raggiungere facilmente Zollino, dove possiamo ammirare soprattutto le costruzioni architettoniche religiose.

Raggiungiamo quindi il centro abitato di Martano, uno dei più grandi borghi d’influenza greca in quest’area.

Il suo territorio fu però già abitato tantissimo tempo prima come testimoniano i menhir preistorici di Santu Totaru e del Teofilo. Fu nel periodo medievale che arrivò l’influenza greca essendo abitata da coloni dell’Impero Romano d’Oriente e il rito greco si conservò fino a tutto il Seicento.

Il dialetto e le tradizioni “grike”, invece, sopravvivono ancora oggi. Il centro storico di Martano mostra alcune parti dell’antica cinta muraria, e alcuni palazzi storici nobiliari realizzati tra il Cinquecento ed il Settecento tra cui l’esempio più bello è probabilmente quello di Palazzo Moschettini, dotato di un grande portale finemente decorato e di una lunga balconata egualmente pregiata.

Da Martano ci spostiamo a Martignano. Le origini di questo centro potrebbero esse stesse risalire al periodo greco, in uno degli importanti snodi che Lecce portavano a Otranto e Nardò. I monumenti più importanti che conserva sono la Chiesa Parrocchiale, la Torre dell’Orologio e la Torre Campanaria, tutti accomunati in un’unica struttura.

Raggiungiamo quindi Calimera, paese in cui l’origine greca è insita già direttamente nel suo nome proprio. “Calimera” infatti significa “buona giornata” in greco. Suggestiva la storia della Chiesetta di San Vito che sorge appena fuori dal centro abitato, tra le campagne. Questa piccola chiesa aperta solo il giorno di Pasquetta presenta all’interno un grande masso con un foro nel mezzo. La tradizione voleva che le persone passassero attraverso il foro per propiziarsi fertilità secondo un antichissimo rito pagano. La chiesa fu costruita attorno al masso proprio per “cristianizzare” anch’esso ed evitare così che i riti pagani continuassero a perpetuarsi. Tuttavia la tradizione si è conservata fino ad oggi ed ogni Pasquetta molti abitanti di Calimera la raggiungono per passare attraverso il masso.

Castrignano dei Greci. Anche qui, l’origine è evidente nel nome stesso del paese, che si pensa quindi fondato direttamente da popolazione proveniente dall’Impero Romano d’Oriente e fu certamente abitato dai bizantini tra il VI e il IX secolo.

Di contro, le costruzioni del tempo non sono più presenti e i monumenti più importanti restano l’ottocentesca Chiesa Parrocchiale della Madonna SS. Annunziata e il cinquecentesco Castello dei Gualtieri, adattato come residenza baronale su una costruzione preesistente più antica.

Corigliano d’Otranto, anch’esso greco dal VI al IX secolo. Il suo antico castello del 1465 (Castello dei Monti) resistette al terribile attacco turco del 1480, così da essere ancora oggi un vanto non solo architettonico, ma anche puramente storico. L’impatto visivo è davvero maestoso, da richiamare alla mente il classico concetto di “castello medievale”: quattro torrioni per ciascun angolo, attorniato da un grande fossato cui si accedeva un tempo per ponte levatoio.

Poco lontano da Castrignano sorge Melpignano, oggi famosissimo per via della famosissima Notte della Taranta. Anche questo borgo fu abitato da greci e il rito greco si conservò fino al Cinquecento.

Nel centro storico è da vedere la bella Piazza San Giorgio, dove convogliano la chiesetta parrocchiale, portici rinascimentali a tutto sesto e la Torre dell’Orologio costruita all’inizio del Novecento. Importante anche la Chiesa della Vergine del Carmelo, con un’imponente facciata realizzata a metà del Seicento e arricchita da particolari barocchi da Giuseppe Zimbalo. Infine, vale la pena fare un salto al Palazzo Marchesale seicentesco.

 

La Notte della Taranta: Un'Esperienza Unica

Al centro di questa cultura vibrante c'è la Notte della Taranta, un evento che celebra la musica tradizionale del Salento, in particolare il tarantismo, un antico rituale di guarigione attraverso la musica e la danza. L'evento culmina con un grande concerto nella pittoresca cittadina di Melpignano, dove musicisti provenienti da tutto il mondo si uniscono per suonare la pizzica, un genere musicale tradizionale salentino.

 

L'atmosfera Magica di Melpignano

Melpignano offre lo scenario perfetto per questa festa straordinaria. Durante la Notte della Taranta, le strade si animano con colori, suoni e profumi, mentre i visitatori si immergono completamente nell'atmosfera magica e coinvolgente.

 

Un'Esperienza Indimenticabile

Partecipare alla Notte della Taranta è un'esperienza indimenticabile per chiunque ami la musica, la danza e la cultura. I visitatori possono godersi non solo il concerto principale, ma anche una serie di eventi collaterali, come le lezioni di pizzica e gli spettacoli di artisti locali. È un'opportunità unica per immergersi nella cultura e nella tradizione del Salento, mentre si crea un'esperienza di condivisione e celebrazione con persone provenienti da tutto il mondo.

 

Conclusioni

La Notte della Taranta a Melpignano è molto più di un semplice concerto; è un viaggio attraverso la storia, la musica e la cultura del Salento. Questo evento magico cattura l'essenza della Grecia Salentina, offrendo ai visitatori un'esperienza autentica e indimenticabile. Se siete in cerca di avventure culturali e musicali, non c'è posto migliore dove essere che qui, nel cuore della Puglia, durante la Notte della Taranta.


Il fascino intramontabile dell’architettura salentina: un viaggio nei centri storici e nell’arredamento locale

Nel cuore della splendida regione italiana del Salento, una terra ricca di storia, cultura e bellezze naturali, si celano tesori architettonici che narrano storie millenarie. I centri storici salentini, con le loro strade strette e tortuose, le piazze antiche e i palazzi storici, incantano i visitatori con la loro atmosfera intramontabile.

 

L'Architettura Salentina: un'eredità culturale

L'architettura del Salento è una fusione affascinante di stili che riflettono le molteplici influenze storiche che hanno plasmato questa regione nel corso dei secoli. Dai resti delle antiche città greche alle vestigia del dominio romano, dalle testimonianze del periodo bizantino all'epoca barocca, il Salento ospita un ricco patrimonio architettonico che si distingue per la sua bellezza unica e la sua maestosità.

I centri storici, come quelli di Lecce, Gallipoli, Otranto e numerosi altri borghi, presentano un'architettura affascinante caratterizzata da facciate imponenti, dettagli elaborati e intricati intarsi in pietra leccese, una pietra calcarea locale nota per la sua morbidezza e la sua capacità di essere scolpita con precisione. Santa Maria di Leuca e la Valle della Cupa sono due delle località con la maggior espressione architettonica delle dimore private di lusso, che si manifesta in grandi ville in stile liberty, ancora oggi visibili e in parte visitabili.

Le dimore private sono quelle che incarnano nel modo più autentico l’essenza della vita e della quotidianità delle persone che hanno popolato queste terre, scrigni delle loro usanze e della loro cultura.

Queste abitazioni vanno dalla più piccola e umile, sino ad arrivare alla grande casa padronale, ma nonostante si differenzino tra loro per dimensioni e dettagli, hanno un unico denominatore comune: la volta a stella. Quest’ultima, realizzata con sapiente pazienza con l’incastro di conci di tufo, dona maestosità ad ogni ambiente, anche al più umile.

Altri elementi che vanno a caratterizzare le tipiche case salentine sono le corti, i cortili, i giardini, i terrazzi, ovvero spazi all’aperto dove avveniva l’interscambio della quotidianità tra le famiglie, che a volte vivevano quasi in simbiosi.

 

L'Arredamento Tradizionale: tra storia e modernità

L'arredamento tradizionale del Salento riflette la ricca storia e le tradizioni della regione, con influenze che vanno dall'artigianato locale alle tendenze contemporanee. Mobili in legno massello intagliato a mano, tessuti colorati e ceramiche decorate con motivi tradizionali sono solo alcune delle caratteristiche dell'arredamento salentino che catturano l'attenzione e l'immaginazione dei visitatori.

La ceramica è un elemento distintivo, con i suoi vivaci colori e i disegni ispirati alla natura e alla vita quotidiana. Le ceramiche salentine sono spesso utilizzate per decorare piatti, vasi, piastrelle e oggetti d'arte, aggiungendo un tocco di colore e originalità agli ambienti domestici.

Le case tradizionali del Salento sono caratterizzate da interni accoglienti e rustici, con pavimenti in pietra locale o in cementine, soffitti a volta e pareti imbiancate. I mobili sono spesso realizzati su misura da artigiani locali, utilizzando legni pregiati come il noce, il ciliegio e l'ulivo, e sono spesso decorati con intarsi e intagli che ne esaltano la bellezza e l'artigianalità.

 

La rivisitazione moderna dell'estetica salentina

Negli ultimi anni, c'è stato un rinnovato interesse per l'arredamento tradizionale salentino, con molti designer e interior designer che reinterpretano in chiave moderna le forme e i motivi tradizionali. Questa tendenza ha portato alla creazione di arredi contemporanei ispirati alla ricca eredità culturale del Salento, che combinano materiali tradizionali con linee pulite e design innovativi.

Le case e gli spazi pubblici del Salento riflettono sempre più questa fusione di tradizione e modernità, con interni che mescolano mobili antichi con pezzi di design contemporaneo, e che celebrano l'artigianato locale e le tecniche tradizionali insieme a soluzioni innovative e sostenibili.

Largo spazio ha trovato, negli ultimi tempi, il recupero di oggetti antichi, che non venendo più utilizzati per il loro scopo originario, si animano di nuova vita, con nuovi usi e utilizzi, come nel caso delle scale a pioli in legno, ora usate come appendiabiti o porta piante, e delle grandi anfore, un tempo usate per la conservazione del vino e dell’olio, che ora abbelliscono cortili, giardini e angoli di soggiorni.

Concentrando l’attenzione sui materiali utilizzati, oltre ai già citati pietra leccese, tufo, legno e ceramica, sono molto utilizzati il cotone, il lino e i vimini, che si manifestano in tovaglie e tendaggi, sedie e cesti.

Il colore dominante è il bianco, l’unico a saper attenuare il calore del sole estivo di questa terra, accompagnato da una tavolozza che spazia dai toni della terra ai colori pastello, sino ai toni più vivaci e vibranti.

Un arredamento minimal – chic, quindi, dalle linee pulite, ma mai troppo precise, che lascia spazio alle forme semplici ma ricercate dell’artigianalità.

 

Conclusioni

L'architettura e l'arredamento del Salento rappresentano un patrimonio culturale prezioso che incanta e ispira visitatori da tutto il mondo. Attraverso la loro bellezza intramontabile e la loro capacità di raccontare storie millenarie, i centri storici e gli interni tradizionali del Salento continuano a essere una fonte di ispirazione per artisti, designer e appassionati di cultura, contribuendo a preservare e valorizzare l'identità unica di questo affascinante lembo d’Italia.


Esplorando la campagna del Salento: Tesori Nascosti tra Grotte Rupestri, Dolmen, Menhir e Pajare

Le spiagge mozzafiato, le acque cristalline e le antiche tradizioni arrivate invariate nei secoli sino ai giorni nostri, sono gli elementi che in primis ci spingono a visitare la penisola salentina.

Tuttavia, oltre a questi affascinanti aspetti, il Salento custodisce nell’entroterra un patrimonio archeologico e naturale straordinario, che si manifesta nelle sue misteriose grotte rupestri, imponenti dolmen, enigmatici menhir, suggestive specchie, caratteristiche pajare e lamie.

 

Grotte Rupestri: Un Viaggio nel Passato

Ancora oggi possiamo ammirare, nelle campagne salentine, le grotte rupestri. Di origine carsica, e spesso di carattere ipogeo, questi insediamenti incastonati nella roccia, rappresentano in gran numero le testimonianze della presenza umana fin dal periodo preistorico, e si manifestano in un affascinante labirinto di cunicoli e camere.

Inizialmente utilizzate come riparo, e per la celebrazione di culti misterici, con l’avvento del Cristianesimo sono state trasformate in luoghi eremitici, oppure in luoghi di culto, prendendo il nome di cripte, e arricchendosi di affreschi dagli sgargianti colori, in stile bizantino, che in parte sono arrivati sino ai nostri giorni. In altri casi sono state adibite a frantoi, sfruttando le cavità naturali del terreno.

Al di fuori di queste grotte, in molti casi nacquero dei veri e propri villaggi rupestri autosufficienti, abitati attivamente fino ai secoli XIV-XV d.C. del Medioevo.

Nella località di Macurano, nel comune di Alessano, troviamo uno dei complessi più rappresentativi di questa tipologia.

 

Dolmen e Menhir: Misteriose Costruzioni Megalitiche

Tra gli ulivi secolari e i muretti a secco del Salento, si ergono maestosi dolmen e menhir, testimonianze dell'antica civilizzazione che popolava questa terra. L’elemento caratteristico è la loro natura megalitica, ovvero l’essere stati realizzati con grandi blocchi unici di pietra, dei monoliti, che nel caso del dolmen venivano disposti sia verticalmente, e sia orizzontalmente, per dare vita a un sepolcro, mentre nel caso del menhir si trattava di un monolite collocato in posizione verticale rispetto al terreno, che poteva assolvere a una funzione funeraria, di buon auspicio e fertilità, oppure astrale.

Più discussa, invece, è l’origine e la funzione delle specchie, in quanto secondo alcuni studiosi risalgono al Neolitico, mentre per altri sono da ricercarsi nell’era dei messapi, e anche la loro funzione non è stata ancora chiarita del tutto: essendo delle costruzioni realizzate a secco, con pietre calcaree, che andavano a formare una sorta di torretta,  secondo alcuni paleontologi le specchie altro non erano che ruderi di antiche e grandissime abitazioni, che richiamano vagamente la struttura dei trulli, mentre per altri queste strutture erano nate come tombe oppure con lo scopo di difesa, essendo delle vedette in pietra.

Giudignano è il comune con il maggior numero di dolmen, che disseminati nelle sue campagne, sono facilmente visibili, e ne troviamo altri soprattutto a Minervino di Lecce, Melendugno e Salve.

Il più alto menhir d’Italia si trova a Martano, dove il “Menhir de Santu Totaru” misura oltre cinque metri di altezza, mentre nei pressi di Giurdignano se ne possono contare oltre quindici.

Molto conosciute sono le specchie di Martano, Ugento e Cavallino, e tra le più famose ci sono anche le tre Specchie di Salve, conosciute col nome di Specchia Cantoro, Spriculizzie e Fersini.  Altra Specchia molto importante è quella dei Mori, situata nella zona di Martano, famosa soprattutto per i suoi 6 metri di altezza: rappresenta infatti una delle strutture più maestose presenti nel territorio salentino.

Tra dolmen, menhir e specchie, si contano in tutta la Puglia oltre cento di questi monumenti, di cui molto è ancora da scoprire sulla loro ritualità e su chi e perché cominciò a costruirli.

 

Pajare e làmie: patrimonio Unesco simbolo della vita contadina

La storia di questo tipo di abitazione è abbastanza incerta ed in alcuni casi controversa; la loro origine è sicuramente molto antica e sarebbe databile secondo gli esperti al 1.000 d.C. circa, in epoca bizantina, con il materiale di risulta dei lavori di dissodamento dei terreni agricoli, materiale con il quale sono costruiti anche i numerosissimi muretti a secco. Ma non si esclude neppure un'origine in epoca molto più antica, tra il 2000 a.C. e la fine dell'Età del bronzo, come evoluzione di costruzioni megalitiche quali le specchie.

Una cosa è comunque certa, che le pajare sono delle abitazioni che sono a pieno titolo parte del paesaggio, e costituiscono un’ulteriore nota architettonica del territorio. Di forma conica, sono state realizzate utilizzando pietre di dimensioni diverse, sia sovrapposte che incastrate tra loro, con un tetto che viene sorretto dalle pietre che vanno a formare le pareti.

I contadini salentini le usavano come un luogo in cui trascorrere dei periodi di riposo dopo aver lavorato nei campi, oppure come un rifugio in caso di temporali od acquazzoni improvvisi. In altri casi, specialmente in estate, le pajare potevano anche fungere da abitazione proprio per poter restare vicino ai campi.

Molto diffusa e apprezzata, per la presenza all’interno della volta a botte, la làmia (o lìama), un’evoluzione della pajara, con pianta rettangolare e un ampio terrazzo, che si prestava alle medesime funzioni.

La pajara ha la sua apoteosi nel colossale pagliarone Ferrante (dal nome del suo proprietario), situato in agro di Ruffano, che misura 26 metri di larghezza, dal lato dell’ingresso, e 13 dall’altro lato, formando un rettangolo composto da due cupole e vani più piccoli addossati tutti insieme in un unico corpo. Tra le altre di grandi dimensioni ricordiamo l’elegante pajara a Salve, in zona Scafazzi, che si sviluppa su cinque piani, e il Pajarone di Acquarica del Capo, di pregevole fattura, con forma tronco-conica che si eleva su tre gradoni ai quali si accede mediante sei rampe di scale contrapposte.

 

Percorsi naturalistici: visitare la campagna salentina

In questo articolo abbiamo visto come la rossa terra del Salento sia ancora tutt’oggi disseminata di testimonianze archeologiche integratesi con il paesaggio odierno, portatrici di una storia che lascia sì, molte domande ancora aperte, ma allo stesso tempo ci permette di comprendere la realtà di oggi.

E proprio per questo scopo, recentemente, sono nati numerosi gruppi che si occupano di accompagnare, chiunque volesse parteciparvi, a visitare la parte più nascosta e meno conosciuta del territorio messapico, dove tra terra rossa, muretti a secco e più di 1.500 specie vegetali diverse, le forme architettoniche del passato sono facilmente accessibili.

In conclusione, il Salento si rivela non solo come una destinazione balneare di prim'ordine, ma anche come un vero e proprio tesoro archeologico e naturalistico, ricco di storia, fascino e bellezza. Un'esperienza unica che permette di immergersi nella storia millenaria di questa affascinante regione, scoprendo i segreti e i tesori nascosti che ancora oggi ne caratterizzano l'identità.


Guida ai Bonus Immobili 2021: il Superbonus 110%

Se state pensando di ristrutturare la vostra casa il 2021 è l'anno giusto. Grazie alle generose detrazioni previste dai vari bonus sarà molto conveniente rendere gli immobili più efficienti, soprattutto dal punto di vista energetico e dei consumi. Gli sgravi fiscali a disposizione degli italiani sono tanti, a partire dall’ ormai noto Superbonus 110%, il Bonus Ristrutturazione, tra i più apprezzati ed utilizzati dai cittadini italiani, il Bonus Facciate ed ancora i meno noti Bonus Idrico e Bonus Verde, dunque abbiamo pensato di dedicare all’ argomento questo ed i prossimi articoli su questo blog, con l’ intento di offrire un pratico aiuto con delle guide di facile consultazione, che fanno un po’ di ordine fra tutte le agevolazioni di cui potrete approfittare nel corso dell’anno. Un articolo di questa serie sarà dedicato all’ Avviso Pubblico Titolo II Capo 3, misura tramite cui la Regione Puglia intende favorire l’ accesso al credito delle piccole e medie imprese.

Precisiamo che la Guida ai Bonus Immobili 2021 del Blog Mariano - Immobili nel Salento è un primo strumento per orientarsi tra le disposizioni in vigore e che ovviamente non può sostituire una consulenza professionale e personalizzata. Siamo lieti di offrirvi un orientamento iniziale, che non può però prescindere dal successivo coinvolgimento dei professionisti tecnici del settore.

 

Partiamo dal Superbonus 110%.

 

Il Superbonus 110% è una misura di incentivazione introdotta dal D.L. “Rilancio” 19 maggio 2020, n. 34, che punta a rendere le abitazioni più efficienti dal punto di vista energetico. Il meccanismo prevede che gli interventi possano essere svolti anche a costo zero. L’incentivo consiste in una detrazione del 110% che si applica sulle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali, per la parte di spesa sostenuta nell'anno 2022 in quattro quote annuali di pari importo. Per i condomini, il limite temporale è esteso fino al 31 dicembre 2022, ma solo nel caso in cui siano stati completati almeno il 60% dei lavori al 30 giugno 2022.

Per usufruire della misura in questione è necessario effettuare almeno due interventi cosiddetti “trainanti”. Gli interventi trainanti sono l’isolamento termico dell’involucro dell’edificio, plurifamiliare o unifamiliare, la sostituzione degli impianti termici con impianti centralizzati, la sostituzione degli impianti termici su edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari site all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno. Una volta eseguiti almeno due degli interventi “trainanti”, il beneficiario può  effettuare anche altri interventi, cosiddetti “trainati”, come la sostituzione degli infissi, le schermature solari, l’installazione di impianti fotovoltaici, dei sistemi di accumulo, delle colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici, degli impianti di domotica, l’eliminazione delle barriere architettoniche per le persone portatrici di handicap in situazione di  gravità e per le persone con età superiore ai 65 anni, e molto altro ancora. L’insieme di questi interventi (trainanti e trainati) deve comportare un miglioramento minimo di almeno due classi energetiche dell’edificio o dell’unità immobiliare sita all’interno di edifici plurifamiliari che sia funzionalmente indipendente e disponga di uno o più accessi autonomi dall’esterno. Le persone fisiche possono svolgere i lavori su un massimo di due unità abitative, salvo gli interventi sulle parti comuni che sono sempre agevolabili, a prescindere dal numero di unità possedute. Per usufruire della misura ovviamente bisogna garantire la legittimità sia urbanistica che catastale dell’ immobile, in caso di presenza di un qualsiasi abuso, questo va sanato oppure, se ciò fosse impossibile, demolito, prima a di accedere al bonus.

 

L’ asseverazione del tecnico incaricato di seguire i lavori è il documento principale con cui viene documentato e certificato il diritto ad ottenere il superbonus, questa viene rilasciata al termine dei lavori o per ogni stato di avanzamento dei lavori pari almeno al 30% del valore complessivo del preventivo dei lavori da effettuare. L’asseverazione deve esser predisposta online dal tecnico sul sito di ENEA tramite la modulistica ufficiale emanata dal MISE ed in un secondo momento Enea potrà anche effettuare controlli a campione sulla correttezza delle asseverazioni caricate sul portale.

 

A questo punto il beneficiario può decidere di esercitare l’opzione dello sconto in fattura: l’impresa o le imprese che hanno effettuato i lavori applicano uno sconto fino al 100% del valore della fattura e il cittadino effettua così i lavori senza alcun esborso monetario. L’impresa si vedrà riconosciuto un credito d’imposta pari al 110% dell’ammontare dello sconto applicato, da utilizzare sempre in cinque quote annuali di pari importo  (o in quattro per le spese sostenute nel 2022), altrimenti il cittadino può sostenere in prima persona il costo dei lavori e decidere poi se utilizzare la detrazione in compensazione per pagare meno tasse o cedere il credito d’imposta a terzi (istituti di credito compresi).

 

L’ obiettivo finale del provvedimento in questione è quello di agevolare un meccanismo virtuoso di mercato che offra benefici a tutti i soggetti coinvolti: il cittadino può ristrutturare casa gratuitamente, ridurre il costo delle bollette e valorizzare il proprio patrimonio immobiliare; l’impresa può aumentare il proprio fatturato grazie al maggior volume di lavori; lo Stato può rendere più efficienti e più sicure le abitazioni e sostenere l’aumento dell’occupazione e del reddito.


I migliori percorsi nel Salento: trekking, passeggiate, bici, moto o altro Itinerari per il trekking

Il recente successo del Salento come meta turistica si deve principalmente allo splendore della sua costa ed alla bellezza del capoluogo Lecce, ma c’ è tanto altro da scoprire: tesori archeologici, naturalistici, paesaggistici ed enogastronomici sono diffusi capillarmente in tutta la penisola salentina. Un ottimo modo per scoprirli tutti è quello di mettersi lo zaino in spalla e partire all’ avventura, lungo itinerari da percorrere a piedi, in bici, in moto o in auto, che sono un percorso a tappe tra i piaceri della natura, del cibo, della cultura e della storia locale. Vediamone alcuni in questo e nei prossimi post sul nostro blog.

 

In un precedente articolo su questo blog avevamo già analizzato nel dettaglio il percorso Otranto – Santa Maria di Leuca, da percorrere in macchina facendo numerose soste per godere degli splendidi paesaggi, degli ottimi cibi e di tutto il patrimonio culturale di cui si può godere in Salento. Oggi vedremo cosa possono fare in zona gli appassionati di trekking.

Fare trekking nel Salento infatti è possibile e i percorsi da fare sono tanti ed interessanti sia dal punto di vista paesaggistico che da quello culturale, ovviamente non parliamo di pendenze o dislivelli a cui sono abituati gli appassionati di trekking che frequentano la montagna, ma parliamo di percorsi e camminate capaci di durare giornate intere e che permettono di unire la passione per l’ attività fisica con la possibilità di trascorrere anche qualche ora in spiaggia.

 

Il primo itinerario che consigliamo è quello di Porto Selvaggio: partiamo da Santa Caterina con una suggestiva salita fino a Torre dell'Alto, con la prima sosta alla grotta di Capelvenere; arrivati alla torre procediamo scendendo lungo le scalette in pietra che attraversano la pineta, fino a giungere alla piccola baia di Porto Selvaggio, qui è inevitabile un’ altra sosta per fare un bagno nelle acque cristalline della baia, prima di procedere ancora lungo la scogliera, fino a giungere nei pressi della grotta del Cavallo e la Baia di Uluzzo con la sua torre. Il percorso è lungo intorno ai 7 chilometri e non è troppo difficile, quindi se avete ancora energie sufficienti potete proseguire con una visita al comune di Nardò oppure con un suggestivo aperitivo al tramonto in uno de numerosi locali della zona.

 

La seconda proposta è un percorso di trekking lungo circa 13 chilometri, che inizia dal Porto di Otranto per giungere a Punta Palascia e da qui fare ritorno passando per la cava di bauxite dismessa.

Dal Porto di Otranto troviamo subito dei sentieri costieri, facilmente percorribili, da cui saremo subito in vista della Torre del Serpe, che raggiungiamo dopo una breve salita. Aggiriamo la torre e seguiamo il percorso verso la Baia dell’ Orte. Arriviamo nel cuore della baia, dove la costa degrada nel suo punto più basso e la natura si presenta ancora selvaggia e incontaminata. Godendo del contrasto tra le rocce nude e le macchie vegetative proseguiamo verso Punta Palascia. Da questo punto e fino all’arrivo al faro di punta Palascia il paesaggio toglie il fiato e nelle giornate limpide con vento da Nord si possono ammirare le montagne dell’Albania. Una volta al faro siamo geograficamente nel punto più ad Oriente d’Italia. Il luogo è anche conosciuto come Capo d’Otranto. Il vecchio faro, eretto nel 1897, recentemente è stato ristrutturato ed è diventato una meta ambita per turisti. Da qui si può infatti godere di un panorama spettacolare, con il faro che spicca in mezzo alle rocce e sovrasta l’infinita distesa cristallina del mare, nel punto in cui si incontrano mar Ionio e mar Adriatico. Una volta raggiunto il faro, per tornare a Otranto, si può raggiungere la strada provinciale che unisce Otranto a Santa Cesarea Terme. Percorriamo un sentiero a lato della strada e ritornando verso Otranto ci fermiamo presso la bellissima ex cava di bauxite.

 

 

Proseguendo ancora in direzione Nord giungiamo ad un incrocio con la strada SP358. Attraversiamo l’incrocio e percorriamo una stradina in discesa che in breve raggiunge la periferia di Otranto, Santa Maria dei Martiri. Proseguiamo scendendo fino ad un ponte in pietra da cui a destra si raggiunge la piccola cappella di Santa Maria del Passo, nei pressi del porto, dove termina il nostro percorso.

 

La terza escursione che consigliamo vi porterà alla scoperta dei Laghi Alimini e della Baia dei Turchi. L’itinerario si svolge tra le stradine e i sentieri dei Laghi Alimini, un sito naturale di alto interesse naturalistico per il territorio pugliese. I due laghi fungono da grande oasi per tantissime specie vegetali e animali. Il percorso ad anello prosegue verso la leggendaria Baia dei Turchi, dove secondo la tradizione gli ottomani sbarcarono per assediare la città di Otranto nel XV secolo. Questo percorso è lungo intorno ai 10 km, ma a differenza degli altri due non presenta alcuna pendenza, neppure minima, è perciò molto più rilassante e vi consigliamo di integrarlo con una visita ai numerosi agriturismi della zona, oppure con una passeggiata a cavallo nelle campagne circostanti o ancora, se la stagione lo consente, con un bagno in una delle numerose splendide cale che s’ incontrano in tutta la spiaggia adiacente ai due laghi.

 

Escursioni un po’ più brevi, meno sportive e più rilassanti, si possono eseguire nell’ entroterra, come ad esempio visitando il Parco Naturale La Mandra di Calimera. Ai bordi della strada che costeggia il parco si può ammirare uno splendido ed enorme esemplare di carrubo, la pineta che si estende per 90.000 mq è interamente visitabile ed all'interno sono stati realizzati dei percorsi e delle aree pic-nic con tavoli e panche. Dalle parti di Tricase invece si può visitare il locale bosco ed ammirare la celebre Quercia Vallonea, un magnifico esemplare di quercia che ha certamente più di 800 anni.

 


I migliori percorsi nel Salento: trekking, passeggiate, bici, moto o altro Primo itinerario: litoranea Otranto – Santa Maria di Leuca

Il recente successo del Salento come meta turistica si deve principalmente allo splendore della sua costa ed alla bellezza del capoluogo Lecce, ma c’ è tanto altro da scoprire: tesori archeologici, naturalistici, paesaggistici ed enogastronomici sono diffusi capillarmente in tutta la penisola salentina. Un ottimo modo per scoprirli tutti è quello di mettersi lo zaino in spalla e partire all’ avventura, lungo itinerari, da percorrere a piedi, in bici, in moto o in auto, che sono un percorso a tappe tra i piaceri della natura, del cibo, della cultura e della storia locale, vediamone alcuni in questo e nei prossimi post sul nostro blog.

 

Iniziamo il nostro viaggio in auto o in moto, sulla magnifica litoranea Otranto – Santa Maria di Leuca, senza dubbio uno dei più affascinanti tour del Salento, nonché una delle strade panoramiche più belle d'Italia. Mentre si costeggia l'Adriatico i gioielli della costa salentina si succedono uno dietro l'altro: da una parte le falesie a picco sul mare, le antiche torri di difesa, le grotte e le insenature, dall’ altra parte gli olivi secolari, i tipici muretti di pietra a secco, tanti piccoli municipi ricchi di storia e bellezze artistiche, con i loro bar affacciati sui centri storici, in cui fermarsi per rinfrescarsi con un pasticciotto ed un caffè in ghiaccio.

Si parte da Otranto, dopo aver visitato il centro cittadino e passeggiato sui bastioni, si prosegue verso Sud ed inoltrandosi nella vegetazione si può ammirare uno spettacolo inconsueto: un laghetto verde smeraldo in una cavità del terreno rosso intenso, circondato dal verde della vegetazione palustre, il risultato di una cava di bauxite dismessa in cui la natura ha creato magicamente un nuovo ecosistema. Pochi chilometri e ci attende un altro spettacolo, il Faro di Punta Palascia, il luogo più ad Est di tutta Italia, da cui si può ammirare un panorama da togliere il fiato. Continuando a guidare tenendoci sempre il mare sulla sinistra, continuiamo ad ammirare gli scorci sempre nuovi che la scogliera e la vegetazione creano ad ogni curva. Pochi chilometri ancora ed arriviamo a Porto Badisco, dove possiamo ammirare la baia (uno dei possibili primi approdi di Enea in Italia) e, se la stagione lo permette, concederci un imperdibile pranzo a base dei freschissimi ricci di mare. Dopo questa gustosa pausa pranzo si riparte, attraversiamo la graziosa Santa Cesarea Terme, che come suggerisce il nome, è anche un rinomato centro termale. Subito a ridosso di Santa Cesarea, troviamo la bellezza di Porto Miggiano, una caletta rocciosa con fondale sabbioso, posizionata in un'insenatura a picco sul mare, protetta da un’ antica torre di avvistamento, si tratta di una tra le più spettacolari spiagge della Puglia, riparata dai venti; il gioco naturale delle luci, dei colori e il mare turchese, la rendono il luogo ideale per fare snorkeling. Seguiamo ancora la strada e troviamo la suggestiva grotta Zinzulusa, creata in epoche preistoriche dall'erosione marina, è uno spettacolo di stalattiti e stalagmiti che si specchiano nell'acqua turchese all'interno di una maestosa cavità. Continuiamo attraversando Castro e da qui raggiungiamo la marina di Marittima, dove è presente un’altra bellissima insenatura, quella dell’ Acquaviva, così chiamata per via delle sorgenti di acqua fredda che sgorgano dalla roccia. Subito dopo c’è la marina di Andrano, con le imperdibili località balneari, quali la Grotta Verde, dopo ancora c’è la splendida Tricase Porto, luogo di villeggiatura fra i più suggestivi ed eleganti di tutta la costiera orientale pugliese.

Qui possiamo scegliere se continuare a costeggiare il mare o se concederci una deviazione verso l’ interno del territorio, dove ci sono tanti  comuni che sicuramente vale la pena di visitare, come ad esempio Specchia, immersa tra gli ulivi secolari, e recentemente inserita fra i borghi più belli d'Italia. Tra graziose viuzze e scalinate spiccano il cinquecentesco palazzo Risolo e la cattedrale del XV secolo in Piazza del Popolo; poco distanti il Palazzo Baronale, la Chiesa Bizantina di Santa Eufemia e quella dei Francescani Neri, ornata da pregevoli affreschi. Vale la pena concedersi anche una visita agli antichi frantoi ipogei del paese, restaurati e aperti al pubblico, dove spesso e volentieri si possono anche fare meritevoli degustazioni di prodotti locali.

Se invece abbiamo scelto di continuare lungo la costa, da Marina Serra partono gli ultimi chilometri di litoranea, fino alla fine della terra, nel mezzo il ponte del Ciolo, che domina un’insenatura fra le più amate e fotografate di tutta la costa salentina.

Il tempo di un ultimo sguardo all'incantevole costa del Salento e siamo arrivati a Santa Maria di Leuca: di fronte a noi non resta che il blu del mare.

Visitiamo il Santuario sul promontorio, l'altissimo faro, la cascata dell'acquedotto e le ville in stile eclettico, costruite dai nobili locali in una gara di lusso ed eccentricità. Il tempo di cenare e possiamo goderci la nottata sul movimentato lungomare.


Il barocco leccese: gli uomini ed i monumenti

In un precedente articolo su questo blog abbiamo già analizzato le origini storiche del barocco leccese, elencando alcuni eventi e circostanze che ne favorirono la nascita e lo sviluppo, dalla presenza spagnola nel Regno di Napoli alla fine della minaccia portata dall’ Impero Ottomano fino al Concilio di Trento ed alla vasta disponibilità della pregiata pietra leccese; ognuna di queste circostanze ha avuto un peso significativo nello sviluppo delle architetture che hanno ridefinito il panorama della città leccese dalla metà del Cinquecento a quella del Settecento, ma accanto alle circostanze favorevoli ed agli eventi storici, il barocco leccese deve la sua fortuna anche alla visione, alla perseveranza ed all’ impegno di alcuni personaggi storici del capoluogo salentino, quali il vescovo Luigi Pappacoda o gli architetti Giuseppe Zimbalo e Giuseppe Cino.

 

Luigi Pappacoda nel Giugno del 1639 fu chiamato a reggere la diocesi di Lecce e ne rimase vescovo fino alla sua morte, avvenuta nel 1670. Tenne due sinodi diocesani nella città nel 1647 e nel 1663 e nel 1658 approvò l'elezione dei santi Oronzo, Fortunato e Giusto a patroni di Lecce, restaurandone l’ antico culto. Nel 1659 pose la prima pietra per la costruzione della nuova cattedrale e commissionò numerose altre opere all'architetto e scultore Giuseppe Zimbalo. Alla sua morte fu sepolto nel Duomo di Lecce, nel sepolcro presso l'altare di S. Oronzo.

 

Come abbiamo visto alla figura del vescovo Luigi Pappacoda è legata quella dello scultore ed architetto Giuseppe Zimbalo, detto “lo Zingarello” (il soprannome altro non è se non l'italianizzazione del termine dialettale "Zimbarieddhu" ovvero il piccolo Zimbalo, probabilmente per distinguerlo dal padre Sigismondo, anch’ egli artista della pietra) fu l' architetto più famoso e imitato del barocco leccese. Nel capoluogo salentino l' artista realizzò la facciata inferiore del Convento dei Celestini, il Duomo, la colonna di Sant' Oronzo e la Chiesa del Rosario.

 

Per quanto riguarda l’ architetto e scultore Giuseppe Cino, egli lavorò nel capoluogo salentino a partire dalla metà del Seicento, continuando la ricerca stilistica di Giuseppe Zimbalo, di cui ad esempio terminò l’ edificazione del Palazzo dei Celestini. Al Cino si devono anche la costruzione della splendida Chiesa di Santa Chiara, la Chiesa delle Alcantarine e la chiesa del Carmine, sulle quali lavorò fino alla sua morte. Progettò anche il Seminario su commissione di Antonio Pignatelli, all'epoca nuovo vescovo di Lecce.

 

La Basilica di Santa Croce, insieme all'attiguo ex Convento dei Celestini, costituisce la più elevata manifestazione del barocco leccese. Nell' area dell'attuale basilica era già stato costruito, nel XIV secolo, un monastero, ma fu solo dopo la metà del XVI secolo che si decise di trasformare l' area in una zona interamente monumentale e per avere lo spazio necessario furono requisite tutte le proprietà degli ebrei del luogo, cacciati dalla città nell’ anno 1510. I lavori per la costruzione della basilica si prolungarono per oltre due secoli e videro coinvolti i più importanti architetti leccesi del tempo. La prima fase della costruzione durò dal 1549 al 1582 e vide la costruzione della zona inferiore della facciata, mentre la cupola venne completata nel 1590. La successiva fase dei lavori, a partire dal 1606, durante la quale vennero aggiunti alla facciata i tre portali decorati, è marcata dall'impegno di Francesco Antonio Zimbalo, poi al completamento definitivo dell'opera lavorarono successivamente Cesare Penna e Giuseppe Zimbalo.

 

Molto simile è la storia del Duomo: una prima cattedrale della Diocesi di Lecce infatti venne costruita nel 1144 dal vescovo Formoso; nel 1230, per volere del vescovo Roberto Voltorico, la cattedrale venne rinnovata e ricostruita in stile romanico. Successivamente, nel 1659, il vescovo Luigi Pappacoda diede a Giuseppe Zimbalo il compito di ricostruire la chiesa in stile barocco. La costruzione finì nel 1670.  Il Campanile del Duomo venne costruito tra il 1661 e il 1682, sempre da  Giuseppe Zimbalo; venne edificato in sostituzione di quello normanno, voluto da Goffredo d' Altavilla, crollato agli inizi del Seicento, ed ha un'altezza di 70 metri; dalla sua sommità è possibile ammirare il mare Adriatico e nei giorni particolarmente limpidi anche le montagne dell' Albania.

 

Sempre nella Piazza del Duomo si affaccia il Palazzo del Seminario costruito dall’ architetto Giuseppe Cino tra il 1694 e il 1709, su commissione del vescovo Michele Pignatelli. Nell'atrio si può ammirare un pozzo decorato, sempre opera del Cino, mentre all'interno del palazzo è presente una cappella del 1696. Al primo piano del palazzo troviamo anche il "Museo diocesano" e la "Biblioteca Innocenziana", così chiamata dal nome assunto dal Papa Innocenzo XII, che era stato vescovo della città. La biblioteca contiene oltre diecimila volumi, anche di epoca quattrocentesca e cinquecentesca.

 

La Chiesa di Santa Chiara si trova nel centro storico di Lecce, in piazza Vittorio Emanuele II. La sua prima fondazione, voluta dal vescovo Tommaso Ammirato, risale al 1429; venne in seguito quasi completamente ristrutturata tra il 1687 e il 1691. La realizzazione della chiesa, rimasta priva del fastigio superiore, è anch’ essa opera dell'architetto Giuseppe Cino.

 

La Chiesa di Sant' Irene dei Teatini si trova nel centro storico di Lecce ed è intitolata a Sant' Irene da Lecce, protettrice della città fino al 1656. Fu edificata a partire dal 1591 su progetto del teatino Francesco Grimaldi e fu ultimata nel 1639, anno della consacrazione ad opera del vescovo di Brindisi. La Chiesa di Sant’ Irene è stata anche al centro di importanti vicende storiche non religiose: nel 1797 venne visitata da re Ferdinando IV di Napoli, mentre nell'ottobre del 1860 ospitò le operazioni di plebiscito per decidere il sì di Lecce ad entrare nel Regno d'Italia. Nel 1866 l'annesso Convento dei Teatini venne soppresso, ma la chiesa rimase comunque aperta al culto.

 

Vi sono ovviamente tanti esempi dello stile barocco leccese anche in altri comuni della penisola salentina, come ad esempio il Duomo di Gallipoli o la Chiesa Madre di Casarano.


Il barocco leccese: storia ed origini

Lecce

 

Biancamente dorato

è il cielo dove

sui cornicioni corrono

angeli dalle dolci mammelle,

guerrieri saraceni e asini dotti

con le ricche gorgiere.

 

Un frenetico gioco

dell'anima che ha paura

del tempo,

moltiplica figure,

si difende

da un cielo troppo chiaro.

 

Un’aria d’oro

mite e senza fretta

s’intrattiene in quel regno

d’ingranaggi inservibili fra cui

il seme della noia

schiude i suoi fiori arcignamente arguti

e come per scommessa

un carnevale di pietra

simula in mille guise l'infinito.

 

(da Dopo la luna, 1956)

 

Vittorio Bodini è stato un affermato poeta e traduttore pugliese, nacque a Bari ma trascorse la sua infanzia nel capoluogo salentino, tradusse in italiano diversi scrittori spagnoli fra cui Federico Garcia Lorca e Miguel de Cervantes. Nella sua poesia “Lecce” troviamo una splendida ed emozionante descrizione del barocco leccese e partiamo proprio da qui per parlare di questo stile architettonico che in due secoli, tra il il 1550 ed il 1730, cambiò per sempre il volto della città e la rese il gioiello che è oggi, capace di attirare visitatori ormai da tutto il mondo.

Partiamo dalle parole di un affermato traduttore di opere spagnole per una ragione precisa, il legame tra la Spagna e l’ Italia non è casuale se parliamo del barocco leccese, questo stile infatti è molto influenzato dal plateresco spagnolo, uno stile artistico, fiorito in Spagna nel XV e nel XVI secolo, caratterizzato da molti ornamenti e composto partendo dall’ imitazione dei lavori di argenteria (in spagnolo “plata”), da cui appunto proviene il nome di plateresco. Pochi decenni dopo la presenza spagnola nel Regno di Napoli contribuisce in maniera decisiva allo sdoganamento di questo gusto per i dettagli e le decorazioni e quindi alla nascita del barocco leccese. Ci sono anche altre ragioni storiche alla base di questa primavera barocca nel Tacco d’ Italia, come ad esempio l’ esito della Battaglia di Lepanto del 1571, che indebolisce notevolmente le armate dell’ Impero Ottomano, rendendo il Sud dell’ Italia meno esposto alle scorribande dei pirati ed alle invasioni del nemico. Infine la Controriforma, ovvero un’ insieme di misure di rinnovamento spirituale, teologico e liturgico con le quali la Chiesa cattolica riformò le proprie istituzioni dopo il Concilio di Trento. A seguito di questi provvedimenti furono molte le chiese riadattate a livello architettonico per essere più funzionali alle nuove liturgie post-tridentine, molti edifici di costruzione medievale furono "rinnovati", mediante abbellimenti con stucchi, marmi e decorazioni varie, che fecero assumere a queste l'aspetto di chiese barocche. Ma il barocco ebbe particolare fortuna in Salento anche grazie alla qualità della pietra locale impiegata: la pietra leccese, di cui abbiamo già parlato in questo blog, ovvero un calcare tenero e compatto dai toni caldi e dorati adatto alla lavorazione con lo scalpellino.

 

Il barocco leccese risulta subito riconoscibile anche agli spettatori meno esperti, per via delle sue sgargianti decorazioni che caratterizzano i rivestimenti degli edifici: esuberanze appunto barocche, motivi floreali, figure umane ed animali mitologici, fregi e stemmi. Tutta questa ricchezza di elementi decorativi agricoli e floreali è una metafora della "grazia di Dio" e della bellezza del creato. Tra i frutti più ricorrenti si incontrano la pigna, simbolo di fertilità e di abbondanza, la mela, simbolo della tentazione ma anche della redenzione, la melagrana, simbolo della Resurrezione, la vite, attributo del Cristo.

 

Questo nuovo stile che dapprima aveva interessato solo gli edifici sacri e nobili, si diffuse poi anche nell’ architettura civile e dunque i suoi i motivi floreali, le figure, gli animali mitologici, i fregi e gli stemmi trionfarono anche sulle facciate, sui balconi e sui portali degli edifici privati.

 

Fino ad allora Lecce era stata una città fortificata, quasi austera, raccolta attorno alla mole severa del Castello di Carlo V, ma in dopo meno di due secoli si trasformò notevolmente, diventando quel “… carnevale di pietra, che simula in mille guise l’ infinito” raccontata da Bodini nei suoi bellissimi versi. Nel prossimo articolo di questo blog vedremo di analizzare nel dettaglio ognuno degli edifici frutto di questa mirabile rivoluzione architettonica.


Le masserie nel Salento

In tutta l’ Europa mediterranea, come anche in molte zone del Nord e del Sud America ed anche altrove nel mondo, vi sono dei grandi fabbricati rurali, conosciuti con vari nomi: hacienda, ranch, fattoria, baglio, la masia catalana o appunto la masseria, tipica del Sud Italia, di cui ci occuperemo in questo articolo.

 

Questi edifici avevano delle caratteristiche comuni: grandi spazi, la presenza di cortili interni, molto spesso adibiti a frutteto ed anche utilizzati come aia per il pollame, stalle e grossi spazi adibiti alla conservazione o alla produzione di cibo. Ovviamente non potevano mancare pozzi e cisterne e spesso vi erano strumenti e tecnologie via via più avanzate, come ad esempio i frantoi che erano in dotazione di molti di questi edifici nel Sud Italia. Pozzi e frantoi poi erano spesso messi a disposizione anche degli abitanti estranei alla masseria, che perciò diventava il più importante centro d’ incontro e socialità di tutte le zone limitrofe.

 

Dal XIV secolo in poi, dopo le prime importazioni in Europa di tabacco e con la sempre maggiore diffusione dei vari usi di questa pianta, su tutto il continente accanto alle masserie si diffusero ovviamente anche i tabacchifici, generalmente più piccoli nelle dimensioni e più elementari nella struttura, ma anch’ essi sopravvissuti all’ industrializzazione della produzione di tabacco e rinati come pregiate unità abitative. A Castrignano del Capo ad esempio si può ammirare l’ Antico Tabacchificio locale, risalente al XIX secolo, dalla posizione invidiabile, a metà strada tra il centro abitato e la splendida località balneare de “le Felloniche”, e dall’ architettura elegante ed in piena armonia con la campagna circostante, chiaro esempio di antico centro di produzione agricola destinato a diventare unità abitativa di valore assoluto.

 

Il fatto che più o meno in tutto il mondo si possono trovare edifici di questo tipo è dovuto alla loro origine comune, cioè le grandi proprietà terriere, conosciute da noi come “latifondi”, che per molti secoli sono state l’ unico modello di produzione agricola in tutto il mondo. Il grande proprietario, che spesso viveva nei pochi centri abitati esistenti all’ epoca, lontano dalle coltivazioni, concedeva ai contadini (nel nostro caso detti “massari”) la possibilità di vivere in questi edifici, che fungevano da centro finale di produzione e conservazione dei prodotti agricoli. A volte invece il proprietario abitava la masseria insieme ai contadini ed in questo caso l’ architettura dell’ edificio rifletteva la differenza di status dei suoi abitanti, con la famiglia proprietaria che abitava nei piani elevati o negli edifici centrali ed i contadini relegati ai piani inferiori o nelle strutture periferiche.

 

Dove le vicende storiche ed i conflitti che si sono susseguiti lo richiedevano, le masserie venivano fortificate e diventavano anche baluardi contro l’ invasione straniera; in Salento ad esempio, dopo l’ invasione turca del 1480, Re Carlo V decise di rafforzare la difesa del territorio, predisponendo la costruzione o la ristrutturazione di edifici già esistenti, dotandoli di torrioni per l’ avvistamento dei nemici e recinzioni fortificate. Nella penisola salentina dunque ve ne sono diverse, la Masseria Torre Casciani, la Masseria Melcarne e la Masseria Torcito, circondata da una ricchissima vegetazione e molto amata dalla cittadinanza locale per la possibilità di farvi escursioni e scampagnate, solo per citarne alcune.

 

Una nota a parte meritano le masserie in qualche modo collegate alla Chiesa Romana o ad antiche famiglie nobiliari ad essa legate, che erano affidate e venivano gestite dagli ordini monastici o cavallereschi, in queste ovviamente era sempre presente una piccola Cappella per attendere le quotidiane funzioni religiose che scandivano la giornata. Presso il Comune di Surbo sopravvive al degrado la splendida Masseria Schiavelle, di cui si può ancora ammirare la severa architettura a metà tra il residenziale ed il complesso militare.

 

Il modello di produzione basato sul latifondo è stato l’ unico conosciuto in tutto il mondo fino quasi al XX secolo, quando una progressiva democratizzazione della produzione agricola e quindi anche della società che vi ruotava attorno, insieme all’ evoluzione della produzione, della conservazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli, ha spezzato e diviso i latifondi rendendo le masserie e le altre architetture simili ad esse obsolete ed inutili per la produzione agricola su larga scala; da questo momento il destino di queste strutture è cambiato, in alcuni casi esse sono state condannate ad una lenta rovina, all’ abbandono o alla riconversione in anonimi capannoni, ma per fortuna molto più spesso esse sono diventate abitazioni, via via considerate sempre più lussuose, e via via sempre più apprezzate e richieste. La trasformazione è stata spesso agevole, in quanto le masserie già dalla loro origine furono realizzate tenendo conto di un certo gusto estetico ed architettonico, grazie alla maestria di artigiani e muratori che lavoravano la pietra, il carparo o il tufo. Si trattava molto spesso di edifici realizzati in un’ottica di funzionalità, per rendere meno dura la vita tra i campi e quindi per alleggerire la fatica dei coloni, offrire soluzioni pratiche e garantire la massima fruibilità degli ambienti, rispettando un certo equilibrio tra uomo e natura, tra il manufatto e il territorio, ma a queste esigenze di equilibrio e funzionalità il gusto estetico dei maestri dell’ epoca aggiungeva sempre qualcosa, come ad esempio della facciate la cui solennità può ricordare una Chiesa più che una comune abitazione. Molti esempi di tale preziosa architettura si possono osservare in giro per le campagne del Salento, vi segnaliamo ad esempio la Masseria Santa Barbara, che vi consigliamo di ammirare in occasione della vostra prossima visita presso la cittadina di Otranto.